L’Unità d’Italia. Che evento. Ma chi era d’accordo?
Immaginatevi una divisione profonda. Gli intellettuali da un lato, profondamente anti-austriaci, gli scrittori tardo-romantici, le istanze per una linea politica nuova.
Dall’altro lato il popolo. Da sempre diviso in regni e ducati e ulteriormente differenziato tra nord, tendente alla modernizzazione delle sue regioni, e il sud, immobile nella sua miseria e legato all’agricoltura.
Il Regno d’Italia venne proclamato ufficialmente il 17 marzo 1861. Voluta da una minoranza indifferente alla totalità della popolazione che abitava la penisola secondo propri usi e costumi.
Hanno fatto l’Italia. Ma Italia già si chiamava. Volutamente divisa perché incapace di stare assieme.
Dal punto di vista letterario si possono vedere delle contraddizioni che contribuirono a mirare alla stabilità di una patria sentita.
Gramsci, negli anni ‘30 del Novecento, criticava la posizione a-popolare della letteratura risorgimentale: gli intellettuali italiani facevano il proprio lavoro per ricevere gli applausi e gli elogi delle ristretta cerchia di fedeli. Al contrario che in altre zone dell’Europa di fine ‘800, il sentimento di attaccamento alla propria nazione, non passava, almeno per l’Italia, dal ruolo collante della letteratura-cultura. In Francia esistevano pubblicazioni scientifiche che avevano molto successo oltre che all’estero, soprattutto in patria.
“L’elemento intellettuale indigeno (si riferisce agli italiani colti) è più straniero di fronte al popolo -nazione”. Afferma inoltre che manca una letteratura popolare, che si faccia pura testimonianza della vita e della quotidianità dei contadini e della popolazione bassa.
L’Unità d’Italia era stata una rivoluzione borghese.
In Germania, invece, le cose stavano andando in maniera diversa. Il tanto agognato patriottismo prendeva spunto da credenze antiche, che si rifacevano al periodo dei barbari. Bisognava cercare dei padri che sorvegliassero dall’alto il popolo, che lo accompagnassero verso la crescita e la maturità. Filosofi e scrittori sapevano bene che bisognava legittimare la nazione.
Il critico De Sanctis, nel 1870, nella sua nota opera “Storia della letteratura italiana” affrontava la chiusura del “secolodecimonono” attraverso queste opinioni: L’Italia di fine ‘800 appare in un periodo di lento cambiamento; la speranza è che si tolga di dosso i valori che avevo spinto i suoi combattenti all’Unità, valori per lo più politici, quelli di Gioberti e Mazzini. La “fissazione” unitaria aveva distolto lo sguardo degli intellettuali alla creazione di una letteratura diversa, che tentasse almeno di unire gli italiani, e che recasse con sé tutta la forza del cambiamento. Su questo fronte De Sanctis vede il fallimento della cerchia intellettuale, ma almeno, con il nuovo secolo alle porte, l’idea di una cultura nuova avrebbe le possibilità di rifarsi. Prendendo spunto, per esempio, dalla ventata di novità di Galileo e dalla politica moderna del Machiavelli, o ancora basandosi sull’ anti-materialismo di Leopardi, si potrebbe finalmente portare alla nascita, una letteratura moderna, per un popolo moderno.
La critica si proietta sopratutto verso il carattere compiaciuto delle opere diffuso dopo l’Unità:
“E da’ nostri vanti s’intravede la coscienza della nostra inferiorità”.
Mentre ecco il suo buon auspicio per il futuro:
“E questa volta, non dobbiamo trovarci alla coda, non a’ secondi posti”.
Si può ben capire da questi semplici esempi in quali condizioni si militava, al fine di unire un popolo, senza renderlo partecipe prima, e dopo. Ma dopotutto l’unificazione era opportuna se guardata dal punto di vista totale della geografia politica dell’Europa. Si poteva far di meglio. Ma tralasciando il latte versato 150 anni fa, oggi non si fa altro che criticare, e sopratutto dimenticare. I libri di storia dividono le epoche dopo la dissoluzione dell’Impero Romano in Età Medievale, Età Moderna, Età Contemporanea. Il risorgimento dove sta messo? E sopratutto come viene trattato?
Tra il moderno e il contemporaneo quell’evento non viene attenzionato con le giuste lenti d’ingrandimento, come fondamentale punto di snodo per la nostra società. I capitoli di quella storia vengono volutamente saltati, non spiegati, lasciando un vuoto enorme nell’apprendimento di classi scolastiche, che mai sapranno, forse il miracolo si compirà quest’anno, quando e perché l’Unità ebbe inizio. E tra la critica padana e quella della maggioranza, sono passati 150 anni. E l’Italia è ancora qui, più divisa che mai. Felicitazioni.