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Philip Roth e Lo scrittore fantasma | di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Creato il 27 aprile 2012 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Philip Roth e Lo scrittore fantasma

di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Philp Roth - Lo scrittore fantasma

Philp Roth - Lo scrittore fantasma

Philip Roth è nato a Newark (New Jersey) nel 1933. Il romanzo che l’ha fatto conoscere al grande pubblico è stato Lamento di Portnoy. Grazie alla sua penna magistrale, P. Roth si è aggiudicato nel corso degli anni i più importanti e prestigiosi premi letterari americani: il National Book Critics Award nel 1991 per Patrimony; Il PEN/Faulkner Award nel 1993 per Operazione Shylock; il National Book Award nel 1995 per Il Teatro di Sabbath; il Pulitzer nel 1998 per Pastorale americana, prima parte di un’ideale trilogia sull’America del dopoguerra, proseguita con Ho sposato un comunista e conclusa con La macchia umana. Molti dei suoi lavori sono disponibili nel catalogo Einaudi nella collana tascabili.
«Vivo da solo, non c’è nessuno di cui io sia responsabile, a cui debba rispondere di quello che faccio o con cui debba passare il tempo. Decido io i miei orari. Di solito scrivo tutto il giorno, ma se voglio tornare nel mio studio la sera, dopo cena, posso farlo: non sono costretto a star seduto in salotto perché qualcun altro ha passato la giornata da solo. Non devo star seduto a far conversazione cercando di essere brillante. Se mi sveglio alle due di notte e mi viene in mente un’idea, accendo la luce e scrivo in camera da letto. Lavoro, sono sempre reperibile. Sono come un dottore di un reparto di medicina d’urgenza. E sono anche il caso urgente». (Philip Roth, una dichiarazione rilasciata al New Yorker l’8 maggio 2000)

The ghost writer è un romanzo che mescola realtà e finzione, dove quest’ultima è talmente perfetta che finisce col confondersi con la realtà: è difficile, se non impossibile, stabilire dove realtà e finzione abbiano inizio e fine, par quasi di trovarsi di fronte ad una “realtà nuova”, forse più reale di quella quotidiana. Lo stile narrativo di Philip Roth è sempre lucido, mai sconveniente o arzigogolato; le sue storie prendono spunto dalla quotidianità e si evolvono in una quotidianità alternativa, ma non per questo meno credibile. Anzi!
Un alto esempio di come P. Roth sia capace di manipolare la realtà è rappresentato dal romanzo, The ghost writer. La vita di uno stimato scrittore è sconvolta dall’arrivo di un ammiratore che, quasi per caso, scopre il più grande segreto della letteratura moderna. In una casa isolata sulle colline innevate del New England, lo stimato scrittore, Lonoff, e il suo giovane ammiratore, Zuckerman, discutono insieme di letteratura: ma tra di loro c’è la presenza misteriosa di una ragazza, una ragazza che il pubblico crede morta nell’Olocausto. Una sera di dicembre del 1956, sulla soglia di casa di Emanuel Isidore Lonoff appare un giovane scrittore di belle speranze, Nathan Zuckerman; Lonoff vive in quasi totale reclusione sulle colline del New England leggendo e scrivendo e guarda anche fioccare la neve insieme alla moglie Hope e ad una misteriosa ragazza, Amy Bellette. Lonoff ospita Zuckerman, ma la presenza di Amy incuriosisce quest’ultimo: chi è in realtà la rediviva dell’Olocausto? Zuckerman cerca indarno di far quadrare la vita apparentemente monacale di Lonoff, la propria turbolenza, l’ebraismo, i problemi con la propria famiglia, e l’ipotesi suggestiva che Anna Frank, autrice del Diario più famoso del mondo, non sia morta in un campo di concentramento durante la guerra. Ma Amy è davvero la Frank più famosa del mondo e creduta morta? E se sì, perché è l’amante di Lonoff? O è solo apparenza?

Lo scrittore fantasma è stato pubblicato per la prima volta nel 1979: è ormai un classico, il primo tassello di un ciclo che ne comprende altri sette, tra cui val la pena di ricordare i recenti Pastorale americana e La macchia umana. Con i suoi romanzi, Philip Roth ha tratteggiato il panorama americano con tutte le sue contraddizioni sociali e artistiche mettendone in evidenza i “fantasmi nascosti” (o invisibili).
Il personaggio di Zuckerman, ventitreenne invaso dal fuoco sacro per la scrittura, non incontra in Lonoff soltanto una figura idealmente paterna, un modello a cui poter far riferimento per costruire la propria immagine, ma anche, e soprattutto, un Lonoff che è il “fantasma dello scrittore”, quel fantasma che finirà con il contaminare la coscienza stessa di Zuckerman. Un grande romanzo che investiga con magistralità nelle ragioni e nelle cause che fanno di uno scrittore un artista (o un fantasma), ma anche nell’ebraismo e nei problemi ad esso correlati.
Lo scrittore fantasma include una certa spregiudicatezza umana, quella di Faulkner e di Hemingway: è opera fondamentale per comprendere l’arte, la fiction e più in generale per tentare di vedere con chiarezza dentro noi stessi, dentro un “Io” che spesse volte è solo il fantasma del nostra reale identità. Tuttavia non è detto che “Noi” si abbia un Io! Lo scrittore fantasma è forse la negazione dell’Io? In un certo senso, sì. Ma è anche molto di più. Molto di più.

Lo scrittore fantasma – Philip Roth – Traduzione di Vincenzo Mantovani – Einaudi – Collana: Einaudi tascabili – pp. 146 – € 9,50

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