Il parco della Versiliana rimane l’unica memoria storico-ambientale della millenaria foresta costiera che si estendeva tra le zone paludose del Cinquale e quelle del Motrone. La sua funzione era stata quella di impedire alle correnti paludose e all’aria malsana di raggiungere l’entroterra, zona fertile e rinomata per la produzione di olio e vino. Per questo fin dal‘300 sono in vigore pene per chi avesse tagliato gli alberi, tipicamente lecci e querce, che vi albergavano. A metà del 1500 tuttavia, per un debito contratto tra la comunità di Pietrasanta e gli eredi di uno dei quattro deputati alla conservazione della “macchia” fu autorizzato il taglio e la vendita di parte delle piante, dai quali furono ricavati mille scudi d’oro. Aperta la breccia si avverarono gli incubi delle popolazioni. La malaria si diffuse, costringendo molte persone a rifugiarsi sulla montagna.
Il tentativo del Granduca Ferdinando II di favorire il rimboschimento della zona (1649) fu inutile. Nel ‘700 e nell‘800 si completa l’abbattimento della macchia, alternando concessioni per la coltivazione a opere di bonifica attraverso la costruzione di canali di scolo e la piantagione di pini marittimi come barriera frangivento.
Nel 1775 un lotto di otto poderi venne concesso alla famiglia dei conti Digerini-Nuti situato nella prossimità del Fiumetto.
Sul finire dell‘800, esattamente nel 1886, venne costruita la villa, chiamata dallo scrittore Renato Fucini “la Versiliana”.
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