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Per te 3/3 .::. I Racconti di Nasreen

Creato il 04 gennaio 2011 da Nasreen @SognandoLeggend

Per te

Titolo: Per te
Fandom: Racconto 
Autore: Nasreen
Betareader: Billaneve
Pairing: Uomo/Donna
Rating:  PG13
Words: 3361

Sinossi: Crescere, si sa, è una fatica. Inevitabilmente le persone cambiano, negli anni, e per quando ce ne rendiamo effettivamente conto spesso è troppo tardi per tornare indietro. Ma vale davvero la pena tornare indietro? Chissà se invece, andando avanti, le cose non possano prendere una strana piega…

Note dell’autrice: Ringrazio di cuore billaneve per la pazienza che ci mette ogni volta. I miei testi, come lei più volte mi urla dietro brandendo una scopa, sono sempre troppo pieni di “mentre” e troppo vuoti di virgole. Soprattutto quando scrivo la notte, e io scrivo sempre a notte fonda. Povera la mia beta!

Copyright: Lavoro appartenente a Nasreen aka Debora M. in ogni sua forma. Non sono ammesse citazioni e/o pubblicazioni per intero e/o parziale del lavoro in ogni sua forma.

Capitoli:

Per te

Una settimana dopo

Selvaggia aveva ripreso a comportarsi come sempre, come se la lite con Marica non fosse mai avvenuta. Niente scene madri, né tantomeno scuse in ginocchio per le parole grosse volate a casa sua giorni prima. Riconosceva onestamente di essere stata brutale, spocchiosa ed esasperante ma, dopo tanto tempo, non era riuscita a dirle la verità in maniera più dolce. Si era sentita così tradita dal suo comportamento in quel periodo che, in realtà, non aveva seriamente tentato di tenersi calma e di mitigare i toni.

Non che le occasioni per chiarire fossero mancate, ma semplicemente Selvaggia non sentiva il desiderio di mettersi a confronto con la realtà. E la realtà era semplice: non avevano più molto da spartire.

- Che sguardo intenso, sarei quasi propenso a credere che tu non abbia ancora chiarito con la tua amichetta.

La voce, quella voce, la riscosse dai suoi pensieri come una secchiata d’acqua gelata. Alzò la testa di scatto, facendosi, peraltro, male al collo, e si ritrovò Stefano Minghetti davanti a lei con la sua solita aria menefreghista di dubbio gusto.

- Mi perseguiti? No, davvero, perché non è il momento – ribatté stancamente Selvaggia buttando per terra il libro che si era portata dietro. Avrebbe dovuto studiare ma alla fine si era accasciata all’ombra del suo albero preferito a riflettere. Si sentiva più stanca che dopo 4 ore di studio, la sua mente aveva dato forfait.

L’altro, facendo finta di non averla sentita, si buttò a terra indolente sotto lo sguardo perplesso della ragazza. Osservandolo attentamente Selvaggia si rese conto, con una fitta improvvisa al bassoventre, che il ragazzo non era brutto, niente affatto. Era come se i suoi occhi lo mettessero a fuoco per la prima volta.

Era molto alto, non troppo magro e decisamente tonico anche se non si avvicinava neanche minimamente alla massa di muscoli che si portava addosso il fratello minore. Non che questo fosse un difetto, a suo avviso. Seppur non palestrato, gli fu evidente, forse per la prima volta, che non era il classico topo di biblioteca che disdegnava l’attività fisica. Da qualche anno aveva lasciato crescere i capelli in una cascata di riccioli neri che delineavano un viso mascolino su cui erano incastonati due occhi così scuri che non era certa se fossero castani o neri. Non era sicura e neanche voleva esserlo, già il fatto che trovasse attraente Stefano Minghetti era pericoloso, forse quasi quanto stare seduti accanto all’essere con la lingua più sferzante dell’universo in un momento di estrema fragilità. Doveva andarsene da lì prima di farsi ridurre a pezzi da lui.

Rimasero in silenzio per qualche minuto apparentemente disinteressati l’uno dell’altro anche se, ogni tanto, Selvaggia lanciava qualche occhiata veloce al suo vicino nel tentativo di convincersi che non lo temeva realmente. Sfortunatamente ad ogni occhiata la ragazza si ritrovava a dover confermare la sua prima impressione: lo temeva, eccome se lo temeva!

- Quando avrai finito di scrutarmi come se temessi che all’improvviso mi possa spuntare una seconda testa forse riuscirai a dirmi cosa ti deprime in questo modo – disse secco Stefano, come se il suo tono volesse contrastare nettamente le sue parole interessate.

