Eh già: passiamo il nostro tempo a spiegare per filo e per segno come scrivere una storia. Come creare dialoghi che funzionino. E non parliamo poi dell’incipit. E il finale, non abbiamo niente da dire a proposito del finale?
Però credo che tutto questo sia una specie di cornice, un corollario; e si eviti di affermare che un romanzo, una raccolta di racconti hanno bisogno di studio. Perché scrivere non è “buttare fuori” quello che si ha. Ed ecco la domanda da un milione di dollari: chi scrive che cosa possiede? Che cosa ha? A parte le parole, che gli sono state donate da altri scrittori (se costui o costei ha letto, si capisce), quali sono le sue proprietà?
Ti interessa davvero?
Perché alla fine o scrivi di quello che davvero ti sta a cuore, ti interessa; oppure ciccia!
Se butto un’occhiata a Tolstoj, Cormac McCarthy, che lezione ricavo dalla loro scrittura? Certo, che sono bravi, ma fin lì ci arriva anche uno scimpanzé.
No: scrivono di cose che stanno loro a cuore. Sono interessati a quella storia. E credo anche di aver compreso un’altro aspetto che passa sotto silenzio.
In giro si leggono un sacco di consigli su come costruire la storia perfetta, capace di vendere. Ecco allora che tutto sembra piuttosto semplice: guarda l’andazzo, e seguilo. Il pubblico vuole gelato al limone? E tu dagli il gelato al limone! Quello alla fragola? Passa alla fragola! Quello al tuffo? E allora (be’, ci siamo capiti).
Funziona?
Può darsi, non dico di no. La mia idea è che prima di tutto occorre trovare la storia, non la storia che vende.
Che cosa ti interessa?
Ormai un po’ tutti sono persuasi che basti esserci, e produrre quello che il mercato richiede, per avere successo, visibilità e via discorrendo. A mio parere la scrittura dovrebbe essere il terreno della libertà: e allora perché partire da idee già pronte? Perché seguire quello che il mercato vuole? Il mercato è ottuso, e sbaglia 8 volte su 10.
Partire col piede giusto è importante. Parti allora da qualcosa che ti interessa. Meglio ancora: che richieda un po’ di studio.
Non crederai mica che Dostoevskij abbia scritto tutti quei romanzi seguendo l’ispirazione, vero? Se leggessi le sue lettere, troveresti molti appelli al fratello; lo scongiurava perché gli spedisse libri su libri. Classici ma anche di filosofia. Studiava. Era interessato a certi argomenti, gli piacevano proprio.
Parliamo del buon Zola? Lui aveva un metodo scientifico: partiva e andava a studiare gli ambienti dove ambientava le sue storie. Li osservava; prendeva una montagna di appunti. Cercava, interrogava, prendeva nota. E perché sobbarcarsi una simile fatica? Esatto: era interessato.
Ricorda: il lettore quando incontra qualcuno di competente, meglio, qualcuno che ha passione per quello che scrive; quando incontra una persona capace di catturare la sua attenzione: be’, è fatta! O quasi…