Una poco illuminata tendenza collettiva ci invita a specializzarci in uno o al massimo due campi e a dimenticarci del resto del mondo. Geni della scienza che non sanno massaggiare una fanciulla. Artisti che non sanno correre tra le montagne. Uomini d’affari che non hanno idea di come giocare con i bambini. Casalinghe incapaci di tirare con l’arco.
Restringere i propri orizzonti viene incoraggiato per ricercare la perfetta efficienza in un’unica attività, per non disperdere energie e per dedicarsi a una carriera ben definita. Ma è così che nascono gli esperti e muore la vita.
Questi sono scopi adatti a una catena di montaggio, non agli esseri umani. Lo specialismo è una malattia dello spirito – un contagioso virus della personalità cui non è facile sfuggire. Ci spinge ad autolimitare le nostre possibilità di scelta e a vivisezionare la nostra visione globale. In mano agli specialisti perfino le esperienze più estatiche perdono vita e magia.
Le arti marziali non fanno eccezione. Se vengono contenute in una dimensione da addetti ai lavori, non sono che un ghetto: grigie, limitate, senza sorprese né orizzonti. È solo quando sono parte di un quadro più ampio che possiamo vederne il potenziale e la bellezza. Invece di essere relegate in una dimensione separata, le arti marziali dovrebbero essere un’estensione del nostro modo di vivere. Qualcosa che ha a che fare con l’educazione dei figli, il lavoro cui dedichiamo molte ore della nostra vita, i rapporti umani, la filosofia, le scelte che facciamo ogni giorno.
Tradizionalmente le arti marziali andavano mano nella mano con l’agopuntura, l’erboristeria, i massaggi, la medicina, la religione e anche con la cerimonia del tè, la pittura e la poesia. Preferirei fare a cornate con un bisonte adulto che incoraggiare un approccio new age alle arti marziali, ma penso che una visione olistica sia nella loro vera natura. Funakoshi, il creatore dello Shotokan Karate, diceva che
il Karate è un complemento dello spirito.
Le arti marziali non sono solo arti marziali. Sono mezzi per plasmare il carattere e per scolpire la personalità.
Jimmy H. Woo, dopo aver dedicato una vita intera alla pratica del Kung Fu, dichiarava:
L’arte del Kung Fu non è una questione di vittoria o di sconfitta, ma di carattere.
Non è importante il Kung Fu, ma le persone.
[Tratto da "Per un cuore da guerriero" del prof. Daniele Bolelli, per gentile concessione dell'autore]
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