I figli sono quella cosa che quando ce l’hai non faresti altro che stare lì a guardare cosa fanno e a sentire cosa dicono, specie se sei arrivato a un certo punto della vita in cui tutto il resto non sembra più così interessante, tantomeno te stesso. Parlo per me. A maggior ragione quando fai un lavoro poco avvincente, e già buona parte della giornata vola via in modo futile e parlarne anche dopo, magari a cena con gli amici, non ha proprio senso. Io starei tutto il tempo a osservare mia figlia, e cerco di farlo di nascosto, insomma se fossi in lei detesterei il fatto che un genitore non mi toglie gli occhi di dosso. Rubo più momenti che posso, quando per esempio la vedo allontanarsi verso l’ingresso della scuola mentre parla con le amichette. O quando le ascolta e tiene la testa nella postura da attenzione, guardando in basso, e in quel caso vorrei captare qualcosa, sapere che le frulla per il cervello. E se è vero che qualcosa di mio c’è lì dentro, diamine, non si poteva installare anche un trasmettitore su cui sintonizzarsi a proprio piacimento? Già con mia moglie avevamo fantasticato l’integrazione di webcam all’asilo nido, in barba alla privacy degli altri bambini. Ma sono certo che tutti i genitori del mondo occidentale rinuncerebbero alla riservatezza delle immagini dei loro figli pur di collegarsi a proprio piacimento e godersi tutte le porzioni di vita che, ne siamo consapevoli, andranno perdute per sempre per chi in quei momenti non è lì presente. Lo so, dovrei trattenermi, il rischio è di sembrare morboso e di apparire noioso al prossimo. In più non credo sia un rapporto sano, insomma sono realmente convinto che l’indipendenza tra gli essere viventi che sono uniti tra loro dall’affetto sia comunque costruttiva, mentre la sovraesposizione, è noto a tutti, è deleteria. Quindi mi limito a sfruttare i momenti che mi capitano. Prima di svegliarla sto lì a guardarmela un po’, poi a colazione le propongo di leggerle qualcosa, se dopo cena chiede di guardare un cartone mia moglie e io ci mettiamo con lei sul divano, giusto per stare a contatto, e anziché seguire le gesta dell’animale di turno, che tanto oramai conosco a memoria, ogni tanto faccio finta di niente e la osservo di profilo, tutta presa dalla storia, fino a quando mi coglie in flagrante e ridendo mi chiede “che c’è?”, allora rido anche io. Ma forse ha capito, tanto che mi viene in braccio e allora la stringo per fare la scorta di emozioni che consumerò, con enorme parsimonia, quando sarà grande e indipendente e avrà una vita tutta sua.
Magazine Talenti
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