i commenti di alex al post precedente sulla “patria” mi hanno fatto venire voglia di farci su un posticino.
vediamo un po’ che viene, così, “spannometrico” come dicono da me in laboratorio.
sono cresciuta in una bella idea di Europa. Mi sentivo una cittadina europea. sorella, volendo, di tutti gli altri. e sognavo un’ Europa sovranazionale, che parlasse di diritti, di economia, di educazione, di salute, dei grandi temi della modernità.
la notte che crollò il muro di berlino comprai tutti i giornali e sognai di vivere un giorno in Germania, o magari in Francia, o magari in Russia, che anche la Russia è (era?) Europa.
a scuola studiavo l’internazionalismo e leggevo libri scritti da fisici intelligenti come Toraldo di Francia che diceva cose (cito a spanne, appunto):
“l’idea che un territorio possa appartenere a un popolo che ci passa sopra in un periodo storico contingente e transitorio è assurda”
e trovavo che aveva ragione da vendere.
e allora cosa ci faceva la bandiera tricolore alla mia finestra un mese fa?
ci faceva che si è più felici in Europa e nel mondo, se si è fieri del posto dal quale si proviene, e in questo momento non ne sono fiera affatto.
il nazionalismo cieco ci porta a considerare la nostra “patria” migliore di quella delle altre.
un patriottismo sano ci porta a migliorare il posto dove viviamo in modo da poterlo condividere con tutti gli altri.
per questo la mia bandiera sventolava.
e per questo sventolerà ancora, il 25 di Aprile.