LUBIANA agosto 1942
La tradotta è ferma in stazione sotto un sole feroce. Non ci lasciano scendere. Un convoglio composto di carri bestiame, con le portiere piombate, infila lentamente il binario parallelo al nostro e si ferma tra noi e l’edificio della stazione. Lo scortano carabinieri in elmetto nero, tanto più sinistri nella canicola. Vanno in Italia. Ma non sono occhi bovini quelli che ci guardano dalle grate dei carri: sono occhi di uomini e di donne; torvi, brucianti. Nient’altro che occhi umani. Si moltiplicano
e si affollano, fissi su noi con un’intensità micidiale. Difficile sostenerli, così compatti, unanimi nell’odio, più forte della loro impotenza, della loro disperazione, della fame e della sete. È gente catturata nei rastrellamenti. Ma per noi esistono solo quegli occhi che ci guardano. Ostentiamo indifferenza, o addirittura mitezza… ma meglio, meglio che li portino via. A nostra volta finiremo con l’odiarli. Per legittima difesa, che diavolo! Non è così che cominciano i massacri? Lo intuiamo oscuramente, ma non vorremmo, non vorremmo farne esperienza.
(Vittorio Sereni, da La tentazione della prosa)