Immagino che si noti abbastanza la mia simpatia per lo scrittore statunitense Raymond Carver, vero? Nel mio delirio mi sono anche permesso di pubblicare per non so quante settimane “Come scrivere un racconto”. Lì vivisezionavo (o meglio: ci provavo) “La casa di Chef”, presente in “Cattedrale”. Spiegavo (a me soprattutto), come leggere una storia, e come ricavare da lì indicazioni utili su come scrivere in maniera efficace. Però…
Gente che ci prova
Però Carver per me è stato fondamentale perché mi ha insegnato a osservare la realtà con occhi differenti. All’improvviso ho capito che avevo sbagliato tutto, e che dovevo ricominciare da zero, o quasi.
Tuttavia, perché proprio lui? Per quale motivo la lettura dei suoi racconti è stata rivelatrice mentre Tolstoj, o Flannery O’Connor, no? Che cosa ho scovato nei suoi racconti che non c’era (o che non scorgevo) nelle opere di altri autori? Diavolo, che domandone! E mi tocca pure rispondere.
Probabilmente questo scrittore statunitense aveva la chiave per sbloccare la porta (la mia porta) per condurmi all’interno della mia narrazione. Le sue sono storie minime: non si tratta mai di uomini o donne che discutono dei grandi interrogativi, come faceva Dostoevskij. Né si domandano quale sia il senso della vita, come Tolstoj.
Ci provano. Però c’era anche dell’altro.
Quando cominciai a leggere il primo racconto di “Cattedrale” (dal titolo “Penne”) mi trovai di fronte a questo:
“Questo mio collega di lavoro, Bud, una volta ha invitato me e Fran a cena. Io non conoscevo sua moglie e lui non conosceva Fran. Così eravamo pari.”
Eccetera eccetera.
Non mi mancava solo uno sguardo; il mio problema, temo, era anche la lingua. Non ne avevo davvero una che mi permettesse di raggiungere l’efficacia. Ed ecco che all’improvviso mi trovavo di fronte quello di cui avevo bisogno. Una lingua sobria e proprio per questo potente. Sono sciocchezze quelle che si leggono a proposito del minimalismo di Carver, e infatti pure a lui questa definizione non andava a genio.
La sua lingua (grazie al traduttore Riccardo Duranti) era quello che cercavo. Che mi mancava.