Cristina Maccarrone nel suo racconto cita diversi mentori, il più importante dei quali è il suo papà che gli ha insegnato tra le altre cose, a darsi da fare. Quel “fare” che ti permette poi di raggiungere risultati duraturi. Vi ricordiamo che fino al 30 settembre è possibile donare due euro inviando un sms al numero 45507 o cinque euro dal telefono fisso per “Cambia la vita di un bambino” iniziativa di Mentoring Usa Italia Onlus
Faccio parte di quelle persone che non sanno dire chi è il proprio migliore amico. Che non amano le graduatorie o mettere qualcuno al “primo posto” per questo lì per lì pensare ad un solo mentore nella mia vita mi ha lasciato un po’ perplessa. “Uno solo?” è la prima cosa che ho chiesto. E questo c’entra con il fatto che “mi innamoro” spesso delle persone e che in ogni fase della mia vita ho forse avuto un mentore. Lo so: vado contro la definizione classica, che ha visto solo Mentore essere il prezioso consigliere di Telemaco, ma per me è stato così fin da quando ero piccola.
Be’, il primo è sicuramente mio padre. Sono una di quelle bambine “innamorate” del proprio padre che non ha mai avuto il coraggio di rivelarglielo quando era piccola e che ci ha provato forse in modo grossolano da grande. E che ci prova ogni volta che cerca la sua approvazione su cose su cui abbiamo pareri diametralmente opposti. Mio padre che mi ha insegnato a sopportare la fatica fisica e che mi dice sempre “Piuttosto che lamentarti, fai”. È lui che, nonostante abbia affrontato periodi molto duri in cui non è mai venuto meno alla sua responsabilità, mi ha insegnato l’importanza del fare. Ma non del fare che spesso mi contraddistingue ossia il volere non perdermi nulla, ma quel fare artigiano, quel fare che ti porta con pazienza e tenacia ai veri risultati. Quelli duraturi.
Non un solo mentore, e se vado con la memoria solo di una manciata di anni, quando ho iniziato a fare la giornalista, è come se nel mio destino ci fosse un nome che ricorre spesso: Luca.
Luca è stato il mio primo capo in un giornale locale, mi ha “insegnato” a scrivere, a insistere quando le notizie sembravano non venire fuori, a metterci quella punta d’ironia che serve per affrontare le cose e a divertirmi con questo lavoro. Un altro Luca, o meglio Gianluca, in un altro giornale, quando ai tempi scrivevo anche di cronaca nera. Che mi telefonava a mezzanotte per una virgola fuori posto, ma che ogni volta mi ricordava quanto i particolari e l’essere precisi potessero e possano servire per comunicare nel modo migliore. Un altro Luca, un altro mentore, capo di un giornale molto importante, una persona che ha creduto in me quando non ci credevo neanche io e che mi ha accompagnato in quella ricerca costante di storie da raccontare senza dimenticare che qualsiasi cosa si faccia, qualsiasi cosa si scopra, quel che conta è avere il massimo rispetto per tutto e per tutti. E io ci provo.