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Pillole da Torino 31 – 26 Novembre

Creato il 27 novembre 2013 da Drkino

Giorno di tensioni oggi nell'ambito di Torino 31. L’anno scorso fu il turno dei lavoratori del museo del cinema, che riuscirono perfino a coinvolgere Ken Loach nella loro lotta. Quest’anno è il turno degli studenti universitari. Brevemente i fatti: al termine della proiezione di Wrong cops (film talmente assurdo che non è possibile recensirlo) il nostro tentativo di uscire dalla sala è stato “interdetto” dalla polizia in tenuta antisommossa. Tra tamburi improvvisati e urla nel megafono, i manifestati guadagnavano l’attenzione degli spettatori assiepati di fronte al cinema Massimo, conquistando la loro empatia. Dopo aver inviato una delegazione all’interno del cinema, con l’intento di incontrare gli organizzatori, il corteo si è allontanato dirigendosi verso la mensa universitaria. Questi i fatti. Passiamo però a quello che ci interessa di più del festival: i film. Anche oggi ne analizzeremo tre, due dei quali in concorso.

A WOMAN AND WAR (In concorso)

woman and war
Nel Giappone dilaniato dalla Seconda guerra mondiale, un reduce monco, un poeta squattrinato e un’ex prostituta dovranno fare i conti con la disperazione e la povertà. A woman and war, opera prima di Junichi Inoue, prende in esame dei temi come la guerra, la violenza, il dolore, eros e thanatos, già ampiamente trattati in passato dal cinema nipponico. Nonostante tenti, vanamente, di affrontare in modo contemporaneo temi sempre verdi, A woman and war rimane ancora troppo legato al cinema dei maestri. Non si può negare, però, che il film abbia un ottimo spunto di riflessione: la guerra come veicolo di sdoganamento della violenza, la rendendo l’unica chiave per raggiungere il piacere, sia per chi la perpetra, come il soldato monco, sia per chi la subisce, come l’ex prostituta. A woman and war, girato in HD, trova nella fotografia, spesso piatta, un punto debole. In definitiva nulla di nuovo sotto il sol levante.

RED FAMILY ( In concorso)

red family
Due famiglie coreane, una in crisi e l’altra troppo perfetta per esser vera, nascondono pericolosi segreti. Realtà e finzione presto verranno a mescolarsi portando inevitabilmente a una tragica fine. Red Family, scritto e prodotto dal più esperto Kim Ki-duk, rappresenta l’esordio nel lungometraggio per Lee Ju Hyoung. Personaggi stereotipati, soprattutto i vicini dei protagonisti, una trama a tratti melensa e dialoghi anch’essi stereotipati e, a tratti, troppo idealisti, fanno sorgere una domanda: perché Kim Ki-duk ha deciso di cedere l’onore, ma soprattutto l’onere, della regia all’esordiente Hyoung? Red Family si dimostra un tentativo, fallito, di raccontare una realtà poco conosciuta, soprattutto in Italia, il conflitto tra le due Coree. Giocando con due generi, il dramma e la commedia, tenta di catturare lo spettatore, cadendo proprio nel finale troppo buonista.

SWEETWATER (Fuori concorso)

sweetwater
Un proprietario terriero che si autoproclama profeta in una terra dimenticata da Dio; Un’attraente ex prostituta e uno sceriffo dai modi a dir poco stravaganti: questi gli ingredienti di un western moderno, sapiente mix di violenza e comicità. Sweetwater, frutto della collaborazione dei gemelli Miller, al loro secondo lungometraggio, si rivela un ottimo film di genere. Meno spaccone e roboante del Tarantino, al quale deve molto, Sweetwater, dalla sceneggiatura ben strutturata, riesce ad evitare di cadere in facili cliché tipici del genere. Il film dei Miller pur ponendosi come obiettivo primario l’intrattenimento, riesce a racchiudere nel ruolo dell’antieroe, un’ottima metafora della situazione politico-religiosa in cui versano gli Stati Uniti, una nazione che si crede il pastore del mondo, investito del compito di portare pace amore. Da annotare la scelta di evitare toni fotografici propri del genere, preferendo alla versione calda e  spesso bruciata, un deserto, seppur inondato di luce, freddo e desolato. In conclusione si rivela un ottimo farmaco per i malati di western.

Mattia Gariglio

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