Tutto iniziò qualche anno fa. Scesi dal pullman carica di aspettative e di timori, la seguii da vicino come una bimba segue la gonna della mamma ed insieme superammo il cancello. Com'era imponente il colonnato d'ingresso che abbracciava la scalinata esterna! E l'atrio mi pareva immenso, con le due ali che si aprivano a destra e a sinistra e le due rampe di scale che salivano verso l'ignoto.
Ci misi poco ad ambientarmi, ad abituarmi a quei corridoi e a quelle scale, all'atrio che mano a mano mi pareva sempre più piccolo e familiare, alle aule che facevano sempre meno paura. Mi abituai a passare in quell'edificio diverse ore, anche quando tutti erano ormai tornati a casa, ma io non potevo ancora tornare, dovevo aspettare.
Non ero l'unica, certo. C'era sempre lei. Una guida, un faro, un punto di riferimento per me in quella città nuova e popolata di visi sconosciuti. Ma c'era il suo viso, il suo sorriso familiare, i suoi occhi che non parlavano, ma che io riuscivo a capire. Eravamo diverse, per certi versi opposte, ma per certi altri ci assomigliavamo molto. Devono essere stati questi contrasti, queste compresenze di uguaglianze e di opposizioni, di similitudini e di differenze, ad avvicinarci, a farci stringere quell'amicizia che certo allora non avremmo mai pensato potesse essere così solida e duratura.
Avevo preso l'abitudine, alla fine della giornata, quando tutti uscivano per tornare a casa, di raggiungerla e trascorrere con lei quelle ore di attesa obbligate prima di poter anche noi uscire dal grande edificio e avviarci verso le nostre case. Io, piccina, nuova arrivata, campagnola tra i cittadini, avevo il coraggio, l'ardire forse, di aprire la porta della stanza in cui si trovavano i ragazzi più grandi e di trascorrere del tempo con loro. E ci stavo bene. Non sentivo soggezione, né paura, né timore reverenziale. Perché con me c'era lei.
E non solo.
Conobbi un ragazzo, tra gli altri. Un ragazzo molto particolare, diverso dagli altri che frequentavano quel luogo. Un grande conoscitore, questa è la definizione migliore della prima impressione che mi fece. Mi stava simpatico. Mi ci trovavo bene.
E anche la mia amica si trovava bene con lui. Sceglievano sempre posti vicini, stavano sempre insieme.
Io li guardavo e sorridevo.
Io ero piccola, ingenua e ignorante delle cose del mondo.
Ma quello lo capivo.
Avevo imparato a leggere gli occhi. Gli occhi non mentono. Gli occhi non parlano, ma raccontano tante storie. Raccontano per chi sa leggere. Raccontano anche ciò che non vorresti raccontare.
E quegli occhi raccontavano.
E io leggevo.
Sono sempre stata un'avida lettrice. E raccontavo agli altri ciò che leggevo.
Ma nessuno sembrava leggere ciò che leggevo io.
Neppure la mia amica, neppure quel ragazzo. Ridevano. Mi rispondevano che avevo una fervida immaginazione.
Sì...
Immaginavo...
Sognavo...
Ma, si sa, i sogni son desideri.
E i sogni si sono avverati.
I sogni si avverano oggi.
Da tempo siamo usciti tutti da quel grande edificio, che alla fine non sembra più così grande e imponente, non fa più paura come all'inizio. Da tempo abbiamo preso le nostre strade, ma non ci siamo mai separati.
Non si sono più separati.
Si sono anzi sempre più uniti.
E oggi si stanno per sposare.
Oggi vi auguro di guardarvi sempre con quegli occhi, con lo sguardo che tanto parla d'amore. Vi auguro di superare insieme le difficoltà della vita come sempre avete fatto. Insieme.
Tanti auguri di cuore per il vostro matrimonio, Mr * e Mrs Titova!
Vi voglio bene.
True Love leaves no traces