L’altra trasalì consapevole di essere stata colta in fallo e tacque per un istante.

- Sicuro che non ti spunterà una seconda testa? – provò titubante con un sorrisetto falso stampato in viso.

In cambio ricevette un’occhiata gelida e uno sbuffo impaziente che le gelò il sangue nelle vene. Odiava doverlo ammettere ma non le piaceva che lui la credesse una stupida. La innervosiva.

- Sono arrabbiata, non mi deprime nulla. E tu? Cosa ci fai qua fuori fra i comuni mortali?

- Non sei arrabbiata, quando sei arrabbiata ti imbronci, aggrotti la fronte e i tuoi occhi sembrano voler mutilare ogni essere vivente nel giro di qualche chilometro – ribatté Stefano ignorando sapientemente la frecciata alzando gli occhi al cielo come ad invocare l’aiuto di una pazienza divina. La situazione le ricordava un po’ l’atto che era solita fare lei con suo cugino di 5 anni e quel pensiero non fece che farla rabbuiare maggiormente.

- Ecco, ora ti stai arrabbiando – costatò lui saputo e questa volta toccò a Selvaggia alzare gli occhi al cielo, la boria di certe persone era pressoché infinita, appurò mentalmente.

- Sì, in effetti mi sto arrabbiando. Ma dimmi, sul serio, a cosa devo la tua… ehm… diciamo compagnia?

- Passavo di qua.

- Tu non passi mai di qua, non sono scema.

- No, infatti. Però a volte ti ci comporti… Ma in fondo è comprensibile, anche i migliori a volte sbagliano – mugugnò portandosi le braccia dietro la testa e stendendosi con la testa indirizzata verso le cosce della ragazza.

- Mi spieghi perché anche quando sembra che tu voglia farmi un mezzo complimento finisci sempre per offendermi?

- Perché dovrei volerti fare un complimento?

- Oh Signore mio… – invocò lei desolata mentre si accasciava con la testa fra le gambe nel tentativo di non uscire di testa anche con lui. Doveva stare calma, si ripeté come un mantra per circa 16 volte prima di tirarsi su e trovare l’altro che, sempre da terra, la fissava intensamente come a volerla studiare.

- Ah, ecco, chiaro. Sono una specie di esempio comportamentale che stai studiando per qualche tuo assurdo master in psicologia, vero?

Stefano la guardò come se questa volta fosse lei ad avere due teste.

- Mi stai fissando – ripeté lei semplificando il concetto. In molti gli avevano detto che la sua mente aveva un che di perverso ma averne la conferma a volte era desolante.

- La tua mente fa dei rigiri logici allarmanti. Non saprei se definirli perversi o semplicemente geniali – ribatté lui tranquillamente tornando a chiudere gli occhi come se dormisse.

- Ancora… – mugugnò infastidita ripensando alla discussione avuta riguardo ai poteri ESP.

- Già, probabilmente ho davvero qualche potere psichico, sai? – la stuzzicò ridacchiando e lei capì che anche lui stava ripensando a quel particolare.

- Parlando di menti perverse, eh? – ridacchiò lei alzando gli occhi al cielo e rimirando il tranquillo cielo estivo.

- Cosa ti deprime, allora? A parte che non parli più con quella stupida della donna di mio fratello?

Selvaggia abbassò lo sguardo su di lui e sospirò scocciata, non lo sopportava! E lo sopportò ancor meno quando lo vide ghignare saputello. Quanto lo odiava!

- Non credo che sia lei ad essere stupida – borbottò fra i denti, tanto valeva limitare i danni visto che era un maledetto libro stampato, per quel tipo.

- A no?

- No, almeno credo.

- E da quando ti metti in gioco invece di sputare sentenze, Lunghini? – disse sferzante Stefano.

- Quello sei te, Minghetti, non confondere le carte in tavola per cortesia – si difese nervosamente di fronte a quell’accusa ingiusta. Lei si metteva sempre in gioco!

- Sì, sì… Come ti pare. Di fatto, questa volta, perché credi di non essere nel giusto?

- Perché non ti fai gli affari tuoi? Anzi, cosa te ne frega a te?

L’altro ci rifletté per un istante ed alla fine, con un sospiro, si tirò su e le si posizionò davanti con le gambe incrociate.

- Perché hai una mente perversa, mi incuriosisce tutto ciò che non è ovvio. Tu non sei ovvia – gli disse fissandola negli occhi così intensamente che sarebbe indietreggiata se solo non avesse già le spalle al muro, in tutti i sensi oltretutto.

- Ti faccio presente che anche in questo caso mi sento offesa.

