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Perché l'idea di rubare mi è inaccettabile

Creato il 25 settembre 2012 da Minerva Jones
"If you want something, go there and grab it" - "Se vuoi qualcosa, và a prendertelo". Quante volte ho sentiro questo refrain in bocca a cosiddetti 'anarchici'. Eppure, malgrado tutte le belle affermazioni e teorie dietro il concetto che la proprietà sia un furto, rubare è qualcosa al di là della mia immaginazione e che mai potrei ipotizzare per me.
Quest'estate ho abbandonato un centro occupato che mi ha definito 'capitalista' per tale mio rifiuto, ma io - pur avendo le mie idee sul vivere cercando di limitare i propri bisogni e quindi la necessità di denaro per raggiungerli o anche solo per raggiungere la possibilità di sopravvivenza - proprio non riuscivo ad accettare una cosa del genere. Perché in fondo il rispetto passa anche attraverso il persuadere altri della bontà delle tue idee verso strategie di autogestione, o verso il downshifting (un concetto che preferisco a quello di decrescita), ma non attraverso il depredarli pro domo tua del compenso del loro lavoro (spesso sudato, viste le persone delle quali mi circondo o che frequento per le mie necessità).
E oggi mi rubano il portafogli al mercato. Per cui mi sento chiaramente derubata di pochi miseri averi che già fatico a mettere insieme, ma in più violata nel mio spazio personale e infine arrabbiata perché chi agisce così non ha scusanti: un giorno rubi, un altro picchi, un altro violenti, un altro ammazzi. Se pensi che gli altri siano lì al tuo servizio, cominci dalle piccole cose come questa e non hai più limite.  E questo non ha a che fare con la necessità di sopravvivere: ha a che fare con la tua etica personale. Perché io piuttosto distruggerei me stessa ma male agli altri non ne farei.
In realtà, pensandoci, ne faccio, a volte: invado spazi, cerco aiuto, urlo il mio malessere. Ma poi chiedo scusa, e risarcisco cercando di restituire mille volte il maltolto. Così come quando lo faccio ciò è dovuto a qualche speranza più alta: è la sprengata sui denti pegagogica che ogni tanto tiro e che spesso mi porta gratitudine e amore da persone intelligenti e sensibili, che pur sono scombussolate da me ma mi riconoscono l'affetto con cui lo faccio. Ecco, non c'è volontà di violenza. C'è amore.
Ma se mi menti, mi derubi, mi picchi, mi violenti, mi uccidi - che amore c'è? C'è solo sopraffazione, e il pensiero che la tua vita valga più della mia. E no, questo non potrei accettarlo. Perché piuttosto ho sempre pensato che la mia vita valesse meno di quella altrui, e solo ora mi penso al pari degli altri. Ma vorrei tanto che tutti lo fossimo sul serio.
Al poliziotto che m'ha detto che alla fine la colpa era mia perché non tenevo i soldi nascosti e la borsa stretta al corpo come fosse parte di questo, ho risposto che io non sono così e lui ancora mi ha detto "male, bisogna sempre sospettare di tutti". No, io non voglio vivere così, e ringrazio chi oggi vedendomi piangere m'ha abbracciato, sostenuto, incoraggiato e sorriso, incluso il barista africano del locale in cui ora sto bevendo una birra, che s'è preso uno stacco dal lavoro per parlare con me e tenermi per mano in questo momento... L'umanità può essere orrenda, ma anche meravigliosa.


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