Sono le 8.00 di un venerdì mattina; il cielo è grigio e tende a pioggia. Saliamo sul tuk tuk con la lavagna e il resto del materiale da usare durante l’incontro con le donne di Uwezo che, come ogni due settimane, ci aspettano per fare il punto della situazione sugli accordi presi e proseguire secondo il piano di attività. Arriviamo al luogo di ritrovo – la tettoia di Madame Janet, e la troviamo già al lavoro. Per terra è poggiata una grossa bacinella rosa piena di tranci di pesce e tentacoli di calamaro, lasciati marinare in una curiosa salsa di spezie. L’olio in pentola sfrigola, e la tettoia è piena di uno spesso fumo che si alza dal fuoco seguendo la direzione del vento. Chiedo il permesso di fare foto; la scena è talmente pittoresca che non posso lasciarmela sfuggire, ma come mi avvicino, le narici e la gola si irritano e non riesco fare a meno di tossire.
Non credo si tratti di un caso, ma piuttosto la normale quotidianità di Janet! Nel corso degli ultimi incontri realizzati con tre diversi gruppi di mama karanga, il problema delle malattie respiratorie causate dall’inalazione dei fumi di combustione ci è stato presentato come prioritario. Ripenso ai numerosi modelli di fornelli migliorati che ho visto sul mercato in vari Paesi africani; anche il Kenya ne ha prodotti di buoni, ma come spesso succede, l’accesso a questo tipo di attrezzature è limitato dalla disponibilità di fondi, e al momento posso solo prevederle per un futuro intervento di Cast in loco.
Abraham chiama la mia attenzione; le nostre donne sono arrivate e l’incontro sta iniziando. Ci stiamo organizzando per aprire una pescheria nel pieno rispetto di standard igienici e di sicurezza del prodotto alimentare. A Kilifi, i negozi di pesce non mancano, ma solitamente io li evito perché il pesce è congelato senza essere lavato, né sviscerato. Le mama karanga, al contrario, in questo periodo dell’anno, sono spesso costrette a rivolgersi ai negozianti. Le “porte” d’accesso al mare sono chiuse, ci raccontano, e i pescatori sono confinati da onde invalicabili all’interno della barriera corallina, dove le risorse ittiche sono sotto pressione da tempo.
L’apertura di un negozio di pesce gestito da un gruppo di donne è un’idea stata pensata per aiutare le stesse mama karanga a accedere a pesce di qualità tutti i giorni, nelle quantità desiderate, evitando lunghe attese ai punti di attracco, e riducendo il rischio di diventare vittime della pratica nota come sex for fish (sesso in cambio di pesce) che l’inchiesta appena conclusa ha rivelato essere presente anche sulla costa della Contea di Kilifi.
Le donne ci fanno capire di avere chiare idee su dove andare a comprare pesce in quantità; sembrano pronte a iniziare e determinate a fare le cose per bene. E’ il nostro turno di prendere la parola: comunichiamo loro che abbiamo finalmente identificato un tecnologo alimentare, esperto di filiera ittica. Il prossimo sabato realizzerà una valutazione dello stato della struttura identificata dal gruppo per l’apertura della pescheria, e seguendo le sue indicazioni potremo partire con la messa a norma.
Janet ha finito di friggere il pesce; l’aspetto è irresistibile. Non faccio a tempo a chiedere il prezzo che il tuk tuk è già arrivato … mi accontenterò di una tazza di thè allo zenzero in ufficio.
Sara Crippa
Capoprogetto del Mama karanga – Kenya
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