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Perchè Falcone e Borsellino dovevano morire: i libri che raccontano la strage di capaci

Creato il 24 maggio 2012 da Redazioneunilibro

Perchè Falcone e Borsellino dovevano morire: i libri che raccontano la strage di capaci

Sono passati vent’anni dalla terribile strage di capaci e ancora la giustizia non è riuscita a fare il suo corso.
In una selezione di libri e saggi abbiamo rintracciato le storie di Falcone e Borsellino, colti nella loro straordinaria umanità, in un affresco che contempla anche la loro vita privata e le loro abitudini da uomini “normali”.
Nel libro “L’altra storia” Laura Anello, racconta la profonda amicizia che legava Falcone e Borsellino.

Molto interessante il libro  “I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia” in cui sono contenute le indagini di un giornalista inglese, che cerca di capire il quadro politico e sociale in cui si è consumato uno degli attacchi dinamitardi più cruenti contro due uomini di giustizia, due simboli forti della lotta alla mafia e contro un paese intero che crede ancora alla giustizia.

I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia. Perché Falcone e Borsellino dovevano morire? di Follain John
“John Follain ricostruisce la dinamica di quegli attentati e l’inchiesta che ne segue: racconta la disperata corsa contro il tempo del giudice Borsellino per scoprire chi avesse ucciso il suo amico, nella consapevolezza tragica di essere il prossimo nella lista”

23 maggio 1992: il giudice Falcone muore nella strage di Capaci, il più cruento attentato dinamitardo organizzato dalla mafia negli ultimi anni, in cui persero la vita anche la moglie Francesca e tre uomini della scorta. Cinquantasette giorni dopo, il 12 luglio, la mafia uccide di nuovo: l’amico e collega di Falcone, il giudice Paolo Borsellino, salta in aria insieme ai cinque uomini della scorta in via d’Amelio, a Palermo. John Follain – giornalista inglese inviato in Italia proprio in quegli anni – ricostruisce attentamente la dinamica degli attentati e l’inchiesta che ne seguì: dalla disperata corsa contro il tempo di Borsellino per scoprire chi avesse ucciso Falcone, nella tragica consapevolezza di essere il prossimo della lista, fino alla straordinaria parabola investigativa che portò all’arresto dei padrini Riina e Provenzano. Ma il libro fornisce anche una visione d’insieme senza precedenti sul modo in cui opera la mafia siciliana, descrivendo nel dettaglio la progettazione e la realizzazione degli omicidi dei due eroici magistrati. Sulla base di nuove ed esclusive interviste e delle testimonianze di investigatori, pentiti, sopravvissuti, parenti e amici, questo saggio racconta minuto per minuto gli eventi che hanno segnato – in maniera irreversibile – il nostro Paese e la lotta dello Stato contro la mafia.

L’altra storia di Anello Laura
“Dal fondo di tutte queste drammatiche vicende affiora potente il sentimento dell’amore che le lega l’una all’altra. Loro sono morti perché noi si possa essere vivi. Perché possiamo accoglierci e riconoscerci a vicenda. Oltre il dolore. Con un amore capace di memoria e futuro”.

Vent’anni dopo, i famigliari delle vittime e i sopravvissuti raccontano le stragi che insanguinarono l’ItaliaUn puzzle di testimonianze che svela segreti, getta nuova luce sull’isolamento dei due magistrati, esplora un dolore ancora bruciante che si declina in rabbia, rimpianto, richiesta di giustizia e di verità. C’è il sopravvissuto Angelo Corbo, l’agente sulla terza macchina di scorta a Capaci che raccoglie l’ultimo sguardo di Falcone sull’autostrada sventrata dal tritolo. C’è Maria Falcone, che ricostruisce la parte privata del fratello giudice, ormai piegato, senza mai arrendersi, dalle calunnie e dalle amarezze. C’è Alfredo Morvillo, il fratello di Francesca, che descrive il clima di isolamento e di invidie al Tribunale di Palermo che precedette la strage del 23 maggio. C’è Manfredi Borsellino, che parla della vita del padre, dall’incrollabile ottimismo all’ultima telefonata tempestosa con il capo della procura, poche ore prima di andare incontro a una morte annunciata. E poi le mogli, i figli, le sorelle e i fratelli dei ragazzi che vent’anni fa morirono in Sicilia per lo Stato. Quello Stato di cui rappresentavano “il volto più vero e alto”, come scrive Luigi Ciotti nella prefazione. Quello stesso Stato che aveva anche un volto diverso, e che, forse, tramò contro di loro.

Le ultime parole di Falcone e Borsellino
“Il vigliacco muore più volte al giorno, il coraggioso una volta sola. L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno. E’ saper convivere con la propria paura, non farsi condizionare dalla stessa. Il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza”

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ue servitori dello Stato, a vent’anni dalla loro morte. Un omaggio doveroso e un necessario ritorno alle fonti, a ciò che veramente hanno detto e scritto, ora che stanno venendo alla luce quelle verità per le quali entrambi hanno sacrificato la vita.

Visti da vicino. Falcone e Borsellino gli uomini e gli eroi di Viviano Francesco – Ziniti Alessandra
“E’  il racconto di una grande amicizia fra due uomini diversi eppure uguali: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.”

«Sai che c’è? Ora dico che sono monarchico così li mando a fare in culo a tutti». Paolo Borsellino la risolse così, con la solita ironia e con il suo solito modo di fare spiccio, quella “camurria” della politica. Tanti esponenti della Dc, del Psi e del Msi, andarono a bussare alla sua porta per chiedergli di candidarsi. Avrebbe potuto diventare senatore, deputato, sindaco. Ma a lui non importava nulla della politica. Il suo lavoro non lo avrebbe cambiato per nessun altro. E poi i politici gli stavano profondamente sulle palle.Giovanni Falcone e Paolo Borsellino visti da vicino, raccontati da chi, per anni, ancor prima che diventassero i magistrati antimafia che tutti conosciamo, ha vissuto al loro fianco momenti indimenticabili. Colleghi, investigatori e collaboratori ma anche amici veri, che – diversamente da quanto fatto da chi in questi vent’anni si è vantato della loro amicizia – fino ad ora non avevano mai raccontato nulla di quel rapporto così intimo che hanno conservato nei loro cuori. Ed ecco, dunque, Giovanni Falcone con la sua mania per le collezioni di papere e penne stilografiche, con le sue battute di ironia demenziale, con la guerra delle molliche a tavola, ma anche con i suoi amori tormentati e le sue lacrime davanti ai drammi di alcuni dei collaboratori di giustizia che avevano deciso di parlare con lui. Ed ecco Paolo Borsellino, uomo all’antica, dall’umanità travolgente, rilassarsi con la sua piccola barca di vetroresina o a cavallo di una bicicletta, a pesca grossa durante il soggiorno da “recluso” all’Asinara o “in fuga” dalla scorta per una passeggiata notturna a Mondello con l’amico più stretto. è il racconto del volto inedito di due uomini che, sotto l’immenso peso dell’ansia e delle responsabilità della missione che li ha portati insieme fino alla morte, sapevano anche sorridere e divertirsi.


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