Hanno creato una crisi mondiale per colpire le sovranità nazionali e privatizzare i beni comuni, figuriamoci se si fermano davanti ad un referendum.
Lo scorso giugno, attraverso il referendum, il popolo ha deciso che l'acqua è un bene comune e quindi deve rimanere pubblica. Nonostante ciò la legge regionale lombarda (votata il 22 dicembre 2010) che abolisce gli ATO delegando le competenze alle province, non più ai comuni, non viene modificata.
I nuovi organismi provinciali in materia di servizi idrici, sono formati solamente da un Consiglio di Amministrazione. Gli Uffici d’ambito sostituiscono le vecchie Autorità d’ambito (A.ATO), formate invece dai sindaci di tutti i comuni del territorio provinciale. Le competenze e le decisioni in materia di servizi idrici (investimenti da realizzare, tariffe, modalità di affidamento delle gestioni, ecc) vengono passate tout court dai sindaci alle province, espropriando di fatto i comuni dalla possibilità di decidere sui destini di un bene primario qual è l’acqua.
Si ricorda che i Comitati acqua della Lombardia avevano fortemente contestato la legge regionale, approvata dalla sola maggioranza del Consiglio Regionale.
Ed ecco cosa succede ad esempio a Cremona. Il 14 dicembre si è riunito il Consiglio di Amministrazione dell'Ufficio d'Ambito che ha ribaltato la votazione unanime dei sindaci del 12 dicembre che chiedevano la revoca del il Piano d'Ambito. Il Piano prevede, tra le altre cose, la privatizzazione del servizio idrico e la remunerazione del capitale investito nella tariffa. Lo stesso Comune di Cremona, in un primo tempo favorevole, si è lasciato convincere per l'astensione. Il comitato cremonese dichiara "Ci pare insomma che il progetto di privatizzazione, disegnato dal Presidente della Provincia Salini, stia subendo una drammatica accelerazione, nonostante la resistenza di moltissimi sindaci che si sono apertamente schierati contro questo esproprio del bene comune per eccellenza, in spregio ad ogni regola democratica."
Il comitato regionale sta ancora lavorando per convincere la Regione a modificare la legge restituendo ai comuni la sovranità sull'acqua. Anche i comitati provinciali si stanno muovendo. Di seguito il comunicato stampa di quello di Varese.
C’è una sola forma di gestione che rispetta l’esito dei referendum del 12 e 13 giugno: la creazione di un ente di diritto pubblico che faccia piazza pulita delle S.p.A. e blocchi qualsiasi tentazione di privatizzazione dell’acqua. Il Comitato Provinciale Acqua Bene Comune di Varese lo ripete da tempo e oggi anche i comuni hanno capito l’importanza di una scelta netta in favore del pubblico. L’occasione per affrontare la questione è stata a Conferenza dei Comuni tenutasi a Varese lo scorso 7 dicembre, in cui i comuni della provincia hanno avviato il percorso di affidamento al “gestore unico” previsto dalla legge lombarda.
L’incontro con il Presidente Galli, che ha raggiunto la rappresentanza del Comitato Acqua Bene Comune prima dell’inizio della conferenza, è stata l’occasione per chiedere alla Provincia un impegno politico preciso per il rispetto del referendum che non si limiti a escludere la messa in gara ai privati, ma anche la creazione di un’azienda speciale che garantisca una gestione del servizio idrico trasparente e partecipata dai cittadini.
Un segnale ribadito in sede ufficiale dai Comuni di Saronno e Caronno Pertusella, che hanno messo sul tavolo la questione della forma di gestione e hanno proposto, in linea con lo spirito del referendum del 12 e 13 giugno, l’abbandono dell’ambigua formula delle S.p.A. a totale capitale pubblico e la creazione di un ente di diritto pubblico a cui affidare il servizio idrico integrato. Ci aspettiamo adesso che tutte le amministrazioni della Provincia di Varese, consapevoli del loro ruolo di custodi del voto referendario e della loro responsabilità nel darne applicazione sul territorio, mettano in agenda la discussione sulla forma di gestione coinvolgendo i cittadini che hanno a cuore la tutela del bene comune acqua. Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.
Il comitato regionale per l'acqua pubblica sarà ricevuto dalla commissione consiliare dopo il 9 gennaio in merito alla vertenza che hanno presentato. Le richieste di modifica della legge regionale tenderanno ad escludere l'acqua dai servizi a rilevanza economica e ad abolire gli uffici d'ambito ma l'intervento dell'assessore Raimondi durante l’ultima seduta di Consiglio lascia poco spazio alle trattative. Di seguito una breve sintesi dell'intervento.
In merito all’esito referendario: “Gli esiti del referendum riguardano l’individuazione dei soggetti gestori, la scadenza degli affidamenti dei servizi e il metodo di determinazione delle tariffe. I referendum hanno, cioè, colpito la normativa nazionale. E la legge regionale non cambia, perché richiama per quelle materie la normativa residuale.
Successivamente all’abrogazione del famigerato 23-bis, infatti, cioè la parte del Decreto Ronchi, le autorità devono attenersi alla normativa europea vigente e alle disposizioni che lo Stato provvederà a emanare, dal momento che la materia non è di competenza legislativa regionale, bensì statale. Non sussistono a questo proposito incertezze interpretative e non è necessario né richiesto un intervento regionale neppure a livello di indirizzo. Si dovrebbe provvedere a modificare la legge soltanto se questa venisse modificata in qualche sua parte di pertinenza regionale. Questo non è accaduto, di conseguenza la necessità non sussiste.
In merito invece alla sentenza della Corte Costituzionale: "Per quanto riguarda, infine, la sentenza della Corte costituzionale del 25 novembre 2011, che ha dichiarato illegittimi i commi 2 e 4 dell’articolo 49 e con essi la previsione di costituzione di società patrimoniali, voglio ricordare solo che la sentenza attiene solo alla costituzione e all’attività delle società patrimoniali, la cui istituzione veniva già consentita dalla legge regionale numero 26 del 2003 senza che ciò fosse mai stato messo in discussione negli anni passati. Tale possibilità, fra l’altro, era una mera facoltà in capo agli Enti competenti, ovvero uno strumento aggiuntivo loro consentito.
La questione riguarda, oggi, un numero ristretto di Uffici d’ambito, Cremona, Milano Provincia e Pavia. Per queste ragioni le censure della Corte non determinano conseguenze sostanziali sulla legge regionale numero 21 del 2010. Le società patrimoniali esistenti rimangono, anche se con maggiori limiti operativi. I soggetti che le hanno costituite decideranno in merito al loro mantenimento. Per gli altri soggetti la possibilità di scegliere molto semplicemente - ahimè - non c’è più. E questo - l’ho scritto e lo ribadisco - è un indirizzo che va contro la gestione pubblica e la valorizzazione pubblica delle reti, non va a favore. La nostra legge non era una legge di liberalizzazione del servizio idrico, anzi.
Non sono necessari, peraltro, nemmeno indirizzi generali. I tre Uffici d’ambito interessati alle patrimoniali saranno supportati dagli Uffici regionali, come di norma, nella gestione del passaggio al sistema nazionale, sempre qualora gli stessi lo ritengano necessario.”