Sono un’estremista moderata: la carne non mi è mai piaciuta tanto e così tre mesi fa ho deciso di varcare la soglia e diventare vegetariana, con spiccate tendenze vegane in ambito alimentare.
Scelta dettata da motivi per lo più salutistici, per evitare PH sballati nel metabolismo; il discorso animalista me lo tenevo in una piccolissima regione del cervello, sebbene io fossi in linea teorica contraria alle torture contro gli animali.
Questo libro della Hack però non ti permette di non pensare ai nostri conviventi terrestri.
Lei è vegetariana dalla nascita (non vegana, da quel che capisco) perché i suoi genitori appartenevano alla teosofia, ed è sempre stata un’amante degli animali, gattara dichiarata.
I libro inizia con l’elenco di alcune frasi di famosi esponenti vegetariani: Einstein, Bernard Shaw, Shelley, Veronesi, Seneca, Leonardo da Vinci.
Poi passa a parlare delle sofferenze inferte agli animali. Non è un testo scientifico, lo dico soprattutto per la passione che ci mette in certe frasi. Ma ti fa pensare.
Per esempio, non me ne ero resa conto, ma un animale che va verso il macello, terrorizzato dall’odore di sangue e dalle grida di morte, sviluppa tossine. Anche noi sviluppiamo tossine quando siamo spaventati. Ma una cosa è svilupparle noi e smaltirle dopo una bella risata, un’altra è mangiare quelle di un animale morto con le tossine in corpo (e con tutti gli antibiotici che ha ingollato nella sua vita, che ci rendono refrattari all’azione degli antibiotici stessi).
Certe parti le ho saltate.
Così come mi metto a piangere quando, nel film, muore King Kong o il cane di “Io sono leggenda”, allo stesso modo non posso leggere di animali maltrattati, sgozzati, buttati dalle torri, infilzati con le spade, accecati con medicinali e compagnia bella.
Ok: qualche eccezione per i dolci con le creme (uova e latte) posso farla, soprattutto se sono a mangiar fuori, ma di carne non voglio saperne.