Nell’articolo seguente, il filosofo e saggista Costanzo Preve s’interroga sulla crisi dell’Unione Europea, spingendosi fino a valutare le basi stesse dell’integrazione continentale. La risposta cui giunge il prof. Preve non è accettata acriticamente, ma si può (e si deve) discutere: egli giudica un errore anti-storico l’unificazione economica europea, e teme che intestardirsi nel perseguirlo possa risultare gravemente nocivo. Al di là della condivisione o meno delle tesi espresse, riteniamo che l’opinione del prof. Preve sia interessante poiché evidenzia una serie di problematiche reali; non ultima, la necessità di dotare d’una seria prospettiva geopolitica qualsiasi integrazione sovra-nazionale.
1. Il progetto di un’Europa politicamente e culturalmente unita è, in quanto tale, qualcosa di nobile. Esso trova le sue radici in una lunga storia, in cui peraltro le discontinuità ed i conflitti sono almeno altrettanto grandi della continuità e dell’affinità. Il discorso culturale sulle cosiddette “radici comuni” dell’Europa è molto diffuso, ma a seconda dei punti di vista diventa un gioco di aggiunte e di esclusioni. I credenti insistono sulle “radici cristiane” dell’Europa, mentre i laici cercano di toglierle in tutti i modi, ed insistono invece su temi a loro cari, come la rivoluzione scientifica e l’illuminismo. Dal momento che non sono per ora di moda nel difficile mondo dei ceti intellettuali politicamente corretti, Hegel e Marx sono però esclusi, in quanto sono ancora scritti sulla “lavagna dei cattivi”.
Le generazioni trainanti dell’unificazione politica dell’Europa sono state soprattutto due. La prima è composta da coloro che hanno vissuto il trauma della prima guerra mondiale, e sono ormai tutti defunti (Adenauer, De Gasperi, Schumann, eccetera). La seconda è composta da coloro, oggi ormai quasi centenari, che hanno vissuto il trauma della seconda guerra mondiale (il tedesco Schmidt, l’italiano Ciampi, eccetera). E’ allora del tutto chiaro il loro movente psicologico, che possiamo tranquillamente riconoscere come nobile: mai più il macello sanguinoso della prima guerra mondiale! Mai più il macello sanguinoso della seconda guerra mondiale! Pace ed unità fra i popoli europei!
E tuttavia, anche la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. L’aver cancellato Hegel e Marx come padri filosofici dell’Europa comporta anche la cancellazione della dialettica storica, e la sua sostituzione con l’innocuo moralismo kantiano e con le buone intenzioni retoriche.
In questa fine del 2011 i nodi sono giunti al pettine. L’unificazione economica europea è stata un atto di irresponsabile avventurismo storico. E allora non intestardiamoci nell’errore. Facciamo un passo indietro, finché siamo ancora in tempo.
2. In primo luogo, l’Europa non è un popolo o una nazione. Non esiste una nazione europea. Non esiste un popolo europeo. Chi prende in giro la bossiana Padania, dicendo che non esiste, ha effettivamente ragione (e anche io penso che la Padania non esista, già il Veneto ed il Friuli esistono molto di più), ma ha poi torto se pensa che invece l’Europa esista. Per dirla con Metternich, l’Europa è solo un’espressione geografica. L’Italia invece non lo è.
Un progetto politico, anche nobile, non può costituire una nazione. Ci vuole il consenso dal basso dei suoi cittadini. L’esempio della Bosnia dovrebbe insegnare qualcosa, se si volesse ancora imparare, e non fossimo nelle mani di manipolatori mediatici e di bombardatori Nato, con i loro vergognosi finti magistrati dell’Aia. I serbi e i croati non volevano stare insieme, e i musulmani da soli non potevano obbligarli. Un esempio contrario è la Svizzera, che infatti è un’unica nazione multiculturale. I ticinesi non sono stati costretti a stare con i tedeschi ed i francesi in una grottesca “elezione maggioritaria”, ma sono in stragrande maggioranza d’accordo a starci insieme. E potremmo fare molti altri esempi.
