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(Per la) via di casa

Creato il 08 settembre 2014 da Lucastro79 @LucaCastrogiova
Licata Copertina articolo

Published on settembre 8th, 2014 | by radiobattente

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Amsterdam oggi è calda, c’è il sole e la gente è spalmata sui prati di Vondelpark per godersi gli ultimi giorni d’estate.
Mi hanno detto che invece a Licata c’è vento, che a mare non c’è più nessuno e che ormai l’estate finìa. Ma settembre è tutto questo: ogni anno ti prende alla sprovvista, e ti ritrovi a dover fare la valigia all’ultimo secondo, di controvoglia, impacchettando 5 chili di vestiti e 26 di cibo. E quindi niente più La Rocca di giorno e Piazza Sant’Angelo di notte, niente brioscia ca ranita a colazione, niente più salsedine che tira la pelle, niente più birretta all’American, niente più Sparda che canta le canzoni dei Litfiba tutte le sere, né pranzone domenicale con annessa digestione secolare.
Agneddru e sucu e finia u vattiu, ni videmmu a Natali.

Sono ormai anni che alterno decolli ad atterraggi, “bentornata” ad “arrivederci”. Mi sono abituata, più o meno . Quest’anno è cambiata la destinazione, ma il punto di partenza è sempre lo stesso. È un destino comune il nostro, partiamo tutti, alla ricerca di qualcosa che non sappiamo bene cos’è, un’alternativa, un cambiamento, che ci aspetta al nord, all’estero o chissà dove.

Ho cominciato anni fa a chiedermi perché, perché DOBBIAMO andar via? È vero, è una scelta, non ci puntano una pistola alla tempia appena diplomati, si potrebbe benissimo restare in Sicilia e tornare a casa da mammà ogni fine settimana. Ma è davvero la stessa cosa?

Personalmente penso che la scelta di trasferirmi a Bologna sia stata la migliore della mia vita, e quella di venire qui ad Amsterdam è stata altrettanto azzeccata. Viaggiare, conoscere culture e modi di fare diversi, vedere come le cose possono funzionare davvero ti apre la mente, ed è un passaggio che dovremmo fare tutti. A me la vita da fuori sede ha fatto due regali.

Il primo è stato il dono della vista: ho iniziato a vedere come stanno davvero le cose solo dopo aver visto che possono anche andare in un altro modo. Non che a Licata sia difficile notare che ci sono cose che non vanno eh , davvero non saprei da dove cominciare ad elencarle. Ma il mio atteggiamento è cambiato, li sento tutti come problemi urgenti, pressanti, che mi riguardano, anche se a Licata ci vivo in tutto nemmeno due mesi l’anno. E adesso mi sforzo di trovare una soluzione, penso a come poter fare qualcosa di utile anche a distanza, nell’attesa di terminare il mio percorso e tornare a casa. Perché io non mi rassegno.

E qui c’è il secondo regalo, il desiderio del ritorno. Manlio Sgalambro, il filosofo, paroliere di Battiato, parla di “legge dell’appartenenza” che questa terra disgraziata esercita sui suoi figli come se fosse un diritto, e che li porta a tornare.
Sarebbe bello condividere con ogni licatese “espatriato” questi due regali, fonderli e farci qualcosa, magari insieme.

Ci siamo lamentati per anni per l’assenza di alternative, di possibilità. E quindi ? “C’amma a fari a Licata? L’estate finìa picciò!”. (Cito e ringrazio il Pizzi, che mi stupisce sempre, perché è più licatese lui che tanti altri).
Ripartiamo e ci vediamo a Natale / Pasqua/ luglio dell’anno prossimo o iniziamo a rimboccarci le maniche? Vogliamo farci promotori di questo tanto agognato cambiamento o rimaniamo immobili a guardarci in faccia?

Io non so se il mio è fiato sprecato, intanto continuo a blaterare. Licata (soprav) vive, ma è come una pianta, e ogni tanto andrebbe “abbrivirata”, non solo d’estate.

Flavia Amoroso

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