Es ist soweit (eccoci, insomma). È giunto il momento di passare dall’altra parte della barricata e mostrare come funziona l’idiozia speculare qui in Alto Adige/Südtirol quando il discorso pubblico si coagula intorno a temi “sensibili” (e la toponomastica è uno di questi temi). L’occasione è data da una lettera (rischiosamente, ma anche significativamente, promossa al rango di “opinione” dal quotidiano Alto Adige) di un certo Franco Scacchetti. Nel suo genere (pessimo genere) un capolavoro. La tecnica, come nel precedente caso, è quella dell’impietosa dissezione.
L’«Alto Adige» di venerdì 16 luglio riporta il pensiero di Mario Amadori, secondo il quale, il Signor Durnwalder (troppo intelligente) non dovrebbe perdere tempo a discutere con l’Avs [in, aggiunta mia] merito ai cartelli monolingui o bilingui, in quanto hanno “la testa dura”!
L’attacco anticipa la conclusione (con buona pace di questo Mario Amadori e di chi si “illude” - la strage delle illusioni, non propriamente di leopardiana memoria, è il basso continuo che attraversa e sostiene la melodia di questa lettera – che si possa offrire un quadro diversificato della situazione): Durnwalder non ha la testa meno dura di quelli dell’AVS e dunque un dialogo tra loro non potrebbe che configurarsi come un dialogo tra teste dure.
Il Signor Amadori se pensa questo è un grande illuso, e spiego il perché della sua illusione.
Per il tema dell’illusione, cfr. supra.
Al Signor Georg Simeoni, capo dell’Avs, non sarebbe mai passata per l’anticamera del cervello l’idea di fare installare sui sentieri dei cartelli monolingui in tedesco, senza l’assenso tacito o palese di mamma Provincia! Provincia che tutto vede, tutto sente e nulla viene fatto senza il Suo consenso, palese o tacito appunto. Se fosse stato il Cai a mettere cartelli solo in italiano, sarebbe successo il finimondo, sarebbe stato tacciato di nemico dell’autonomia, di fascista e quant’altro.
Che il CAI abbia messo cartelli monolingue è purtroppo vero e non è successo nessun finimondo (o almeno non ne ho notizia). Ma questa imprecisione (che già dice molto) è solo di contorno. La tesi qui è: qualsiasi cosa avvenga in Alto Adige-Südtirol non può avvenire senza il concorso o quanto meno l’approvazione della SVP (in casi estremi questa posizione arriva a includere persino le avversità metereologiche, secondo l’adagio “piove governo ladro”). Si tratta, nello specifico, di un’affermazione che corrisponde al vero? È possibile cioè DIMOSTRARE che la SVP abbia sostanzialmente non solo tollerato, ma anche appoggiato l’azione dell’Alpenverein? Un’inchiesta (dalla quale attendiamo i risultati) sta adesso accertando se l’Alpenverein, per fare quel che ha fatto, abbia usufruito di fondi pubblici per i quali, certo, occorre un’assenso del partito di maggioranza. In assenza di un riscontro oggettivo, però, l’assunto del sig. Scacchetti rimane una mera illazione.
Nel caso in oggetto, dopo l’interessamento della locale Procura in merito ai finanziamenti usati dall’Avs per l’installazione dei nuovi cartelli monolingui.
Ecco. Questa per l’appunto è la frase (appesa qui in modo astruso a quella che precede e quella che segue, a meno che non decidiamo di correggere la punteggiatura…) che ancora una volta pretende di fornire una dimostrazione a quanto resta di essere dimostrato. Ripeto: l’interessamento della locale Procura non ha, al momento, fornito risposte in merito e a sostegno della tesi che il sig. Scacchetti, invece, ha già preso (da sempre) per buona.
È intervenuto in modo serio e circostanziato il ministro Fitto, non proprio gradito dai politici locali dell’Svp che lo invitavano, tutti, a non interessarsi dei problemi altoatesini, in quanto non di Sua competenza, a quei problemi ci avrebbero pensato loro, comportandosi con la solita protervia e supponenza.
Che il ministro Fitto sia intervenuto in modo “serio e circostanziato” è ovviamente una pia illusione (questa, però, non censurata dallo sterminatore di illusioni Scacchetti). Il ministro Fitto è intervenuto con veemenza nella questione compiendo per l’appunto un grave sbaglio istituzionale: ha cioè ritenuto Durnwalder (e la Provincia) direttamente responsabili per un’azione (quella dell’Alpenverein) che si è concretizzata in modo sostanzialmente autonomo (sempre fermo restando che le indagini della Procura non dimostrino quello che per Scacchetti è già da sempre dimostrato). Ma c’è di più. Se effettivamente è vero (anche questa cosa da verificare) che la stragrande maggioranza dei cartelli monolingue in questione è stata piantata da un’associazione privata su suolo privato (qualcuno parla dell’ottanta per cento), allora il famoso “me ne frego” Durnwalderiano (sconveniente nella forma) si appoggia su una autentica impossibilità di corrispondere alle ingiunzioni tutt’altro che serie e circostanziate del ministro Fitto. Il quale forse sarebbe, anche lui, non immeritevole di essere accusato di una certa “protervia” e “arroganza”.
Protervia: arroganza mista ad ostentazione e sfrontatezza. Supponenza: atteggiamento di sdegnosa superiorità, arroganza e presunzione.
