L’autore del contestato rapporto che accusava Israele di crimini di guerra fa dietrofront e si pente: “Se solo avessi saputo”.
A distanza di quasi un anno e mezzo dall’approvazione all’Assemblea per i Diritti umani delle Nazioni Unite, il giudice sudafricano Richard Goldstone (foto) ha ritrattato le accuse inerenti ai reati di crimini di guerra e contro l’umanità mosse a Israele e contenute nel rapporto sull’offensiva armata del dicembre 2008 sulla Striscia di Gaza da lui stilato e che prende il suo nome.
Il ripensamento è stato annunciato sabato scorso dallo stesso Goldstone direttamente delle pagine del quotidiano statunitense Washington Post, attraverso un articolo nel quale il giudice descrive le ragioni che lo hanno portato a tornare sui propri passi.
“Oggi sappiamo molto di più sugli avvenimenti della guerra a Gaza fra il 2008 e il 2009…
Immediata la reazione del governo di Tel Aviv, che dal premier Benjamin Netanyahu, fino al ministro della Difesa Ehud Barak, che diede il via libera all’attacco, passando per quello degli Esteri Avigdor Lieberman, ha espresso tutta la propria soddisfazione per la ritrattazione del giudice Goldstone.
Tuttavia analizzando queste nuove verità, capaci di spingere un giudice a tornare sui propri passi rinnegando una relazione che ha creato scompiglio a livello mondiale, si può notare con facilità come queste siano in realtà tutt’altro che prove certe dell’innocenza millantata dai vertici militari e politici di Tel Aviv. Richard Godlstone infatti basa la sua nuova visione di quanto accaduto nella Striscia tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009 sugli esiti di un’altra inchiesta dell’Onu. Si tratta dell’indagine condotta dall’ex giudice nordamericano Mary McGowan Davis, che si basa esclusivamente sui risultati delle inchieste interne condotte dalle autorità israeliane, dalle quali guarda caso risulta che i civili uccisi durante l’offensiva (circa 800 su più d1400 vittime totali) sono stati colpiti involontariamente dai militari con la stella di Davide.
Tra gli esempi citati vi è quello che riguarda lo sterminio dei 29 membri della famiglia Al Simouni. “Il bombardamento della loro casa fu la conseguenza dell’errata interpretazione dell’immagine di un drone da parte di un ufficiale che adesso è sotto inchiesta per aver ordinato quell’attacco”, ha spiegato nel suo articolo il giudice sudafricano riportando il contenuto dell’indagine fatta dal collega nordamericano. Da sottolineare inoltre come quest’ultimo nella sua relazione commenti con enfasi come Israele abbia dedicato “risorse significative per indagare su oltre 400 accuse” riguardo alle proprie operazioni militari, al contrario di quanto fatto da Hamas che “non ha svolto alcuna indagine sul lancio di missili e mortai contro Israele”.
In sostanza il giudice Goldstone, che aveva inizialmente puntato il dito contro Israele accusandolo di aver compiuto crimini di guerra e contro l’umanità e di scarsa collaborazione alle indagini, ora assolve i vertici di Tel Aviv basandosi esclusivamente sull’esito di indagini interne ritenute attendibili da un altro giudice questa volta statunitense. Un dietrofront che alla luce di tutto questo può essere definito quantomeno sospetto. É un po’ come se i giudici milanesi basassero le proprie considerazioni nel processo a Berlusconi sulle conclusioni di alcune ricerche condotte da Ghedini e avallate da un loro collega nominato dal governo. Roba da giustificare una rivoluzione visti i tempi che corrono. Per di più il semplice fatto che Israele abbia condotto delle indagini interne completerebbe la riabilitazione dell’immagine di Tel Aviv agli occhi del mondo, nonostante la strage compiuta. E ciò allo stesso tempo metterebbe in cattiva luce Hamas, che di indagini interne non ne ha condotte, visto che nessuno gli avrebbe creduto. Ma potrebbe essere questo il modo per mettere fine ai raid israeliani sulla Striscia e riportare la pace in Palestina, il movimento islamico non deve far altro che effettuare delle approfonditissime inchieste la cui conclusione reciti: “ci dispiace non l’abbiamo fatto apposta” .