La commemorazione della strage di Piazza Fontana è il pretesto per una ciclica riproposizione della “pista anarchica” da parte dei media. Due anni e mezzo fa il libro di Paolo Cucchiarelli sulla strage del 12 dicembre 1969 costituì l’occasione per una campagna mediatica tesa a riproporre la responsabilità di Valpreda e Pinelli. Da sottolineare che il libro di Cucchiarelli si serviva soprattutto di fonti del SISDE e della NATO.[1]
Se si inquadra la strage di Piazza Fontana nell’ambito della psywar della NATO, e la si individua come un tipico attentato “false flag”, questa insistenza mediatica a distanza di decenni sulla matrice anarchica risulta del tutto ovvia, poiché serve ad accreditare anche gli attuali attentati “false flag”. Un interessante documentario del 2010, prodotto dalla BBC, a proposito della guerra psicologica e degli attentati con falsa attribuzione, propone forse un 10% della verità, ma risulta sufficiente per farsi un’idea sulla vastità ed importanza di questo aspetto della psywar nell’assetto di potere militare e finanziario che fa capo alla NATO.[2]
Ma ci sono anche fonti più dirette per acquisire informazioni sul ruolo della psywar. Nel numero del 29 luglio 2010 della pubblicazione ufficiale del servizio segreto interno, l’ex SISDE ed oggi AISI, cioè la rivista “Gnosis”, si trova un interessante articolo di Marco Giaconi sul ruolo della psywar nella “governance” dell’economia occidentale. Marco Giaconi è il direttore di ricerca del Centro Militare di Studi Strategici di Roma, ente autonomo del Ministero della Difesa.[3]
Il titolo dell’articolo di Giaconi è “Il mercato come luogo di confronto: l’intelligence economica dalle strategie di difesa alle tattiche di attacco”. Vi si sostiene che: “La funzione di base dell’intelligence economica – in senso ampio – è stata ed è la protezione dei sistemi produttivi e delle potenzialità di competizione dei settori commerciali/finanziari di ogni Paese.”
Ma il discorso dell’articolista si fa immediatamente più esplicito: “Ai nostri giorni, in epoca di globalizzazione delle informazioni, non si può ignorare uno specifico ruolo più attivo – precipuo dell’aspetto dell’intelligence – a tutela della propria governance economico-finanziaria e dell’intero sistema Paese: una sorta di economic warfare o di psywar geoeconomica estremamente attenta a costruire percorsi di solidità sulle piazze mondiali del mercato.”.
Chi desidera una confessione più completa di questa, se la vada a cercare nei telefilm di Perry Mason. Che i servizi segreti parlino tra loro di psywar senza più preoccupazioni di riservatezza, non ha nulla di strano, dato che nell’epoca di internet la segretezza sarebbe un’illusione, e persino la legislazione sul Segreto di Stato svolge una mera funzione di garanzia d’impunità nei confronti delle inchieste giudiziarie. Tanto c’è il controllo della potenza mediatica ad impedire che queste informazioni possano fare opinione pubblica.
Quindi, se da parte dei servizi segreti NATO si teorizza esplicitamente la necessità della psywar come strumento di governance economica, non c’è neppure niente di strano nel fatto che la grande lotta operaia dell’autunno del 1969 sia stata stroncata con un attentato “false flag” attribuito ad una scheggia impazzita della sinistra. Sarebbe stato strano il contrario.
C’è da osservare che anche il megadirettore di Agenzia delle Entrate ed Equitalia, Attilio Befera, scrive sulla rivista dell’AISI, e questo può suggerire qualcosa circa gli attentati di “matrice anarchica” subiti di recente da Equitalia, visto che proprio “Gnosis” ci fa sapere che la psywar è uno strumento di “governance” economica.[4]
Quando si tratti di stragi però si va ben oltre la competenza dei servizi segreti nostrani, che possono al massimo occuparsi delle operazioni di copertura e depistaggio; in quanto, per i veri e propri atti di guerra, le decisioni possono essere prese solo a livello degli alti comandi NATO. Bisognerebbe perciò correggere la formula “strage di Stato”, in “strage di NATO”.
Le tesi sulla psywar economica esposte da “Gnosis” sono infatti del tutto inquadrate nella funzione storica dell’Alleanza Atlantica, dato che la “governance” economica fa parte dei compiti istituzionali della NATO sin dalla sua fondazione, ed a riguardo vi sono vari organi dell’alleanza che svolgono specifici incarichi. Uno di questi è il “Committee on Economic and Security”, che si occupa di integrazione tra le economie degli alleati, quindi di interventi diretti della NATO nelle questioni economiche dei vari Paesi.
L’articolo 2 del Trattato Nord Atlantico, infatti afferma chiaramente che i paesi membri “cercheranno di eliminare ogni contrasto nelle loro politiche economiche internazionali e incoraggeranno la cooperazione economica tra alcuni o tutti loro.”
Ce ne parlano i documenti reperibili sui siti della stessa NATO, da cui risulta che l’Alleanza Atlantica ha tra i suoi scopi quello di agire in concerto con le altre organizzazioni internazionali: FMI, WTO, OCSE, Banca Mondiale, UE, istituzioni che costituiscono un’orchestra con un unico direttore. La NATO, appunto.[5]
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