Paradossalmente, il solo che ha parlato di “Europa nazione” è stato il nazionalsocialista belga Jean Thiriart. Chiedetelo ai miei due amici Franco Cardini e Claudio Mutti, che da giovani ci hanno creduto. Ma il progetto era semplicemente politico, e non aveva vere radici nazionali. In un primo momento, si trattava di sbattere fuori dall’Europa sia gli Usa che l’Urss. In un secondo momento, suicidatasi l’Urss a causa del nichilismo antropologico dei “comunisti”, si trattava solo di sbattere fuori gli Usa (si tratta del progetto eurasiatico, che peraltro io condivido nel suo aspetto geopolitico). Ma, ancora una volta, le nazioni non si possono inventare.
Paradossalmente, da circa trent’anni il ceto universitario ha scoperto che le nazioni non esistono, che sono state inventate in epoca romantica da poeti e scrittori, e che sono semplici “comunità immaginarie”. Naturalmente, non è affatto vero. Le nazioni esistono, i popoli esistono, e soltanto le oligarchie finanziarie ed i loro intellettuali asserviti vorrebbero distruggerle. Non dimentichiamoci mai che, secondo la corretta impostazione di Bourdieu, gli intellettuali come gruppo sociale sono un gruppo dominato interno alla classe dominante. Gli intellettuali universitari hanno un guinzaglio lungo, perché devono dare l’impressione di essere liberi opinatori, certo molto più lungo di poliziotti, militari, diplomatici, eccetera, ma hanno sempre un guinzaglio, anche se lungo. Se il gruppo dominante della classe dominante, e cioè le oligarchie finanziarie globalizzate a guida imperialistica Usa, decidono che si deve archiviare lo Stato nazionale sovrano sulla moneta, è solo questione di tempo perché i pagliacci del circo universitario “scoprano” che le nazioni sono solo “comunità immaginarie”.
Ma ovviamente non è così. Le nazioni ed i popoli non si clonano dall’alto con una decisione economica. Nessuna Bce e nessuna giunta tecnocratica Monti potrà mai farlo.
3. Inoltre, il continente europeo è occupato da basi militari Usa, dotate di armamento nucleare, a quasi settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Non ci può essere democrazia ad Atene con una guarnigione spartana insediata stabilmente sull’Acropoli. Non ci può essere democrazia in Europa con le decisioni strategiche di politica internazionale prese in un diverso continente. La strategia imperiale Usa decide sovranamente di invadere l’Afghanistan, e gli europei sono tenuti a mandarci i loro soldati, per di più pagando le spese. Gli Usa decidono di aggredire la Serbia (1999), la Libia (2011), di tenere sotto pressione il Libano, la Siria, l’Iran, eccetera, ed i pagliacci europei seguono.
Per il circo mediatico e la corporazione universitaria questo non è un problema, e le basi nucleari Usa sono di fatto invisibili. Ma il fatto che siano invisibili per questi corrotti non significa che siano inesistenti, e questo sarebbe un bel problema per la corrente filosofica dei cosiddetti “nuovi realisti” (new realists), se per questi paludati pagliacci il “realismo”, e cioè la realtà esterna esistente oggettivamente, non si limitasse al cosiddetto “populismo mediatico” di Berlusconi e della sua corte di sicofanti e puttane.
Eppure, si vorrebbe fare l’Europa senza sovranità geopolitica. Ipocritamente ci prendono in giro dicendoci che, una volta fatta l’Europa, potremo contare di più anche rispetto agli Usa. Sfacciati mentitori! Il congedare le basi Usa in Europa non può essere l’esito finale di un processo, ma solo un presupposto per poter parlare di sovranità europea. Un bambino lo capirebbe, purché non imbonito e corrotto da giornalisti, opinionisti superpagati e professori universitari boriosi.
Ad un’espressione geografica che non era né un popolo né una nazione, e che per di più è occupata da basi militari straniere, si è voluto imporre una unificazione economica avventuristica. Fermiamoci prima che sia troppo tardi.
4. Molti degli oligarchi si sono accorti che l’Europa economica non può funzionare. Il gioielliere Bulgari (cfr. Repubblica, 6/12/2011) scrive che “la ricetta oggi non è tanto come salvare l’euro, ma come salvarci dall’euro”. Non si poteva dire meglio, ma lo scandalo è che debbano essere gli oligarchi a dirlo, perché la “sinistra” degenerata è passata dal culto del socialismo sovietico al culto dei “grandi insiemi commerciali” globalizzati (e questo tutta la sinistra, e non solo certo Bersani, Napolitano e Veltroni, ma anche Vendola, Ferrero e Diliberto, ansiosi di tornare in un parlamento commissionato e svuotato di ogni sovranità). Il santone degli economisti Joseph Stilglitz è ancora più chiaro di Bulgari: “gli economisti su entrambe le sponde dell’Atlantico non discutono più se l’euro sopravviverà, ma come far sì che il suo crollo provochi il minor sconquasso possibile” (cfr. Repubblica, 7/12/2011). Faccio notare che queste due sentenze oracolari dell’oligarchia (Bulgari e Stilglitz) sono state entrambe pubblicate da un quotidiano che nelle altre pagine urla che per salvare l’euro gli italiani sono chiamati a fare sacrifici terribili in termini di welfare ed età pensionabile.