- È un problema tuo se non sai ascoltare quando le persone ti parlano. Io non ti ho offesa, sei tu che ti senti offesa… Allora, per una volta, puoi smetterla di girarci attorno e dirmi perché questa volta ti stai mettendo in discussione?

“…Visto che per una volta non è necessario?”

Quella frase, non detta, rimbombò nella mente di Selvaggia per alcuni istanti al punto che arrivò a chiedersi a che livelli di egocentrismo fosse arrivata visto che si faceva i complimenti da sola.

L’ira e l’aggressività sono sinonimo di passionalità ma anche d’insicurezza. Nonostante il tuo cervello, di cui tanto ti vanti, non arriverai da nessuna parte se non acquisti un po’ di freddezza, non lo sai?

Improvvisamente si rese conto che non voleva parlargliene principalmente per due motivi: perché lo reputava in grado di farla a pezzi con poche semplici battute ma anche, se non soprattutto, perché se l’avesse fatto gli avrebbe fornito le prove indiscutibili della sua stupidità!

Si era fatta prendere dall’ira, non aveva mantenuto il sangue freddo e come risultato non solo non era riuscita ad esprimere logicamente il suo pensiero a Marica ma non era riuscita a trasmetterle proprio nulla visto che l’altra era convinta di essere assolutamente nel giusto.

- Sono arrabbiata con me stessa per non essere stata all’altezza di una situazione che, sì, riguarda la lite con Marica. Contento?

- Mi credi davvero così meschino da pensare che sia contento del fatto che tu ti senta delusa da te stessa? Signore Iddio che brutta opinione devi avere del sottoscritto! – disse Stefano osservandola con uno strano luccichio nello sguardo tra il fiero ed il rassegnato.

- L’opinione che ho di te si basa su quello che vuoi mostrare agli altri, non è necessariamente detto che sia la verità.

- E io cosa mostrerei agli altri? – la sfidò il ragazzo altero.

- Sei una persona arrogante. Credi che tutto ciò che non sia alla tua altezza sia da ignorare o denigrare e in pratica ignori l’intero mondo che ti circonda. Difficilmente ti limiti a guardare una persona, tu la cataloghi, l’analizzi e la giudichi spogliandola interamente. Con te è impossibile parlare del tempo senza che l’altra persona si senta costantemente messa alla prova e analizzata. Tutto questo, se unito ad uno modo di esporsi freddo e calcolatore, incuriosisce ma spaventa terribilmente. In poche parole chi non ti teme ti odia perché invidioso. Nessuno ama essere giudicato, soprattutto quando è palese che non passerà mai l’esame, visto l’esaminatore. Ecco è quello che trasmetti o, almeno, quello che trasmettono il tuo corpo ed il tuo sguardo.

Calò il silenzio per alcuni minuti finché Selvaggia non iniziò a temere di aver detto troppo, dopotutto non aveva nessun diritto di giudicare o essere scortese. Si erano parlati solo due volte ed erano sempre finiti con lo sputarsi in faccia giudizi, più o meno accurati che fossero. Ma che razza di persone erano? O meglio, ma che razza di persona era diventata?

- Ti ringrazio – interruppe lui il silenzio fissandola – Anche se non mi è ben chiaro il motivo per cui siamo finiti a parlare di me, devo ammettere che la tua analisi è molto accurata e denota una grande capacità di giudizio. Oserei dire che ci hai rimuginato parecchio in questi giorni, vero? – sorrise allusivo al punto che Selvaggia si ritrovò a preoccuparsi che il proprio corpo potesse tradirla con un rossore inopportuno. Fortunatamente era un osso duro, almeno lui!

- Non è stato difficile – minimizzò lei alzando le spalle.

- E tu? Quale gruppo di persone appartieni? Mi odi o mi temi?

L’altra, dopo un istante di indecisione, decise di essere il più franca possibile: – Mi innervosisci per la maggior parte del tempo.

- E per il restante?

- Ti temo.

Stefano la fissò socchiudendo leggermente la bocca, era convinto che sarebbe morta piuttosto che ammetterlo, orgogliosa com’era. Lei forse no, ma lui aveva passato quelle settimane a pensare al suo comportamento la sera della festa. Non le aveva mentito, era curioso perché la sua era una mente perversa, non faceva mai quello che gli altri si aspettavano da lei. Ed ecco la riprova.

- Puoi anche smettere di esultare, sai? – gli disse acidamente Selvaggia, aggrottando la fronte, mentre lo fissava con lo sguardo dorato che se avesse potuto avrebbe ucciso.

- Non sto gongolando…

- A no?

