Elenco dei dirigenti politici e sindacali uccisi dal terrorismo politico-mafioso in Sicilia (1944-’60)
contadine, portella
Appunti per una memoria ancora da ricostruire
1944
Partinico. Lorenzo Pupillo. E’ un ragazzo ucciso durante uno sciopero organizzato il 29 marzo 1944, da alcuni gruppi fascisti, formalmente contro il carovita. Del fatto viene incolpato il maresciallo Benedetto Scaglione che, raggiunto da alcuni colpi di pistola, è fatto morire dissanguato nella pubblica piazza. E’ concesso solo all’arciprete di avvicinarsi al moribondo per dargli gli ultimi sacramenti. Secondo i servizi di intelligence americani che seguono il caso si tratta di una provocazione eversiva dovuta ai neofascisti facenti capo allo studente universitario Giuseppe Gulino.
A Regalbuto, in provincia di Enna, accade un fatto simile con l’uccisione di Santi Milisenna, segretario delle federazione comunista di Enna. 27 maggio 1944.
Analoga manifestazione a Licata con tre morti e una ventina di feriti. 28 maggio 1944.
Andrea Raia, Casteldaccia (PA), dirigente comunista ucciso per aver difeso i “granai del popolo” contro le speculazioni sul commercio del frumento da parte dei latifondisti. 6 agosto 1944
Girolamo Li Causi e Michele Pantaleone, il primo capo dei comunisti in Sicilia e il secondo dirigente socialista, sono fatti segno di colpi di arma da fuoco e feriti dagli sgherri del capomafia don Calò Vizzini durante un loro comizio nella piazza di Villalba (Caltanissetta). Il fatto è descritto dallo stesso don Calò in una sua pubblicazione finanziata dalle spie dell’Oss (Office of Strategic Services). 16 settembre 1944.
Analoghe manifestazioni a quella di Partinico si registrano a Palermo con 24 morti e un centinaio di feriti. 19 ottobre 1944.
1945
Nunzio Passafiume Trabia (PA), sindacalista, 7 giugno 1945
Agostino D’Alessandro Ficarazzi (PA), segretario della Camera del Lavoro, 11 settembre 1945
Giuseppe Lo Cicero Mazzarino (CL), 25 novembre 1945
Giuseppe Puntarello, segretario della sezione del Pci, Ventimiglia (PA), 5 dicembre 1945
1946
Antonino Guarisco, segretario della Camera del Lavoro di Burgio e Marina Spinelli (AG), 7 marzo 1946
Uccisione dei fratelli Giuseppe e Mario Misuraca per collaborazione con le forze dell’ordine. San Cipirello, aprile 1946
Gaetano Guarino, farmacista, sindaco socialista di Favara (AG), 16 maggio 1946
Salvatore Patti (n.1906), Partinico, il 24 maggio 1946
Pino Camilleri, sindaco socialista di Naro (AG). E’ ucciso mentre si reca a cavallo nel feudo Deliella conteso tra mafiosi e contadini. 28 giugno 1946
Strage di Caccamo. La polizia spara su una folla di contadini durante una manifestazione ordita dagli agrari contro l’ammasso del grano. Muoiono 4 militari e diversi contadini.
Giovanni Castiglione, Alia (PA), 22 settembre 1946
Girolamo Scaccia, Alia (PA), 22 settembre 1946
Sono in vita alcuni lontani parenti di questi due caduti nell’attentato alla sede della Fedeterra. Da non dimenticare che le caratteristiche di questo attentato sono identiche a quelle dell’attacco alle Camere del Lavoro della provincia di Palermo del 22 giugno 1947: bombe a mano del tipo SCRM e mitra Beretta cal 9, oltre all’uso di bombe incendiarie.
Giuseppe Biondo Santa Ninfa (AG) 2 ottobre 1946
Giovanni Santangelo Belmonte Mezzagno (PA) 2 novembre 1946
Vincenzo Santangelo Belmonte Mezzagno (PA) 2 novembre 1946
Giuseppe Santangelo Belmonte Mezzagno (PA) 2 novembre 1946
La rappresaglia contro questi contadini è dimostrativa e serve a impedire l’assegnazione del feudo Gulino.
Giovanni Severino Joppolo (AG), 25 novembre 1946
Paolo Farina Comitini (AG), 28 novembre 1946
Nicolò Azoti Baucina (PA), 21 dicembre 1946
E’ il segretario della Camera del Lavoro di Baucina, il paese dominato dal boss Totò Pinello. Dopo la morte di Azoti i contadini di Bolognetta istituirono una cooperativa intitolata ad Azoti. La mafia, qui, fino al 1946 era divisa in due: quella che faceva capo a Gaspare Tedeschi che risaliva all’epoca dei fasci, e quella che faceva capo ai gabelloti Pietro e Antonio Santomauro. Forse anche per questo le lotte dei contadini di Villafrati e di Bolognetta erano state comuni.
