Da un romanzo di Mario Tobino, un film difficile ed elegante sulla pazzia, sui manicomi, sul tarlo che rode il protagonista principale, il dottor Bonaccorsi che è convinto di possedere all’interno della sua mente un germe ereditario (suo padre si è ucciso, sua sorella è degente dell’ospedale per malati mentali nel quale lavora) che è responsabile della pazzia.
Una pazzia che secondo lui è originata da qualcosa che è nel sangue e che si trasmette di padre in figlio e che quindi è curabile con un farmaco.
Adriana Asti
Lucia Bosè
Siamo agli inizi degli anni 20, Bonaccorsi, il protagonista, è tanto preso dagli studi sulla malattia da non rendersi conto che fuori dal manicomio un’altra follia ben più pericolosa sta per sconvolgere la vita di tutti: il fascismo.
All’interno del manicomio Bonaccorsi vive un’esistenza a due facce; da un lato è il luminare che si impegna negli studi sulla pazzia, non soltanto per trovare una cura a quella che crede la malattia che ha in se, ma anche per aiutare la marea di disperati che vivono un’esistenza dimenticata da tutti in quella che può essere definita una prigione in cui il condannato non ha nessuna possibilità di vedersi commutata la pena,dall’altra vive una vita da tombeur des femmes.
Un’internata speciale: la sorella del Dottor Bonaccorsi
La follia può essere curata, con aiuti psicologici e farmaci ma questo Bonaccorsi non lo sa; lo sa invece la sua nuova assistente Anna che ha studiato Freud e che vorrebbe portare all’interno del manicomio tutte le recenti scoperte in materia di psichiatria.
Ma i due mondi, quello di Bonaccorsi e quello di Anna sembrano assolutamente inconciliabili; l’altra faccia del dottore è rappresentata dalla sua sensualità, dalla sua disperata voglia di vivere che si realizza in una serie di avventure galanti, incluso il tentativo di sedurre Anna che lo attrae aldilà delle capacità della donna, ma per mere considerazioni fisiche.
Anna, in un burrascoso colloquio con il dottore, gli sbatterà in faccia il suo sospetto, che è forse un convincimento: Bonaccorsi non è più sano dei suoi pazienti, l’unica differenza è che porta il camice bianco.
Francoise Fabian
“Deve far credere di curare gli altri, ma vive nell’ossessione di curare se stesso perchè muore di paura. E questa è follia“: sono le parole brutali che Anna rivolge al dottore, non senza qualche ragione.
Uno scontro tra due scuole di pensiero, quindi ma non solo; è uno scontro tra due esseri umani assolutamente agli antipodi come stile di vita, come modo di rapportarsi ad essa.
Per Bonaccorsi in fondo lo studio è solo un tentativo estremo di togliersi dalla mente la convinzione di essere malato, ma così facendo non fa altro che coltivare in se stesso una follia latente.
Barbara Bouchet
Il film vive le sue parti migliori proprio su questo insanabile contrasto che è anche uno scontro fra due scuole di pensero; quella di Bonaccorsi ormai fuori dalla realtà e quella di Anna tutto protesa alla modernità e alla scienza che sembra aver dato finalmente delle risposte sulle malattie mentali.
Ma le cose ovviamente non possono essere bianche o nere e i due protagonisti, ciascuno a suo modo, avrà maniera di scoprire come la verità non sia affatto assoluta.
Attorno ai due protagonisti si muovono indistinte le figure degli ammalati, ognuno o ognuna immersa nelle tenebre di un’esistenza penosa; nude e prive anche di quella sorta di protezione che gli abiti sono per la gente normale, vivono mangiando spesso come gli animali, immersi nelle proprie feci o altrimenti feriti, laceri e stracciati.
Una sventurata internata nel manicomio
Un universo alieno e terribile, senza speranze se non quelle rappresentate dai primi timidi passi fatti dalla scienza impersonata in questo caso dalla volenterosa Anna.
In un altro momento drammatico del film, Anna sbatterà in faccia al dottor Bonaccorsi, che si appresta a rendere pubblico il suo lavoro attraverso una lunga e appassionata relazione, sbatterà dicevo sul tavolo la verità.
Non esiste un germe della pazzia, il puntino nero che Bonaccorsi ha identificato altro non è che un difetto del solvente con il quale il dottore ha fatto le analisi.