- No. Piuttosto ti rispetto. Dopotutto non sei la stupida mocciosa che credevo… – convenne sincero e, detto da lui, quello era un grosso complimento. Peccato che non avesse considerato chi aveva davanti.

- Grazie, peccato che tu, invece, ti sia dimostrato esattamente come il bastardo arrogante che credevo! – ribatté Selvaggia alzandosi di scatto e prendendo a raccogliere le sue cose per andarsene.

- Sciocca avventata – l’apostrofò Stefano afferrandola per un braccio e tirandola con forza a terra.

Selvaggia cadde sgraziatamente finendogli quasi addosso.

- Ma che sei cretino, cazzo?

- Anche sboccata, ora? Questa mi mancava… – ribatté noncurante lui facendole cenno di sedersi. Lui non aveva finito. Dio solo sapeva perché alla fine la ragazza s’arrese.

- Ma che vuoi, si può sapere? – quasi si disperò Selvaggia mentre si sfregava con forza la massa di capelli castani che aveva in testa, arruffandoli maggiormente.

- Visto che non hai intenzione di collaborare te lo dirò nel modo più diretto possibile. Tu sta zitta ed ascoltami, fino alla fine. Pensi di aver litigato con Marica perché un’egoista, giusto? Per la sera della festa, praticamente. Errato…

- Ma che diav….

- Zitta e fammi finire ti ho detto! Dicevo che no, non hai litigato per la sera della sua festa perché, se possibile, quella sera è stata la prima volta nel giro di mesi che Marica ha fatto qualcosa per te. Sono stato io a chiederle di non dirti assolutamente nulla del luogo perché volevo conoscerti in un momento di debolezza… Ho detto fammi finire, diamine! Sono sempre stato io a farti il vuoto intorno a cena. Forse non te ne sei accorta ma dove sono io, in genere, non c’è mai troppa discussione e quella sera io sono rimasto accanto a te tutto il tempo, ma tu eri troppo presa dai tuoi pensieri per accorgertene. E dopo, mentre tornavamo alla macchina, è sempre stato il sottoscritto a dire a Marica e Francesco di velocizzare il passo per avere modo di stare da solo con te.

- Oh, sì, sembravi proprio interessato a starmi intorno quella sera – ridacchiò amara Selvaggia scuotendo la testa sbalordita dal casino che aveva imbastito Marica per non assumersi le sue colpe. E Stefano per conoscerla, a dirla tutta.

- No, in effetti non avevo nessuna intenzione di mostrarmi minimamente amabile o quantomeno piacevole se proprio vuoi sentirtelo dire. In un primo momento mi sei sembrata debole, timida e scontata. Diversa da come ti avevo vista a casa mia quelle volte che venivi con Marica a tenerle compagnia mentre mio fratello imbastiva le serate fantacalcio. Una delusione insomma…

- Oh, grazie! Ti prego, continua! La mia autostima sta avendo quasi un orgasmo multiplo! – lo pungolò sarcastica convinta che l’avrebbe scioccato. Così fu in effetti, ma per sua sfortuna non sapeva che Stefano aveva compreso perfettamente che spesso utilizzava le volgarità e lo scherno come armi da difesa sicché il silenzio durò solo pochi istanti.

- Oh, Lunghini, se sono le offese ad eccitarti non credo che potremo mai scopare noi due. Non sono un amante di quel genere di rapporti. Non so se mi spiego… – sogghignò Stefano di fronte al rossore che ormai le coloriva interamente il viso. Selvaggia si diede mentalmente della stupida, era ovvio che quella carta con un uomo della sua età e con il suo cervello non potesse funzionare! E lo sguardo che aveva in quel momento glielo confermò.

- Comunque – riprese lui con il solito tono, come se non si fosse mai interrotto – Mi sono bastati dieci minuti accanto a te nel bosco per accorgermi che era tutta una facciata che tenevi su per non rattristare la tua amica. Un’amica per la quale ti sei… abbassata… a frequentare quelle insulse galline della sua compagnia e, credimi, se ti dico che hai tutta la mia ammirazione. Una serata, per me, è stata sufficiente.

- Una serata intera è stato troppo anche per me – trovò la forza di scherzare Selvaggia e, per sua gioia, fu ricompensato da un mezzo sorriso dell’altro che la fece quasi esultare. Quasi, però.

- Comunque tutto questo discorso per dirmi… che cosa?

- Per dirti – sospirò Stefano – Che non hai litigato con lei per quella serata. Toglietelo dalla testa. Quella serata è andata come doveva andare perché ero stato io a volerlo.

