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Pillole da Torino 31 – And the winner is…

Creato il 01 dicembre 2013 da Drkino

  Il Diario di Mattia Gariglio da Torino 31 in pillole…

tff 31
Alla fine i pronostici sono stati rispettati. Più o meno. Tra i papabili c’era anche Pelo Malo, che alla fine torna a casa con due  premi ufficiali e uno collaterale: Premio per la Miglior attrice  a Samantha Castillo; Premio per la Miglior sceneggiatura e il Premio Achille Valdata come Miglior Film di Torino 31, assegnato dalla Stampa – Torino Sette. Il miglior film, premio più importante della rassegna torinese, però è risultato, un po’ inaspettatamente, Club Sandwich del messicano Fernando Eimbcke. Il Premio della Giuria invece è stato assegnato al francese 2 automnes 3 hivers di Sébastien Betbeder. Le démantèlement del canadese Sébastien Pilote, anche lui tra i favoriti per la vittoria finale, raccoglie il Premio per il Miglior attore (Gabriel Arcand). Infine il premio del pubblico. Come pronosticato ieri, gli spettatori della kermesse torinese hanno deciso di premiare l’esordio dell’italiano Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, e il suo La mafia uccide solo d’estate. Siamo così giunti al termine di questo trentunesimo Torino Film Festival e alle ultime due recensioni. Quest’oggi vi parlerò di due film in concorso: il vincitore  Club Sandwich e il sottovalutato Vandal.

CLUB SANDWICH

club sandwich
Paloma, giovane madre single, e suo figlio  quindicenne Hector, passano le vacanze in un albergo deserto non lontano dalla spiaggia. Quando improvvisamente arriva la sveglia Jazmin, sarà il momento per Hector dei primi, maldestri approcci sessuali. Devo ammetterlo, la giuria del 31° TFF, mi ha sorpreso. Mai mi sarei aspettato il premio come miglior film ad una pellicola così minimalista. Lo spunto non è male. Decidere di raccontare lo strano rapporto tra una madre single e il suo timido, giovane figlio, poteva essere una buona intuizione per scrivere una buona storia. Club Sandwich ricorda per alcuni versi lo statunitense Lost in Traslation. Nel film di Eimbcke come in quello della Coppola, lo spento protagonista viene trascinato nell’amore da un elemento di rottura, apparso improvvisamente: una ragazza. E poi? Poco altro. Club Sandwich lascia molto spazio ai suoi personaggi, spesso fermi nell’inquadratura, in attesa che qualcosa accada. Giocando molto con le situazioni, spesso il regista, fa ricorso ai primi piani lasciando che sia le espressioni a parlare. L’intenzione è buona. I rari dialoghi lasciano spazio alle azioni dei protagonisti, anch’esse rare. Il problema, probabilmente è proprio questo: accade troppo poco.  Rimane il dubbio su quale siano la reali motivazioni che spingono Fernando Eimbcke a scrivere e portare sullo schermo questa storia. Le scene pervase da un’ironia sotterranea, riescono a strappare in diverse occasioni dei sorrisi e qualche risatina. Lo fanno spesso senza ricorre a battute ma semplicemente lasciando che i gesti, talmente legati alla quotidianità e perfettamente in linea con la psicologia dei personaggi, liberino tutta la loro potenzialità comica. Quando Hector realizza che esistono anche femminilità diverse da quella materna,  risulta chiaro che il focus del regista non sia tanto sull’adolescente, quanto sulla madre impreparata al distacco. Lo sguardo di Club Sandwich è affettuoso nei riguardi di una donna che si trova a dover accettare un grande cambiamento: il distacco da una persona cara,  unico amico per quindici anni, pronto a spiccare il volo verso altri lidi. I suoi tentativi di aiutare il figlio nell’approccio alla sessualità risultano goffi e inconsciamente ingombranti. Se  Eimbcke avesse lavorato di più sulla trama, ne  sarebbe sicuramente uscita una pellicola più a fuoco.  Club Sandwich è dunque un ottimo tentativo di narrazione che però rimane tale: un tentativo.

VANDAL

VANDAL
Chérif, adolescente inquieto, figlio di genitori separati, viene mandato a vivere con gli zii nella città del padre. Nel tentativo di mettere la testa a posto, il ragazzo scoprirà, grazie al cugino finto introverso, il mondo notturno e misterioso dei graffittari. Vandal, esordio per il trentaduenne francese Hélier Cisterne, ricorda nell’approccio all’argomento, il cinema dei fratelli Dardenne. Senza distaccarsi troppo dagli stilemi del cinema d’impegno sociale francese, cerca di tracciare il ritratto di un teenager figlio della sua epoca. Vandal, che a tratti sembra avere diversi punti di contatto col Van Sant di Paranoid Park, ha la pecca di non approfondire abbastanza la psicologia dei personaggi, ricorrendo a modelli già usati dal genere a cui si ispira. Il mondo dei graffiti è per il protagonista un ottima valvola di sfogo, ed anche l’unico modo di poter evadere da una realtà che sembra schiacciarlo.  Vandal pur non essendo un capolavoro, risulta più maturo della maggior parte dei film in concorso, riuscendo dunque ad essere più a fuoco, gode di una concretezza rara in questa trentunesima edizione del festival.

Mattia Gariglio

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