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Più immigrati e meno lavoro per noi? L’Europa dice sì all’area di libero scambio con il Nord Africa

Creato il 13 maggio 2012 da Iljester

Più immigrati e meno lavoro per noi? L’Europa dice sì all’area di libero scambio con il Nord Africa

Questa è una delle solite notizie che passa sotto silenzio nel mare delle informazioni che ci provengono da internet e dai mass media tradizionali. Fosse solo che, apparentemente, non sembra una notizia granché importante, non risalta nei giornali, pure quelli telematici. È degna di un trafiletto a margine, tanto per riempire la pagina. Ma così non è. È una notizia che induce a una serie di riflessioni.

Prima di tutto l’area Schengen (con l’euro) è stata la nostra grande rovina. L’industria manufatturiera italiana ha subìto solo danni dal progetto di integrazione europea che predica il libero scambio, poiché ha permesso che entrassero in concorrenza con l’Italia, paesi i cui standard di produzione sono alti (in termini quantitativi) e nel contempo presentano un costo di lavoro vergognosamente basso (vista l’assenza di quel complesso di norme di garanzia del lavoratore e di qualità del prodotto). Conseguentemente, le aziende nostrane progressivamente hanno iniziato a chiudere battente, e molte di loro hanno iniziato a trasferire la produzione industriale in quei paesi. Vedi Romania, Repubblica Ceca, Polonia ecc.

Ora però si affaccia un altro pericolo che rischia di accentuare ancor più la deindustrializzazione dei paesi occidentali, e in particolare dell’Italia. La possibilità che venga allargata l’area di libero scambio anche ai paesi extraeuropei come il nord Africa, dove si è sviluppata la ormai nota Primavera Araba, che sarebbe meglio e più corretto definire la “Primavera Islamica”, visto che là dove essa è arrivata ha portato la Sharia a comandare. Ebbene, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che allarga ai paesi nordafricani l’area di libero scambio.

Conseguenze? Beh, prima di tutto la possibilità che molte aziende europee e in particolare quelle italiane trasferiscano la loro produzione in paesi come Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco, dove gli standard di vita sono (molto più) bassi e dove il costo del lavoro è un terzo se non un quarto del nostro (e forse sono pure ottimista). In secondo luogo, l’area di libero scambio potrebbe portare un giorno alla possibilità di libera circolazione dei migranti africani nel territorio europeo, come è accaduto con i rumeni. Le ulteriori conseguenze sociali che si verificherebbero potrete intuirle da voi, visto che si tratta di persone di religione islamica.

Ciò detto, la mia impressione finale è questa. Esaminando con sufficiente attenzione le politiche europee che si orientano verso un liberismo selvaggio e a-etico, apolitico e speculativo (apparentemente scongiurato da iniziative politiche che vanno in senso opposto, ma solo apparentemente), credo che sia in atto una vera e propria guerra commerciale tra il rampante oriente e il vecchio occidente. Il secondo vuole rimettersi in pari con il primo dopo decenni di politiche sociali volte a tutelare le fasce deboli e la qualità della vita. Ora per alcuni probabilmente non è più tempo di simili “concessioni”. La concorrenza cinese, indiana, coreana, thailandese, taiwanese è talmente spietata che l’unica soluzione che oggi appare plausibile per la vecchia Europa, è riportare indietro l’orologio a uno status lavorativo e produttivo di inizio ventesimo secolo. E quale modo migliore se non allargando l’Europa economica a quei paesi che già in quello status ci vivono?

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Fonte: Imolaoggi.it

di Martino © 2012 Il Jester 


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