- Beh, dovrò ringraziarla immagino – ribatté sarcastica lei anche se, dentro, cominciava a dubitare del suo stesso sarcasmo.

- Forse questo lo deciderai in futuro. Se ringraziarla o meno, intendo. Però di certo hai litigato con lei per motivi validi…

- E tu che ne sai?

- L’ha raccontato a Francesco. Io ero in casa – rispose semplicemente lui.

- Ah, ecco. Ovvio. Inutile sperare che i cazzi miei non siano finiti in bocca ai lupi. Chissà che risate… “È invidiosa…” o cazzate del genere. Fantastico, davvero…

- Fregatene di quello che dice la gente. Se dovessi preoccuparmene io… Come mi hai dimostrato qualche minuto fa, dovrei già aver tentato il suicidio diverse volte – ghignò alzando le spalle con fare arrogante.

Selvaggia alzò gli occhi al cielo per mascherare nuovamente il rossore al ricordo del suo precedente monologo sclerotico.

- Il discorso comunque è semplice. In effetti Marica sta diventando insopportabile, anche io ormai la conosco da un po’. Gira per casa mia da almeno due anni e come hai detto tu io non guardo le persone ma bensì le analizzo quindi…

- È cambiata – sospirò Selvaggia tristemente abbassando lo sguardo.

Dopo un attimo si gelò sentendo la grande mano di Stefano carezzarle lievemente i riccioli ribelli. Un tocco che però, invece di innervosirla, la rilassò.

- È solo cresciuta, Selvaggia – mormorò lui con voce pensosa – Tutti crescono e cambiano. Anche se in effetti crescere in peggio è un peccato, era una ragazza veramente brillante. Migliore di noi sotto alcuni aspetti, sai?

Selvaggia alzò la testa cercando di convincere il suo cuore a riprendere a battere. Aveva sentito tutto quello che gli aveva detto ma aveva ascoltato veramente una sola parola: il suo nome pronunciato dalle sue labbra.

- Sapeva come relazionarsi con gli altri, scendere a compromessi senza rinnegare ciò che era. Questo vuoi dire?

- Più o meno – le concesse mentre continuava ad accarezzarle i capelli visto che l’altra non sembrava esserne disturbata. Era rilassante, per quanto inusuale fosse per lui cercare un contatto fisico con qualcuno, generalmente lo trovava stupidamente primitivo.

- In passato l’ho invidiata per questa sua capacità di… Stare con tutti. Di farsi amare incondizionatamente. Di scendere a compromessi.

- E ora?

- Ora mi dispiace perché credo che abbia messo sul piatto delle trattative qualcosa di troppo importante. Se stessa… Forse sono arrabbiata perché ha tradito se stessa prima che me.

- È per questo che sei una buona amica ed è per questo che sono rimasto a camminare accanto a te per tutto il tempo quella sera – concluse serio.

- Quindi, se mi fossi rivelata stupida e inetta come da prima impressione mi avresti lasciata là da sola? – lo rimbeccò Selvaggia sbuffando, lanciandogli un piccolo sorriso incerto.

- Certo che no! Me ne sarei andato avanti e avrei minacciato qualcuno affinché ti venisse a tener compagnia! Per chi mi hai preso? – rispose Stefano sbalordito e leggermente offeso.

- Per chi ti ho preso? Per uno stronzo arrogante! Uno stronzo arrogante piuttosto affascinante ma pur sempre uno stronzo…

- … Arrogante – concluse Stefano avendo riconosciuto il tono scherzoso riprendendo a rigirarsi i boccoli fra le dita come assorto.

Passarono un minuto in silenzio, persi solo nei loro pensieri finché Stefano non rialzò la testa dallo stato di contemplazione in cui era caduto.

- Quindi ora farai pace con Marica? – chiese assottigliando lo sguardo severo.

“E la smetterai di incolparti inutilmente?”

Questa volta Selvaggia percepì la frase sottintesa con un sorriso sfacciato, certa che, in realtà, non fosse la sua immaginazione.

- Pace? Non credo che ce ne sia bisogno, era… Inevitabile allontanarsi stando così le cose. Però tornerò a parlarci normalmente. Questo credo di poterlo fare… Almeno finché non verrà lei a chiedere scusa.

- Credi che lo farà?

- Oh, certo che lo farà – sogghignò Selvaggia mentre s’arrischiava a spostare un ciuffo corvino da davanti gli occhi del ragazzo.

Lui la fissò negli occhi e consapevole ridacchiò: – Sì, credo che da domani ogni volta che entreremo in qualche stanza avremo un po’ di persone con le quali conversare. Farò questo sforzo.

“Per te…”.

-Fine-


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