Mentre a Bruxelles si rafforza il fronte dell’austerità come era prevedibile e previsto nonostante le speranze sollevate ad arte per portare acqua al fangoso mulino di Renzi, viene ottimisticamente annunciato che quest’anno il Pil “ballerà intorno allo zero”. Cifra non solo ottimistica, ma anche sfacciatamente bugiarda perché costruita attorno ai nuovi criteri di calcolo del prodotto interno lordo basati essenzialmente sullo scorporo dal capitolo spesa degli investimenti militari, su nuovi parametri per quanto riguarda l’import e l’export di semilavorati e sull’apporto di attività criminali e illegali alla ricchezza nazionale. Questo dovrebbe portare a un aumento del Pil calcolato tra 1,5 e 1,8 su base annua.
Poiché il nuovo sistema scatta dal primo settembre è evidente che esso dovrebbe portare un beneficio statistico attorno allo 0,4 – o,5 per cento nei quattro mesi finali del 2014. Quindi se il Pil italiano rimanesse attorno allo zero si tratterebbe nel concreto di un meno 0,4, 0,5% , una realtà assai diversa da quella che emerge dalle cifre ufficiali. Non c’è alcun dubbio che parecchi Paesi, a cominciare dagli Usa e per finire alla Spagna abbiano beneficiato negli anni scorsi del nuovo metodo introdotto in toto o parzialmente soprattutto per simulare una crescita e/o un recupero che resta relegato ai fogli di calcolo e che comunque è fondato in gran parte su stime e teorie che possono essere aggiustate su input politico. Ma da noi si tratta del quarto calo consecutivo dal 2011 fatto che rende evidente non solo la pochezza dei governi che si sono succeduti, ma anche la totale incapacità dei suggeritori e capocomici dell’austerità che regnano in Europa.
L’inizio della fuga dell’ultimo gioiello di famiglia, ossia la Ferrari, verso l’altra parte dell’atlantico denuncia plasticamente lo sfascio a cui stiamo andando incontro senza vie d’uscita visibili, mentre ci facciamo riempire di chiacchiere vuote dall’ennesimo imbonitore chiamato a salvare la patria e del tutto privo di una qualunque visione che non sia quella di instaurare un oligarchia che salvi le classi dirigenti e butti a mare tutto il resto. Non è interamente colpa sua: è la mancanza di progettualità espressa dall’intero Paese ad averci messo in queste condizioni, ad aver prosciugato la politica riducendola a pura manovra e subalternità, a far crescere una stolta guerra tra poveri che non porta da nessuna parte. Renzi, come a suo tempo Berlusconi è l’autobiografia di un Paese che non ha più il senso del futuro, si accontenta dei twitter e ormai reclama la bugia come lenitivo dell’angoscia. Così un giorno si spera nel “modello tedesco”, un altro nel grande sciamano Draghi, un altro ancora nel job act. Mentre la realtà presenta solo tagli e impoverimento.
Per questo avremo un autunno tiepido e piovoso, altro che caldo perché anche i sindacati entrati da tempo immemorabile nel cerchio magico del potere, non riescono ad esprimere un qualche progetto alternativo, ma solo, in alcuni casi minimi palliativi a quello in essere. Davvero un trisite autunno