La definizione dei due termini (protervia e supponenza) dovrebbe servire a rincarare una dose di astio già esorbitante. Non accresce la conoscenza dei fatti, ma ci fa sentire tutta la bile che ribolle nel corpo dello Scacchetti. Si tratta, peraltro, del giudizio “medio” attribuito al Landeshauptman non solo dagli italiani “incazzati” e “disagiati”, ma anche da non pochi tedeschi dissidenti nei confronti del “sistema”. Non si tratta peraltro di accuse inverosimili, fanno comunque il paio con la “protervia” e la “supponenza” di molti politici (tra i quali Fitto) che confidano troppo nel loro potere.
Queste due pessime qualità sono di buona parte della classe politica Svp!
Quando a Scacchetti dai un dito, lui si prende subito il braccio. Il giudizio, già inappellabile a proposito di Durnwalder, si estende a tutti gli eletti e a tutti i membri del partito di raccolta. La Svp simbolo del male e di ogni possibile sciagura. È così e si “illuderebbe” chi pensasse il contrario.
A questo punto Durnwalder ha dovuto, in parte, fare marcia indietro visto l’interessamento del Governo di Roma.
Ecco, forse qui è ancora una volta Scacchetti a illudersi. La marcia indietro di Durnwalder non c’è stata e la situazione, mi pare, è sempre in alto mare. Ma evidentemente la voce grossa del ministro è bastata per rassicurare Scacchetti che le cose cambieranno.
È importante ricordare sempre che, fino a prova contraria, siamo un provincia italiana, mi auguro che il Signor Tommasini, si ricordi di essere italiano.
Se c’è bisogno di “ricordare sempre” quella che tutto sommato è anche un’ovvietà (l’Alto Adige-Südtirol si trova amministrativamente in Italia), significa che la cosa non è poi tanto sicura. O quantomeno si tratta di una cosa problematica (è evidente che lo sia, se abbandoniamo il piano meramente amministrativo e includiamo altre categorie “percettive”). Il povero Tommasini – evocato qui come il primo destinatario del consiglio a ricordarselo sempre – rappresenta evidentemente agli occhi di Scacchetti un politico “italiano” poco incline a sottolineare questa appartenenza che deve essere sempre ricordata. E già per il fatto che Tommasini (vicepresidente della Provincia Autonoma e alleato politico della Svp) sia evocato in questo contesto, si vuole sottolineare la sua inclinazione a tradire non solo l’obbligo del ricordo, ma il suo detestabile collaborazionismo di italiano degenere e affossatore della Patria.
Rammento infine al Signor Durmwalder che lo Statuto di autonomia ha delle leggi che vanno rispettate sempre, senza se e senza ma!
Qui Scacchetti viene al dunque. Ma di quali leggi sta parlando? Possibile non sappia, il buon Scacchetti, che una legge specifica sulla toponomastica attende ancora di essere formulata? E che tutto questo casino dei cartelli può svilupparsi proprio perché una legge del genere manca e lo Statuto di Autonomia, in questo punto, è lacunoso (una lacuna dovuta anche all’opera di ostruzionismo che i rappresentanti della “destra italiana” allestiscono sempre quando si comincia a lavorarci)?
Rammento inoltre di smettere di citare il senatore Tolomei per la sua toponomastica, visto che l’Alto Adige-Südtirol, appartiene all’Italia dal lontano 1919, e quanto fatto era un suo diritto dovere! Anche questa purtroppo è una verità che, ancora oggi, in tanti non vogliono accettare!
Ecco. Siamo arrivati al punto immancabile. Guai a mettere in corrispondenza la toponomastica italiana con l’opera del senatore Tolomei! Come se non fosse stato proprio il suddetto senatore a formulare questa toponomastica e a imporla grazie al convinto sostegno del governo fascista. Che dire poi della seconda frase? Fece davvero bene, il senatore Tolomei, fece il suo dovere a sradicare la toponomastica tedesca sostituendola con una caterva di traduzioni completamente inventate e in alcuni casi persino assurde? No. Fece malissimo. E la negatività della sua azione, purtroppo, è un fardello che grava (e graverà) ancora per tanto tempo sulle spalle degli abitanti di questa provincia (in primo luogo gil abitanti di lingua italiana). Sarebbe bene che – fra le tante cose da ricordare – quelli come lo Scacchetti capissero e ricordassero questa. E cominciassero ad affrontare il problema senza infingimenti.
Per un sollecito ripristino di tutti i cartelli bilingui in Alto Adige-Südtirol, onde evitare ritardi e scuse per ulteriori spese per la Provincia, propongo una: colletta collettiva, da farsi tra tutti gli abitanti della nostra bella provincia, sia di lingua italiana che di lingua tedesca, daremmo, come cittadini, una memorabile dimostrazione di civiltà, intelligenza politica e convivenza, ad una classe politica locale molto, ma molto mediocre ed incapace!
Anche quella della colletta, spiace deludere lo Scacchetti, è una pia illusione. Improbabile che qualcuno scucia un euro a tal fine. Anche perché sarebbe tutt’altro che una dimostrazione di “civiltà, intelligenza politica e convivenza”. Sarebbe una colossale perdita di tempo (e di denaro). Il problema della toponomastica si affronta (anche se dubito si possa “risolvere”) eliminando prima di tutto le scorie mentali che si annidano nelle teste come quella dello Scacchetti (e del suo “collega” tedesco che ha steso la lettera da me analizzata in precedenza). Dai, speriamo che cominci ad accadere.
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