Ormai non se ne parla nemmeno più. Gli spazi informativi al riguardo ci sono, sì, ma sono stati emarginati, la loro eco è stata ridotta, non godono di nessuna amplificazione, esclusa qualche rubrica televisiva che, di tanto in tanto, si rimette a fare il proprio dovere di “informazione”. Ma gli organi di cosiddetta informazione non dovrebbero solo informare. Dovrebbero anche “formare”. In quanto facenti parte di un grande meccanismo sociale è inevitabile che essi formino e (si) formino come spelucum societatis.
Riflettono alcune (sottolineo: alcune) tendenze sociali, le ufficializzano e offrono canali di diffusione. Non dovremo pertanto stupirci se avremo moltitudini di tronisti, se la nostra collega al lavoro sogna la grande vincita grattando con la monetina da un centesimo che considera il suo portafortuna. Siamo coltivatori di sogni materiali e abbiamo perso di vista la disperata solitudine del trascendente, affidando tutte le nostre speranze all’immanente.
Clarum est che di questo passo diventiamo fantocci. Io mi rifiuto di non credere che ci sia qualcosa di più grande di me. Non parlo necessariamente di fede o di una religione, parlo del primo passo, silenzioso, presente in ciascuno, che non sia il risultato di un’equazione matematica.
Il caso non può spiegare la felicità. Si è felici o si soffre per un motivo, non per pura casualità.
Ormai non se ne parla nemmeno più, di quelli che si sono arresi. Dei drogati. Di quelli lì, di quelli che si fanno, che se la iniettano in fondo alle vene, di questi gigli lasciati a marcire in angoli oscuri del presente, di questa gente non pettinata, non vestita, che non ha soldi per le droghe legalizzate: televisione, trucchi da mago, idolatria folle per miti che forse non meritavano la fama di mito, social network…
Tutto ciò che ci crea dipendenza, finanche la più fatale delle droghe: la felicità.
Occorre inseguire un sogno, non la felcità. Occorre coltivare il talento, non fare cieco affidamento sulla fortuna. Occorre raziocinio nelle scelte, non sempre e soltanto istinto.
Però quelle droghe lì, quelle medicine lì, no!
Occorre combattere la droga e i suoi finanziatori, non le sue vittime.
Attenzione, questo era un brano moralizzante. Ci crede solo una parte di me. L’altra parte vola via, insieme a pezzi di ipocrisia che la difenderanno per sempre. Siate ipocriti. Leggere e scrivere non basta, occorre agire, se ne avete il coraggio. Io non ce l’ho. Ho coraggio per altre cose, ma non per combattere queste guerre enormi. Credo nell’individuo, ma non ammettere la forza del Grande Fratello è da sciocchi. Non è una resa, ma una constatazione.
I faraoni hanno solo cambiato aspetto.
Tra i dubbi a cui non so rispondere io sono convinto che già le vere finzioni le allucinazioni sono quelle di questa realtà – LunaPop, Squerez, 2000 d.C.