A distanza di alcuni giorni dalla messa in onda da parte delle Iene dell’intervista shock a Sara la commessa del negozio di Roma della catena commerciale di abbigliamento intimo Tezenis che ha poi provocato una rivolta di quelli che sono chiamati “il popolo della rete”, rivolta che ha costretto alla chiusura dell’attività commerciale e ha avuto come conseguenza la rimozione della responsabile del punto vendita, vorrei condividere con voi alcune considerazioni. Sara nella puntata delle Iene ha denunciato soprusi fisici e morali da parte della responsabile del punto vendita che pare la volesse costringere a firmare una lettera di dimissioni. Mi domando come questa storia sia stata portata in televisione in televisione e sul web e anche se sia stato dato sufficiente spazio al diritto di difesa della parte accusata. Abbiamo dalla fine del 1970 uno statuto dei lavoratori che è tra i più garantisti al mondo. Si è detto che questa ragazza ha avuto coraggio, lo stesso coraggio avrebbe tranquillamente potuto dimostrarlo in un’aula di tribunale. Il giornalista attore che ha intervistato Sara per le iene ha parlato di lungaggini burocratiche e della giustizia, diffondendo notizie non corrette e ignorando palesemente che il nostro ordinamento giudiziario prevede un rito abbreviato del processo del lavoro, che ha dei termini molto precisi e stringenti e consente la tutela dei diritti dei lavoratori dipendenti e un reintegro in tempi assai rapidi. Io credo nel web e nella democrazia del web, ma proprio perché ci credo e ci credo fermamente, ritengo che debbano esserci dei punti fermi che non dovrebbero essere oltrepassati e che dovrebbero essere rispettati. Non c’è un contraddittorio, non c’è un diritto di difesa in una gogna mediatica e non c’è nessuna differenza se questa gogna mediatica avviene sulle televisioni o sul web. Mi dispiace ma proprio perché credo fermamente e con trasparenza nella giustizia, ritengo che tutti abbiano diritto alla difesa rispetto all’accusa di un altro cittadino. Il diritto alla difesa è un diritto garantito dalla nostra Costituzione , lo ricordo sempre a coloro che applaudono ai processi mediatici e contemporaneamente vorrebbero essere i paladini della nostra costituzione. Le Iene si sono prese la grande responsabilità di mettere in onda l’intervista della commessa che ha affermato di essere stata oltraggiata e picchiata e conseguentemente sis sono prese la responsabilità anche di tutto quello che è successo online sui social network. L’interesse di una trasmissione televisiva è differente e altro da quello di fare o ristabilire giustizia, come diversamente viene fatto in un’aula di tribunale. L’interesse prioritario per una trasmissione televisiva è fare audience. La responsabilità di quello che è successivamente successo l’ondata emotiva il sit in davanti al punto vendita è da ricondurre al programma televisivo delle Iene e alla decisione di mettere in onda questa intervista. Seguirà un processo penale e un processo del lavoro in cui la responsabile del punto vendita avrà modo di esplicare il proprio diritto di difesa e vedremo gli esiti di questi processi in sede giudiziaria. Ho poi sentito commenti assurdi dei ragazzi che hanno partecipato ai sit in organizzati in rete e manifestavano la loro preoccupazione nel doversi affacciare ad un mondo del lavoro con le prospettive di ricevere trattamenti simili a quello di Sara. Anche qui disinformazione e confusione regnano sovrane, perché per fortuna nel mondo del lavoro queste sono situazioni e casi estremi. Intanto la condanna della gogna mediatica è già arrivata nei confronti della diretta interessata e gli effetti negativi hanno in parte toccato anche Calzedonia responsabile del marchio Tezenis, anche se l’azienda pur attendendo l’esito dei procedimenti giudiziari nei confronti della responsabile del punto vendita ha già provveduto a rimuoverla e a ripulire la propria immagine da questo incidente mediatico. In definitiva al momento siamo davanti alla parola di qualcuno contro un altro sbattuta in televisione e in rete senza nessun contraddittorio. E’ una condanna mediatica senza diritto di difesa e di replica e senza appello. Credo nella democrazia e nella democrazia del web, ma proprio per questo mi auguro di non vedere mai più un processo mediatico.
Barbara Barbieri, 19 aprile 2011