Il bandito Salvatore Giuliano nasce anche da qui: viene utilizzato dai capimafia di Villafrati per bloccare il movimento contadino. Funzione che il bandito avrà su tutto il territorio meridionale. Ne parlano diffusamente le carte americane dell’Oss, quando lo definiscono legato agli ambienti del neofascismo eversivo degli anni 1945-1949, e spicca la figura del capomafia di Caccamo Peppino Panzeca, e Serafino Di Peri, capomafia e sindaco di Bolognetta nonchè testimone di spicco al processo di Viterbo, ha già consolidato i suoi rapporti con il mondo politico e istituzionale. In quell’epoca i contadini del paese avevano occupato le terre del conte Sanmarco e il feudo Stallone.
L’azione di Nicolò Azoti è significativa perché tendeva ad azzerare l’azione degli agrari e a difendere la rete delle cooperative interessate ai latifondi incolti.
Dopo l’assassinio di Nicolò Azoti si consolida la pratica, da parte della polizia giudiziaria, di bloccare ogni indagine istruttoria e di impedire, in tal modo, il semplice avvio di un processo giudiziario. Questa pratica proseguirà con l’assassinio di Accursio Miraglia, con la stessa strage di Portella della Ginestra, e con gli assalti contro le Camere del Lavoro del successivo 22 giugno. I giudici negano sempre l’esistenza di mandanti e si appiattiscono su un rapporto giudiziario, a firma del maresciallo Giovanni Lo Bianco. Il primo capolavoro di depistaggio.
Sulla vicenda conserva una buona memoria dei fatti, per averli vissuti direttamente sulla sua pelle, Antonella Azoti, figlia di Nicolò, che ha scritto un libro di memorie.
Accursio Miraglia Sciacca (AG), 4 gennaio 1947
Da notare che non si è mai evidenziato che i killer Marciante e Di Stefano, dopo l’omicidio, scappano in Veneto dove sono operativi i gruppi delle brigate Osoppo, quelle formazioni che ritenevano che abbattuto il fascismo bisognava fare la lotta contro i comunisti. Anche in questo caso non si è mai svolto un processo. E’ probabile che a questo delitto sia collegato quello del commissario Cataldo Tandoy, avvenuto diversi anni dopo.
Il 17 gennaio 1947 alcuni mafiosi aprono il fuoco sugli operai dei Cantieri Navali, ferendone due. Acciuffati dagli stessi operai sono consegnati alle forze dell’ordine.
Pietro Macchiarella Ficarazzi (PA), 19 febbraio 1947
Strage di Messina, 7 marzo 1947. La Camera del Lavoro di Umberto Fiore, Francesco Sardo, Elì Conti e Pancrazio De Pasquale indice uno sciopero generale. I Carabinieri sparano sulla folla. Muoiono Giuseppe Maiorana, Biagio Pellegrino, Giuseppe Lo Vecchio. Dietro le quinte la repressione è appoggiata dall’Uomo qualunque, il partito filoamericano di Guglielmo Giannini, intrecciato con i vecchi gerarchi fascisti del ventennio nero. Elì scrive, con lucida puntualità: “La strage del 7 marzo a Messina va inserita nel contesto regionale che portò a quella del primo maggio 1947 a Portella della Ginestra”.
Dunque il terrorismo a Messina ha gli stessi obiettivi di quelli assunti dalla banda neofascista di Salvatore Giuliano e Salvatore Ferreri, alias Fra’ Diavolo, contro le manifestazioni democratiche dei lavoratori. Un’azione di contenimento attraverso una guerra dichiarata al comunismo.
Il dirigente Emanuele Conti ne è testimone diretto: “Una sera, all’imbrunire, mentre camminavamo in via Libertà diretti verso piazza Politeama, dai rami di uno degli alberi, allora meno alti di adesso, scese un uomo, il quale consegnò a Li Causi un messaggio da parte di Salvatore Giuliano. Il messaggio diceva che il movimento separatista di Giuliano non si sarebbe fermato e che avrebbe distrutto i comunisti”.
Strage di Portella della Ginestra, 1 maggio 1947
Margherita Clesceri Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Giorgio Cusenza Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Giovanni Megna Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Giovanni Grifò Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Vincenza La Fata Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Giuseppe Di Maggio Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Filippo Di Salvo Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Francesco Vicari Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Castrenze Intravaia Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Serafino Lascari Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Vito Allotta Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Vincenza Spina Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Giuseppa Parrino Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Provvidenza Greco Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Vincenzo La Rocca Portella della Ginestra (PA) 1 maggio 1947
Emanuele Busellini, campiere di Altofonte, testimone oculare degli esecutori della strage, tra i quali Salvatore Ferreri, alias Fra’ Diavolo (confidente dell’ispettore Ps Ettore Messana), dal quale è freddato con un colpo di pistola al cuore e gettato in una foiba a Cozzo Busino.
