Papa Francesco e l’incontro con la Chiesa Valdese del Piemonte/Un passo avanti molto importante per i nostri tempi in direzione di quell’ecumenismo tanto auspicato dal Vaticano II
Dopo l’incontro con la città di Napoli e il caloroso bagno di folla che i napoletani, com’è il loro naturale sentire, gli hanno riservato fin dalle prime ore del mattino, Papa Francesco è atteso adesso in visita a Torino, nella città subalpina, nell’ambito dell’evento dell’Ostensione della Sacra Sindone.
E lo è esattamente nei giorni 21 e 22 del prossimo mese di giugno.
La notizia è nota da tempo e la città piemontese, la città dei “santi sociali”, di Don Bosco, di Murialdo, di Cafasso, dell’Allamano, del beato Pier Giorgio Frassati, si è impegnata e continua a farlo, con ogni mezzo, pur di poter offrire la migliore delle accoglienze non solo ai pellegrini, che si prevede arriveranno numerosi da ogni parte d’Italia, per pregare in silenzioso raccoglimento dinanzi al “Sacro Telo”, che tanto significa per i credenti, ma anche a quel “pellegrino molto speciale” e attesissimo, neanche a dirlo, che è il pontefice.
L’uomo che è giunto sul soglio pietrino provenendo da un “mondo lontano”.
La “fine del mondo”, come lui stesso ha detto e ripetuto più volte.
E che, tuttavia, ha radici piemontesi e liguri, com’è ben noto.
Per cui potremmo dire che per Papa Francesco, in un certo senso, l’incontro di Torino è anche un ritorno a casa.
Accanto all’ufficialità delle cerimonie, come da protocollo, che include l’approccio con il mondo del lavoro, all’arrivo, in Piazzetta Reale; successivamente la preghiera in Duomo dinanzi alla Sindone; poi la Messa solenne in piazza Vittorio alle 10,45; e ancora l’incontro pomeridiano a Maria Ausiliatrice e al Cottolengo e l’appuntamento di chiusura, in tardo pomeriggio, con i giovani sempre in piazza Vittorio, c’è qualcosa di molto più importante nella successiva giornata di lunedì 22 giugno, che merita tantissima attenzione.
Mi riferisco a quella che sarà la visita al Tempio Valdese.
Essa, infatti, rappresenta, nell’occasione, il coronamento degli sforzi profusi e dell’impegno di quanti, credendo nella dimensione ecumenica, hanno lavorato con perseveranza, giorno dopo giorno, negli anni, e a partire dalle conclusioni finali, e relativi documenti, raggiunte dal Vaticano II.
Concilio che sappiamo essere stato un’ autentica rivoluzione copernicana per la Chiesa tutta, in quei contesti , lì e quando, quelle conclusioni si è saputo e, soprattutto, si è voluto farle proprie.
Storicamente la Chiesa Valdese è una chiesa autoctona delle Valli del pinerolese e dell’area torinese in senso lato anche se poi si è espansa pure altrove. Ossia fuori regione.
E lo sviluppo delle relazioni in chiave ecumenica da parte della Chiesa cattolica locale ha avuto notevolissima importanza nel risanamento di quei rapporti, che erano stati quasi sempre difficilissimi e spessissimo addirittura ostili, in passato, nei confronti dei valdesi.
Diciamo che si è lavorato più che bene per il conseguimento dell’obiettivo e, cosa fondamentale, senza mai lasciarsi vincere dalla stanchezza.
E per questo si sono spese, senza risparmio, personalità del mondo ecclesiale subalpino, come, ad esempio, monsignor Giachetti, vescovo di Pinerolo, che ha fatto in modo che tra cattolici e valdesi la comune fede in Cristo Gesù facesse da straordinario collante.
E che, all’esterno, ci fossero poi segni tangibili in tal senso come, ad esempio, la preghiera in comune, le relazioni d’amicizia e le testimonianze personali.
Chi scrive ha avuto modo di osservare tutto questo di persona, qualche anno fa, nel corso di un incontro di preghiera avvenuto ad Assisi, grazie all’impegno e alla volontà proprio di una ong piemontese.
E rimase colpita dalla grande spiritualità e compostezza, assente qualsiasi possibile forma di distrazione, con cui fratelli e sorelle valdesi, invitati, partecipavano alle celebrazioni eucaristiche assieme ai cattolici.
Stessa cosa dicasi per la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani che, in Torino, è organizzata ormai da anni, tutti insieme, in quelle Chiese che sono coinvolte nel cammino ecumenico.
E poi ancora per la preghiera ecumenica dei primi sabati del mese e , com’è naturale che sia, per le celebrazioni del Natale,della Pasqua e di Pentecoste.
Ora Papa Francesco quasi certamente con questo”segno”,fortemente da lui voluto, intende indicare ai cattolici di Torino, e non solo ad essi, l’importanza di mettere al centro del proprio cammino di fede la dimensione ecumenica, e di farsene responsabilmente carico in modo speciale per quelle che saranno le future generazioni. E vede giusto in quanto ecumenismo equivale, quando parliamo di dialogo interno a quelle che sono le diverse esperienze religiose, ad una comprensione maggiormente efficace, per ciascuno e assieme all’altro, di quelle che sono le ragioni della propria fede.
Una modalità esistenziale concreta, insomma, di sperimentare, uniti, i valori evangelici.
Premessa e inizio di quel Regno di Dio, promesso da Gesù, che sarà la meta finale di tutti.
Marianna Micheluzzi