Non conosco affatto il mondo editoriale, mi limito ad annusarlo. Eppure credo di aver compreso delle piccole verità che per gli addetti ai lavori saranno ovvie. Non lo sono per tutti, perciò provo a elencarle.
- Rivolgersi alle grandi case editrici è tempo perso. Se sei un esordiente, certo. Sono chiuse, blindate, assediate da una marea di postulanti. Si arriva a esse se si conosce qualcuno, oppure si è fatto qualcosa che ha attirato l’attenzione (magari della televisione). L’eccezione (c’è sempre), serve a confermare la regola.
- Il merito è una faccenda maledettamente seria, per questa ragione nel nostro Paese se ne parla poco e viene applicato ancor meno. Si crede che l’editoria sia un luogo dove si emerge grazie al talento. Questo non è indispensabile, e può essere svelato in un secondo tempo. Non di rado, non esiste affatto eppure non è un problema. Se hai gli agganci giusti, il problema sarà solo mantenerli sani e oliati, ed è un lavoraccio. Scrivere bene, creare opere di valore diventa a quel punto un dettaglio, un compito da portare a termine se avanza del tempo.
- Il lettore non è un alleato. Si crede che l’editore non capisca niente, e che il lettore, questo bislacco essere avido di libri, abbia una competenza, e un fiuto a scovare il talento, straordinari. La verità è più semplice: l’editore capisce se non tutto molto, e i lettori di solito non hanno alcun fiuto o competenza. Guardano la televisione, si cibano di letture mediocri, hanno uno scarso se non nullo senso critico.
- Dopo la prima pubblicazione, uno scrittore torna a essere un esordiente: se ha in mente un’altra storia gli toccherà rifare il medesimo percorso. E l’esito non sarà affatto scontato.
- È soprattutto una questione di denaro. Una casa editrice per prima cosa deve badare a tenere i conti in ordine; altrimenti si chiude. Licenziare dipendenti o collaboratori (e nelle piccole case editrici spesso si instaura un rapporto diretto e personale) non è una bella cosa. Investire in un autore vuol dire prendere dei soldi dal conto corrente, e appunto investirli; perciò ci devono essere delle ottime ragioni per farlo. Non sufficienti: proprio ottime.