Magazine Diario personale

Pizzaiuolo

Da Antonio

Mito da tavola e da cartolina. L’ambulante scendeva e risaliva i vicoli portando sulla testa uno scudo di stagno sul quale fumavano pizze all’aglio origano e pomodoro, alla mozzarella, alle alici salate. Gridava: «Uh, ca io me cocio! Vullente». Oppure: «’A lava e ll’uoglie». Altre voci erano modellate su geniali offerte di propaganda, del tipo «Nu sordo a mamma e figlia», si offriva cioè, al medesimo prezzo una pizza intera alla madre e un assaggio alla bambina.
Negli anni ’30 una bionda pizzaiola dei Quartieri Spagnoli inventò l’accattivante slogan «Ccà se magna e nun se pava». Mezza verità, intera prova di fiducia: la prima pizza era gratis, pagavi a partire dalla seconda. Una specie di lancio di prova, come fanno oggi le grandi industrie.
Già da tempo, per i più poveri, era nata la pizza “oggi a otto”, che si pagava a distanza di una settimana, con comodo.
Inventata per placare la fame a minimo prezzo, la pizza ha subìto variazioni di gusto nel tempo. Brandi a Chiaja diventò famoso per la margherita, pomodoro e mozzarella in omaggio all’omonima regina.
Negli anni ’50 Alfonso Ottolino, figlio di Monzù Vincenzo, titolare del ristorante D’Angelo, spopolò con la “pizza al segreto”. Oggi le pizze hanno i gusti più disparati, ma sono i classici restano sempre i più richiesti.



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