N.B.: Parrino, Greco, La Rocca e Busellini non sono caduti il 1° maggio 1947, ma successivamente in conseguenza delle ferite riportate. Busellini, invece, fu ucciso da Ferreri perché lo aveva riconosciuto mentre sparava sulla folla. Giova tenere conto del fatto che molti testimoni che non si riscontrano agli atti del processo di Viterbo, oggi si esibiscono in interviste presso settimanali e giornali nei giorni della ricorrenza del primo maggio. Occorre diffidare da simili testimoni. Appare utile invece verificare se è ancora vivente Angela Maria Cardarera di San Cipirello, circa 90 anni, colpita a una coscia mentre fuggiva dal pianoro di Portella verso il monte Kumeta. La pallottola le penetrò sotto il gluteo destro e le uscì dalla parte posteriore alla stessa altezza. Fu visitata, su iniziativa di chi scrive, dal perito legale Livio Milone e refertata dallo stesso. La relazione nel mio vol. “Fra Diavolo e il governo nero” (Milano, Angeli, 1998, p. 182). Notevole esempio di contributo femminile alle lotte per la terra. Occupò le terre della Pirciata e la sua cooperativa ebbe assegnate nel 1954 le terre della riforma: due salme e mezza appartenenti al cavaliere Di Lorenzo. Di Grisì. Al tempo della perizia medico-legale Angela Maria abitava in via Di Piazza, 19. Tel. 0918573618. Aveva quattro figli, il marito bracciante.
Michelangelo Salvia (n. il 9 aprile 1913, Partinico) (PA), 8 maggio 1947. Sulla sua tomba leggiamo:
barbaramente ucciso da una mano sopraffattrice
per chiudere la bocca
portatrice di verità insopprimibile
su tutti gli uomini che soffrono
I buoni e onesti cittadini lo ricordano
fulgido esempio di onesto lavoratore
Fino a qualche anno fa era vivente la moglie. Sono tuttavia rintracciabili alcuni parenti.
Giuseppe Intorrella Comiso (RG), 11 giugno 1947
Giuseppe Casarrubea Partinico (PA), 22 giugno 1947
Vincenzo Lo Iacono Partinico (PA), 22 giugno 1947
Sui fatti del 22 giugno esiste ampia documentazione ufficiale presso l’Archivio Casarrubea junior.
Giuseppe Maniaci Terrasini (PA), 23 ottobre 1947
Su questo dirigente della Federterra ucciso dalla mafia può riferire molte cose il sign. Pino Di Stefano di Terrasini. Ha circa 80 anni ed è perfettamente lucido.
Calogero Caiola S. Giuseppe Jato (PA), 3 novembre 1947
E’ uno dei testimoni della strage che per primo andò a chiamare, correndo in groppa al suo cavallo i carabinieri. Fu ucciso in circostanze mai chiarite dopo la stesura del rapporto giudiziario, nell’autunno del 1947. A San Giuseppe Jato si possono incontrare ancora alcuni suoi lontani parenti.
Vito Pipitone Marsala (TP), 8 novembre 1947
A Marsala si possono ancora oggi incontrare i figli.
Vincenzo Campo 22 febbraio 1948
Epifanio Li Puma Petralia Soprana (PA), 2 marzo 1948
Sono viventi alcuni eredi di Epifanio.
Placido Rizzotto Corleone, (PA), 10 marzo 1948
Calogero Cangelosi Camporeale (PA), 2 aprile 1948
La famiglia di Calogero fu costretta a emigrare in Toscana. La moglie, Francesca Serafino era ospite in casa delle figlie, a Grosseto.
Giuseppe Intile Caccamo (PA), 7 agosto 1952
Salvatore Carnevale Sciara (PA), 16 maggio 1955
Giuseppe Spagnuolo Cattolica Eraclea (AG), 13 agosto 1955
Pasquale Almerico Camporeale (PA), 25 aprile 1957
Paolo Bongiorno Lucca Sicula (AG), 20 settembre 1960
Tra il 1956 e il decennio successivo sono eliminati alcuni sindacalisti dei Nebrodi per opera della mafia. Il più noto è Carmelo Battaglia, ucciso il 24 marzo 1966 mentre si reca in un feudo acquistato dalla baronessa Lipari da parte di una cooperativa di pastori per il pascolo del bestiame.
N.B.: Per la reperibilità immediata di molti di questi fatti si possono consultare gli archivi on line dei seguenti giornali: L’Unità (www.unita.it), La Stampa (www.lastampa.it).
Il presente elenco non è completo.
Fonti orali: Antonella Azoti, Giuseppe Casarrubea, Nico Miraglia.
Giuseppe Casarrubea