- Poetry – 2011 - ♥♥♥ e 1\2 -
di
Lee Chang-dong
Il corpo di una giovane ragazza galleggia sulle rive di un fiume. Questo è l’ inizio dell’ ultimo film del coreano Lee Chang-dong che ha conquistato Cannes, e che inizia come se fosse un thriller, tramutandosi in seguito in uno stupendo trattato sulla poesia della vita. La protagonista è Yoon Hee-Jeong, che in Corea è ormai un’ istituzione nel mondo recitativo e che vanta ben 330 film. Interpreta una donna anziana che sconvolta dal suicidio di una giovane ragazza e da sempre dedicata all’ educazione del nipote e ad alcune attività di volontariato, decide di aprire la sua vita alla conoscenza della poesia. Sarà proprio grazie a questo incontro che Mija inizierà a prestare occhio a ogni sfumatura e ogni particolare di ciò che vive e che le si presenta quotidianamente in maniera differente ed emozionante. Emozione che dovrà scontrarsi inevitabilmente con l’ Alzhaimer che la condannerà nel futuro alla perdita di tutti i suoi ricordi di vita. La macchina da presa di Lee Chang-dong si muove con un minimalismo degno di nota e lascia estrema libertà alla sua attrice che con ogni sua lunga espressione sa trascinare a sè gli spettatori. I tempi e ritmi del film (la durata del film è di più di due ore) rischiano di essere non molto congeniali a quelli occidentali ai quali siamo abituati, ma se si avrà la pazienza di rilassarsi e farsi trascinare nel mondo di Mija alla fine non si potrà che essere positivamente ricompensati dal viaggio tra le nuvole nel quale ci conduce. Il percorso narrativo è decisamente particolare e ci mostra ciò che apparentemente distruggerebbe (emotivamente e psicologicamente) qualsiasi essere umano in una chiave differente e insolita, ma al tempo stesso anche semplice da applicare. Come se la ricerca di questa poesia sia sempre davanti i nostri occhi, che stanchi e filtrati dalla quotidianità e dal dolore non riescono però a scorgerla. C’ è un’ attenzione particolare ai dettagli nel film di Chang-dong che pur rischiando di finire ben presto nella lunga schiera dei film asiatici meditativi riesce a non finire nella totale indifferenza soprattutto grazie alle straordinarie capacità espressive della sua attrice protagonista. In un mondo, che Mija consapevolmente capirà essere circondato da violenza (quella del nipote e dei suoi compagni adolescenti che hanno violentato la giovane ragazza suicidatasi) e maschilismo (quella dell’ anziano invalido alla quale fa da badante), c’è anche la speranza di una visione parallela e al tempo stesso alternativa delle cose, riuscendo a vedere del bello anche dove apparentemente non vi sta. Pur passando sempre dal dolore, dalla comprensione e dall’ ammissione dell’ incapacità di dover a tutti costi essere onnipotenti. Un film che si rivela al tempo stesso un film sull’ anzianità e sulla saggezza che molte volte questa tanto sottovalutata età della vita può apportare alla nostra esistenza.
( Karaoke Moments)
( Guardare le cose con occhi differenti)