Questa riflessione nasce da una divertente discussione con alcuni amici. Vengo informato del fatto che una bella ragazza è in cerca di un “trombamico” (un ragazzo con cui intraprendere una breve e non impegnativa relazione basata sulla semplice carnalità). Incuriosito chiedo se qualcuno s’è fatto avanti per tenerle compagnia ma mi viene risposto “No, sono tutti timidi”.
Nella nostra società sembra dominare la noia, l’ozio, il disimpegno. Gli italiani sembrano aver perso la voglia di combattere per qualche passione, sia essa un ideale politico, il lavoro, la famiglia o la nobile e sempiterna “patonza” (che, come giustamente ci ricorda Berlusconi, “deve girare”). Contestualmente e specularmente si diffonde un senso di frustrazione e insoddisfazione per ciò che (non) otteniamo al lavoro o nella vita privata.
Io credo che la causa di questo immobilismo sia da attribuire all’atmosfera pesante ed opprimente che lo Stato e la cultura dell’obbedienza hanno contribuito a creare negli ultimi quarant’anni. Ogni idea, ogni genialità, ogni frizzante espressione di individualità viene percepita come un pericolo dai poteri costituiti e quindi violentemente repressa. Esiste una pesante cultura del conformismo per cui anche i cosiddetti “anti-conformisti” in realtà tendono a conformarsi tra di loro (contro alle Fred Perries & Ralph Lauren dei “conformisti”, gli “anticonformisti” oppongono compatti le Converse e le magliette di Emergency). Ogni idea di business o iniziativa individuale in Italia o è vietata dalla legge o è frustrata da mille bolli, visite, gabelle, autorizzazioni, controlli, certificati, ispezioni, obblighi e restrizioni. Persino nei rapporti amorosi esiste un rigido codice di condotta a cui tutti timorosamente si attengono: devi essere originale ma non troppo, audace ma non troppo, lanciato ma non troppo. Devi osare ma se osi troppo ti bruci. Anche azioni quotidiane come andare a fare la spesa, portare fuori il cane o usare Facebook sono sottoposte ad un rigido controllo sociale.
I fan dello status quo credono che una rete così opprimente di norme statali e sociali sia un bene: evitano i maleducati e prevengono situazioni imbarazzanti. Alcuni pazzi addirittura credono che opprimere i loro concittadini con questa enorme mole di norme comportamentali avvicini gli italiani ai paesi del Nord Europa!
La realtà è che quando intraprendere, vivere ed agire diventa così difficile, la gente semplicemente smette di farlo, si ritira in se stessa. Quando durante una cena con una ragazza ti ritrovi a preoccuparti di più del tovagliolo, della cravatta, delle posate, di cosa dici, di quando lo dici, di come lo dici, di come chiami il cameriere o di quando andare al bagno piuttosto che della sua personalità o della sua bellezza, allora significa che quell’insieme di norme sociali non è più un facilitatore della vita sociale ma ne è diventato un ostacolo.
“La mente servile” di cui parla Kenneth Minogue nasce e cresce in questo tipo di ambiente sociale. E’ la stessa mente servile che accetta di essere criminalizzata da un fisco oppressivo, è la stessa mente servile che punisce i politici che parlano chiaro a vantaggio dei politici “di sistema” ed è la stessa mente servile che approva la carcerazione preventiva perché “se la Polizia ti ha messo dentro, qualcosa avrai pur fatto”.
L’Italia ha bisogno di liberalizzare molti settori economici. Non dimentichiamoci anche di liberalizzare le nostre interazioni sociali! Facciamolo per noi, per la nostra concezione di felicità e soddisfazione ma soprattutto per aiutare la mia amica a trovarsi un trombamico con facilità!
GGV