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Piccoli Capezzoni crescono?

Creato il 21 marzo 2011 da Episteme

Piccoli Capezzoni crescono?

Marco Beltrandi (PD)


Durante la seduta numero 450 della Camera dei Deputati, tenutasi il 16 marzo 2011, è stata votata e respinta la Mozione 1/00580, proposta da Dario Franceschini e firmata da altri dieci deputati del Partito Democratico, che proponeva l'accorpamento dei referendum relativi al nucleare, al legittimo impedimento e alla privatizzazione dell'acqua con il primo turno della tornata elettorale di maggio, che vede coinvolte 1.310 amministrazioni comunali e 11 amministrazioni provinciali.
Secondo i firmatari dell'atto l'accorpamento avrebbe permesso all'erario di risparmiare 300 milioni di euro - una cifra enorme se si pensa ai tagli al mondo della scuola o a quello della cultura - e, motivo sottinteso ma determinante nelle motivazioni del voto in Aula, sarebbe stato uno sprone importante verso il raggiungimento del quorum.
La votazione è stata caratterizzata da molte assenze, sia tra i banchi della maggioranza che tra quelli dell'opposizione.

GruppoAssentiAssenti (%)

Futuro e Libertà per l'Italia828,57%

Gruppo Misto1254,55%

Iniziativa Responsabile724,13%

Italia dei Valori29,09%

Lega Nord Padania711,86%

Partito Democratico104,85%

Popolo della Libertà2812,28%

Unione di Centro411,32%


Il voto si è concluso con 275 pareri favorevoli, 276 contrari e nessun astenuto, provocando di un soffio la bocciatura della mozione. Se da un lato si trattava di un documento non vincolante per il Governo, è prassi che l'esecutivo tenga in debito parere il pronunciamento del Parlamento, e, in caso di approvazione, sarebbe stato un grande passo in avanti verso l'accorpamento delle scadenze elettorali.
Il fatto che ha portato la votazione agli onori della cronaca, oltre naturalmente al valore monetario coinvolto nell'operazione, è stato l'unico, determinante voto ribelle dell'Aula, quello dell'esponente radicale - eletto nelle fila del PD - Marco Beltrandi.
Accorpare le due tornate elettorali era un sotterfugio per far si che i referendum ottenessero il quorum. Io sono contrario al quorum, però finché c'è, l’abbinamento delle due date è un escamotage per raggiungerlo e ogni governo potrebbe abbinare le date per condizionare l’esito del referendum.

Con queste parole Beltrandi ha voluto motivare il proprio voto, contrario sia a quanto stabilito dal gruppo del PD, sia alla posizione espressa dagli stessi Radicali.
Un voto di principio, quindi, puramente politico e giustificato dalla stessa Costituzione che non pone vincolo di mandato ai parlamentari. Ma proprio per questa ragione le motivazioni e le scelte di Beltrandi sono a disposizione dell'elettorato, a sua volta libero di valutarle e giudicarle.
L'esponente radicale è di principio contrario al quorum nei referendum. Tuttavia, secondo la sua linea di pensiero, l'accorpamento tra amministrative e referendum sarebbe un modo sleale di favorire il raggiungimento del quorum stesso: la gente andrebbe a votare spinta alle urne dalle altre votazioni e non perché realmente desiderosa di pronunciarsi sul referendum. Favorire le manovre per il raggiungimento del quorum, inoltre significa accettarlo supinamente come parte integrante del referendum, rinunciando a metterne in discussione l'esistenza. Infine, conclude Beltrandi, il gioco degli accorpamenti potrebbe essere un'arma nelle mani del governo di turno per favorire o sfavorire l'esito della consultazione.
Il ragionamento di Beltrandi è tuttavia letteralmente zeppo di falle logiche: battersi a favore dei referendum e poi schierarsi contro un mezzo - assolutamente legale - per aumentarne le probabilità di successo solo perché quello strumento tocca un aspetto referendario che si desidera abolire di fatto è come - fatte le debite proporzioni - essere contro la moratoria sulla pena di morte perché se ne desidera l'abolizione.
Al tempo stesso non regge l'idea dell'uso strumentale delle date delle consultazioni da parte dei governi: in primo luogo è il Parlamento e non il Governo ad avere l'ultima parola in merito; secondariamente non esiste una posizione pro-referendum, una neutrale ed una contro: esiste una posizione favorevole al raggiungimento del quorum, l'accorpamento, ed una contraria, la separazione. L'uso strumentale, in un verso o nell'altro, è quindi a rigor di logica sempre presente.
Ma chi è Beltrandi? Da sempre radicale, eletto in Emilia Romagna, bolognese, classe 1969, membro della Commissione Difesa della Camera e membro della Commissione di Vigilanza RAI, di media produttività secondo Open Parlamento, si caratterizza per una percentuale del 5,45% di voti ribelli, una percentuale molto alta che lo rende il sesto membro della Camera in termini di numero assoluto di votazioni in dissenso con il proprio gruppo.
Il 9 febbraio 2010 si rese promotore del regolamento RAI sulla par condicio immediatamente fatto proprio dalla maggioranza di centrodestra che di fatto vietava - tramite una serie di condizioni quasi impossibili da soddisfare - il dibattito politico in TV nei trenta giorni immediatamente precedenti le elezioni amministrative del 2010. Il tutto, naturalmente, per motivi di scelta politica.
Finalmente sara' eliminata la licenza di arbitrio assoluto di cui i conduttori hanno goduto sino ad oggi. Le trasmissioni possono benissimo ospitare le tribune politiche, oppure possono adottare le regole delle tribune politiche, oppure occuparsi d'altro.

Per la seconda volta in due anni, quindi, Beltrandi risulta decisivo nell'appoggio al centrodestra su questioni di primaria importanza. Piccoli Capezzoni crescono?

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