Lo so che da un blog di fotografia ci si aspetterebbe una riflessione sul World Press Photo o giù di lì, ma io... questo non è il solito blog e scrivere forzatamente in uno spazio che porta il mio nome e cognome non mi viene bene.
I know that from a photo blog you would expect a reflection on the World Press Photo and the like, but ... this is not a usual blog and I'm not good to write something forced into a space that bears my name.Detto ciò: l'altro giorno ero nella vasca e mi è venuta in mente Marina Abramović, forse perchè avevo una lametta in mano e si sa che la signora con le cose taglienti ha un certo feeling. Pensavo a lei e alla sua - discussissima - performance al Moma: " The Artist is Present". Lei se ne stava lì a fissare le persone che volevano fissarla, in poche, irriverenti, parole.
Certo la Abramović è arrivata a un punto della sua carriera in cui può permetterselo, però... devi avere veramente un'incrollabile stima di te stesso per poter dichiarare: "L'opera d'arte sono io!".
Ecco allora cosa c'entra la fotografia: il fotografo si pone davanti alla realtà e la propone poi agli altri per come l'ha vista. Quindi in ogni caso presenta qualcosa; a me piace pensare che sia una riflessione, anche su se stesso, ma non se stesso tout court! In questo senso scrivo di "timidezza", nel senso di quel "pudore" antico, che avevano gli artisti di bottega, secondo cui vede la luce solo il risultato finale e tutto ciò che c'è prima, anche e soprattutto il suo creatore, resta dietro le quinte. Questo è uno degli aspetti che mi piace di più della fotografia e sto pensando che potrei iniziare una sorta di "rubrica" anche se il termine non mi piace molto) sulle ragioni per cui la amo e continuo a osservarla, nei suoi vari movimenti.
Certainly Abramović has reached a point in her career where she can afford it, but ... you must have a really unshakable consideration of yourself to declare: "The artwork is me!".
And here the photography comes: the photographer poses in front of the reality and then proposes something that he saw (and how he saw it) to other people. So in any case he presents something; I like to think it's a reflection, also about himself, but not himself outright! In this sense I write of "timidity" in the sense of that ancient "modesty", belonged to the atelier artists. For them only the final result can see the light, and all that is before, not least and especially its creator, remains behind the scenes. This is one of the aspects that I most like of photography and I'm thinking I might start a sort of "column" (although I do not like the term very much) on the reasons why I love it and I continue to observe it, in its various movements.