Per Bonaccorsi è la fine; da quel momento per lui gli eventi precipitano.
Dopo un ultimo doloroso saluto a sua sorella, che vive rinchiusa dietro le sbarre completamente nuda quasi sempre stesa su della paglia, Bonaccorsi si allontana.
Bonaccorsi visita una paziente in stato catatonico
Carla, una donna molto disinibita
Tutto il suo mondo è andato in frantumi; i suoi studi, i suoi rapporti con le donne del manicomio.
La sua relazione con Francesca, moglie del direttore è finita tragicamente con il suicidio della donna e per lui il colpo mortale è stato l’abbandono di Anna del lavoro e il suo rifiuto di un coinvolgimento sentimentale.
Sul treno che lo porterà lontano dal manicomio, attraverso i discorsi dei passeggeri prenderà coscienza della realtà, del fatto che una follia contagiosa sta per estendersi al suo paese che a breve precipiterà nell’incubo fascista.
Per le antiche scale, diretto da Mauro Bolognini nel 1975 è un film tecnicamente perfetto e ben girato
Sessualità primitiva e istintiva tra pazienti
impreziosito dalle musiche avvolgenti di Ennio Morricone e da una fotografia ad effetto flou antichizzato di Ennio Guarnieri, trasporta lo spettatore in una vicenda coinvolgente girata senza un ritmo eccessivo ma attento a rispettare le psicologie dei personaggi, le loro peculiarità che vengono esaltate da recitazioni davvero ottimali.
Marcello Mastroianni
Grandissimo Marcello Mastroianni che interpreta il dapprima entusiasta e infine deluso dottor Bonaccorsi con una carica attoriale senza pari, così come misurata ed espressiva è Francoise Fabian, attrice dal grande fascino che interpreta la dottoressa Anna.
I dialoghi tra i due interpreti a tratti assomigliano a pieces teatrali e sono convincenti, così come vanno segnalate le parti della bella Barbara Bouchet, di Adriana Asti, di Marthe Keller, di Lucia Bosè e di alcuni grandi attori di teatro come Ferruccio De Ceresa. Bene anche la solita sicurezza, Silvano Tranquilli forse un tantino sacrificato.
Un film che vive sulle vicende umane del dottor Bonaccorsi ma che non manca di mostrare l’inferno della pazzia attraverso la coercizione e le condizioni di vita di un ospedale psichiatrico del primo ventennio del secolo.
Condizioni riproposte in seguito da Tobino in un libro fondamentale del 900 italiano.
Per le antiche scale
Un film di Mauro Bolognini. Con Marcello Mastroianni, Françoise Fabian, Marthe Keller, Barbara Bouchet, Pierre Blaise, Lucia Bosè, Adriana Asti, Ferruccio De Ceresa, Maria Teresa Albani, Charles Fawcett, Silvano Tranquilli, Maria Michi, Paolo Pacino, Enzo Robutti, Paola Corazzi Drammatico, durata 105′ min. – Italia 1975.
Marcello Mastroianni … Professor Bonaccorsi
Françoise Fabian … Anna Bersani
Marthe Keller … Bianca
Barbara Bouchet …Carla
Pierre Blaise … Tonio
Silvano Tranquilli … Professor Rospigliosi
Charles Fawcett … Dottor Sfameni
Ferruccio De Ceresa …Il fascista del treno
Lucia Bosé … Francesca
Adriana Asti … Gianna
Regia: Mauro Bolognini
Soggetto: Mario Tobino (romanzo omonimo)
Sceneggiatura: Raffaele Andreassi,Mario Arosio,Sinko Solleville Marie
Tullio Pinelli,Bernardino Zapponi
Produzione: Fulvio Lucisano
Musiche: Ennio Morricone
Editing: Nino Baragli
Fotografia: Ennio Guarnieri
Costumi: Piero Tosi
“Il dottor Anselmo abitava in manicomio. Mangiava alla mensa; aveva una stanza. Lo stipendio era gramo. Tutto era ristretto.
Solo chi c’è passato sa come fu il dopoguerra in Italia – quello della seconda guerra mondiale – per uno che durante la dittatura italiana aveva vivamente sperato; da ogni parte scenari che cadevano, trionfo della materia, il denaro e la carne più dominanti di prima. La nuova lussuria invogliava le masse alla completa servitù.
Anselmo si era ritirato; faceva vita di ospedale, di manicomio.”