Il Primo Crostone d’oro, il premio della Onlus Peter Pan contro la pedofilia, andrà al cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, secondo quanto annunciato dal presidente Mario Campanella.
«Sua Eminenza», ha detto, «ha dato grande impulso all’azione di pulizia avviata all’interno della Chiesa contro i marginali ma sempre preoccupanti casi di sacerdoti pedofili sulla scia di quanto già fatto, ai tempi in cui era Presidente della Congregazione per la dottrina e la fede, da Sua Santità Benedetto XVI». «Mons Bagnasco», ha proseguito il presidente della Onlus Peter Pan, «è l’iconoclastica rappresentazione di una Chiesa che, nella sobrietà e nel silenzio, agisce per riaffermare i principi dell’amore universale che sono condivisi anche dal mondo laico».
In tutto il mondo c’è stata una buona reazione (si veda, ad esempio la situazione in Germania, oppure quella in Australia) ad un gravissimo problema purtroppo a lungo sottovalutato all’interno della Chiesa, così come da tutta la società civile e da tutte le altre istituzioni, laiche o religiose, a contatto con minori. Tuttavia, in Francia è uscito un libro di Bernard Lecomte in cui si mostra come fin dal 1988 il futuro papa Benedetto XVI, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, fosse preoccupato della “irresponsabilità generale” nella Curia, invocando ”una più rapida e più semplice” soluzione per trattare i casi di preti pedofili.
I preti in Italia sono circa 39.000, quelli condannati per molestie ai minori negli ultimi 50 anni sono 17, più altri 10 in attesa di giudizio. Anche considerando quei 10 sacerdoti colpevoli, 30 su 39.000 è circa lo 0,07%. Questa la percentuale di sacerdoti italiani condannati per pedofilia in 50 anni, mentre nella società civile esistono invece 21 mila casi di pedofilia ogni anno. Gli insegnanti condannati per pedofilia negli ultimi 50 anni, ad esempio, sono 46.200, dunque su 800 mila insegnanti il 3% è stato condannato (dati Censis, elaborati dal prof. V. Mastronardi). Tirando delle somme approssimative si può stabilire che esiste una probabilità di incontrare un insegnante pedofilo 10 volte superiore a quella di trovare un sacerdote pedofilo.
In America il maggiore studio americano sul tema della pedofilia è quello condotto nel 2006 dal John Jay College della City University of New York, la più prestigiosa istituzione accademica americana nel campo della criminologia. Negli ultimi cinquant’anni i preti condannati per molestie su minori sono stati 105, dunque lo 0,2%. Un’indagine svolta nel 2004, sempre dal Jay College of Criminal Justice, ha stabilito invece una cifra leggermente differente: circa lo 0,33% del totale dei presbiteri statunitensi attivi negli anni 1950-2002. La stessa percentuale colpisce i religiosi e i pastori di altre religioni che sono sposati perché non è richiesta loro la castità: quindi è una bufala credere che il celibato favorisca la pedofilia.
In molti hanno usato le vittime dei preti pedofili per aggredire la Chiesa, dipingendola come un ambiente dominato dagli abusi sessuali, non a caso Marco Politi e altri noti laicisti anticlericali non hanno voluto riportare la notizia del premio conferito alla CEI. Ma perché allora soltanto gli scandali all’interno della Chiesa cattolica fanno tanto rumore? La risposta l’ha fornita egregiamente Vittorio Messori sul Corriere della Sera, quando ha affermato: «solo la Chiesa cattolica sembra fare notizia. Ma a ben pensarci, un simile “privilegio“ non dovrebbe dispiacere a un credente. Chi si sdegna per la malefatte di un prete, più che per quelle di chiunque altro, è perché lo lega a un ideale eccelso che è stato tradito. Chi considera più gravi le colpe “romane“, rispetto a ogni altra, è perché vengono da una Chiesa da cui ben altro si aspettava. Molte invettive anticlericali sono in realtà proteste deluse. E’ scomodo, per i cattolici, che il bersaglio privilegiato sia sempre e solo “il Vaticano“. Ma chi denuncia indignato le bassezze, è perché misura l’altezza del messaggio che da lì viene annunciato al mondo e che, credenti o no che si sia, non si vorrebbe infangato».