Accade a volte, che le piccole cose m’imprigionino con gli invisibili fili delle loro relazioni e mi facciano perdere la visione d’insieme.
Siamo esseri dall’umore fluttuante, obbligati dalla nostra stessa natura a percorrere incessantemente il tracciato sinusoidale della percezione. Le stesse piccole cose che prima ci hanno fatto gioire, adesso ci appaiono come gusci vuoti di conchiglie; la parte vitale ce la siamo gustata quando i desideri cavalcavano la semionda positiva del desiderio, e adesso, ai nostri piedi, giacciono le spoglie delle piccole cose con cui abbiamo nutrito l’anima; alcune le calpestiamo per la fretta di arrivare non si sa bene dove, altre, incapaci di sopportare la malinconia che c’ispirano a ogni sguardo, le rigettiamo in mare.
Sotto l’asse delle ascisse, le piccole cose di ogni giorno svaniscono come fantasmi al primo raggio di luce. Siamo soli quando affondiamo nel blu profondo, nessuno può e vuole seguirci: è giusto, e così sia; viene però da chiedersi: “Ma perché mai dobbiamo permettere alle differenze di potenziale di prenderci a calci l’anima? Non dico che stabilirsi sulla luna sia un modo di stare sempre di sopra, ma alzare gli occhi al cielo ogni tanto? Siamo esseri consapevoli oltre che senzienti, avremo pure il diritto di scegliere l’umore che preferiamo!”
Mi pare di sentirli i venditori di pentole che starnazzano: «Venghino, venghino che vi tiriamo su noi; grandi offerte ai primi dieci milioni che telefonano, ogni tre Giga di minchiate ne diamo uno in omaggio… Signori miei, una mela al giorno… Non andare sotto l’asse delle ascisse, c’è il buio del peccato, la perdizione; brutto peccatore figlio di un cane, inginocchiati e prega se vuoi che ti butti il salvagente… Bada figliolo, non avventurarti mai sotto la superficie senza un fucile d’assalto: dicono che un banco di acciughe si sia ribellato ai tonni, non sia mai che dovessi incontrarle… Niente deve distrarti dall’obiettivo: lasciati dietro le spalle tutto quello che ti appesantisce. Dritto per la tua strada, affetti e sentimenti sono piccole cose che vanno bene per gli sfigati; dopo un po’, nemmeno ti ricorderai che faccia avevano…»
Quando il blu tende al nero e comincia a fare freddo sul serio, per ritrovare la visione d’insieme e tornare in superficie si può fare di meglio che andare al supermercato: basta ricordare che è il pensiero del mare a creare i marinai.
Col tempo e la perizia frutto dell’esperienza poi, si può evitare di dover toccare il fondo per risalire. Invecchiando, sani di mente s’intende, invece che accanirsi nello sforzo di cambiare segno all’impeto vitale, s’impara a sfruttare la spinta dei pensieri che liberano lo sguardo, ad affrancarci dalle piccole cose che zampettano sull’asse delle ascisse.
Un modesto slancio dell’immaginazione, e possiamo consolidare la nostra visione d’insieme da una distanza ragionevole: dalla Luna è perfetto, per chi ama l’algida signora delle maree; bella, silenziosa, riposante, abbastanza lontana ma visibile a occhio nudo.
Dalla Luna, vedo le mie piccole cose che pulsano laggiù insieme a quelle degli altri; alcune si accendono, altre brillano a intermittenza, altre ancora, fioche come candele, quando si spengono non si riaccendono più. Dalla Luna, la vita è una visione che fa bene alla mente, agisce come i probiotici sull’intestino, propizia l’evacuazione delle scorie dall’anima.
Starsene sulla Luna è piacevole, rilassante, ma confesso che le piccole cose dopo un po’ mi mancano: saranno pure banali, aleatorie come il presente che comprendi quando è già passato, ma ci sono ricordi che il tempo non è riuscito a seppellire sotto l’ineffabile coltre dell’oblio: quel cielo stellato nel deserto, la sabbia che cuoce il respiro, il mare, il vento che fa socchiudere gli occhi e volare i pensieri, il profumo dei suoi capelli, il calore del corpo che ti scalda la notte… Piccole cose che fanno luce per un po’, emanano calore finché ce n’è.
Ma guarda! Se n’è spenta una di quelle che conosco; anzi che conoscevo. Non c’è più, si è dissolta in un istanza che appare tra i volteggi di qualche immagine dimenticata e se ne va, vola via, là dove il tempo si specchia nello spazio, il non-luogo dove un giorno finiremo tutti; il non-posto, secondo alcuni, dove attenderemo il prossimo autobus per la vita.
Mentre ritorno sull’asse delle ascisse alle mie piccole cose, mi chiedo da quale universo proverrà la polvere di stelle che ridarà all’anima la materia per tornare ad accendersi.
Sia pure il nulla, se non c’è di meglio, ma che non sia per sempre; che un giorno, in un altra vita, le piccole cose tornino a brillare per ricordarmi che tutto è già stato.
Anche se Giovanni Chicco d’orzo mi ha rifornito il bar, continua a piovere.
Arvales presenta un nuovo intervento: Piccole cose sull’asse delle ascisse