È spiegabile questa palese schizofrenia, che fa a pugni con quella logica formale (le opposizioni reali senza contraddizione) che gli intellettuali dell’oligarchia contrappongono virtuosamente alla maledetta logica dialettica (con contraddizioni) di Hegel e Marx?
Io credo di sì, e cercherò di spiegare perché.
5. Noi siamo dominati da una oligarchia completamente fuori controllo. E fuori controllo perché si è sottomessa volontariamente, per avidità e rancore verso la plebaglia pezzente e le sue richieste di welfare e benessere, ad un meccanismo anonimo ed impersonale di accumulazione incontrollata del capitale finanziario. Nell’ultimo trentennio essa ha saputo incorporare nelle sue tecniche di dominio vecchi rappresentanti politici della plebaglia pezzente, esperti in manipolazione, demagogia e gestione della storica babbionaggine dei subordinati trinariciuti (in Italia curiosamente definiti “comunisti”, sit venia verbo). Essa ha incorporato sia il circo mediatico, in particolare televisivo, sia il circo intellettuale, in particolare universitario. Essa ha metabolizzato le vecchie identità di destra e sinistra in una nuova metamorfica identità, il Politicamente Corretto, nuovo conformismo sociale flessibile (culto religioso della Shoah ad espiazione perpetua, americanismo mimetico di schiavi e proconsoli vari, diritti umani a bombardamento incorporato, liberalizzazione del costume, confinamento della religione ad assistenza di drogati, malati, poveracci e al pentimento di ripugnanti assassini, vedi il caso Erica di Novi Ligure, colpevolizzazione delle masse politicamente scorrette come leghisti, fascisti, nazisti, eccetera). Il mercenariato “comunista” (preferisco chiamarlo scandalosamente così piuttosto che esorcizzare l’orrore con il rassicurante e deviante termine di ex-comunisti) è stato un esempio di quello che i teorici delle élites (Mosca, Pareto e Michels, ma particolarmente Pareto) hanno a suo tempo definito come un processo di circolazione e di rinnovamento delle élites stesse.
6. Questi figuri ci porteranno nel baratro non tanto perché siano soggettivamente malvagi (anche se in molti casi lo sono), ma perché si sono consegnati mani e piedi ad un meccanismo riproduttivo fuori controllo, una religione idolatrica di economisti che ha sostituito la vecchia religione artigianale monoteistica di preti, pretini, pretori, pastori, rabbini, ulema, bonzi, stregoni sioux, oggi convocati spesso in riunioni di babbioni salmodianti, non si sa se più ipocriti o cretini (o tutti e due).
Quest’Europa, quindi, è fuori controllo. A scadenza storica, passati i tempi nervosi dell’attualità politica, l’euro sarà servito alle oligarchie a distruggere 150 anni di risultati, sia pure modesti e miseri, di riformismo socialista e “borghese”. Gramsci non avrebbe mai potuto immaginare che questo sarebbe stato fatto, in un’inedita combinazione di tragedia, commedia e dramma satiresco, con la collaborazione attiva di alcuni mostri da lui stesso evocati, come D’Alema e Napolitano. Ma chi conosce la storia di Frankenstein non dovrebbe stupirsi.
Soltanto la dialettica, hegeliana e poi marxiana, può spiegare questo processo. Per questo la dialettica è esorcizzata, sia in alto (i sofisticati intellettuali) sia in basso (la plebaglia ansiosa di linciare prima Craxi e poi Berlusconi). Ma forse la giunta Monti, arrivata al potere con un vero golpe freddo (la minaccia al Berlusca di far fuori le sue aziende in borsa) innescherà un processo di ripensamento. Non ci spero molto, perché conosco la stupidità dei miei polli. Ma cerchiamo di crederci.
* Costanzo Preve, filosofo e studioso del marxismo, è autore di numerosi saggi, anche sulla politica internazionale