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Poesie di Nunzio Festa

Creato il 20 febbraio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da mmagliani su febbraio 20, 2012

Un breve estratto del poema di Nunzio Festa Quello che non vedo (Altrimedia Edizioni, 2010), seguito da due poesie tradotte anche in inglese.

l’istinto è di considerarmi
avvelenato e vinto
battuto
di non riuscire a rimettermi
nel funesto
sconfinamento
che di sconfinare
sento il bisogno
pure
la riga reale è quella
da sotterrare
accanto ai limoni marciti
l’alibi della sorella
ho da sfamare
con i musoni
di tutte le piazze
ammattiti dalle nefandezze
e con le battute
le treccioline irsute
incatenate
ancora una volta intruppate
nei villaggi turistici
in megaschermi calcistici
in un rivolo di lavoro
a cottimo
in un ottimo
abbandono del decoro
per spiccioli garantiti
dai piatti lavati
sul bagnasciuga della costiera
metapontina sulla lettiera
dei depravati a ore
dei signorotti delle sere
quelle sere incastonate
nelle pruriginose scopate
la dignità sfreccia
e macchia la striscia
consumata da una vecchia
assopita sulla liscia
coperta di cartone
sul pantalone
sfregato del nipote
assunto a giornate
in campi di meloni
e pesche
e che le esche
dei rapinatori non sornioni

trasportano sulle manutenzioni
nelle camerate gigantesche
da edificare
che per accordo non devono
scontare
possono non pagare
come non sanno rimborsare braccia
e menti
i denti
sono pronti a ringhiare
ma le fauci delle boccacce
dei tessitori di fregature
non è solo questa pasticca
la pillola che fa parlare
mi fa dire
quella forza ancora non vinta
la testimonianza è necessaria
per smascherarsi
ma persino per abolire
l’energia nucleare

Da Dieci, silloge poetica in e-book, (Errant Editions, 2011)

DOMENICA DEL PAESAGGIO

la cucina del vicino
è sempre zeppa di due nonni
di buongiorno e frasi al sole cotto
non hanno viole
ma suole
che fanno centimetri
e sempre le stesse attese
di parenti vicini
(piccini possedimenti)
aumenti di gas a bollette
e strette a forma di telefonate
spesso si mettono a pensare
dei bambini:
nipoti belli
che sorridono ma in braccio
non ci sono
a quando il suono delle canzoni
torceva le dita della fisarmonica

FUORI DALLA GUERRA
la collina non vede
la guerra
ha rimesso in cantina
quella non avuta
la caduta del mondo
non ha toccato
e non tocca
pellicce vere
fino a che
il poco lodato terreno
sudato
stremato
dimenticherà il peso
di reggere corazze di piume
e si libererà di sé
in quel momento
tutto sarà
vicino
come era stato
e non si vedeva
la conoscenza tardiva
dei problemi
non ci sarà
nemmeno o
per fragoroso movimento non piano
la scienza c’avrà salvato
in cartolina

—-

Da Ten, traduzione in inglese di Michela Navolio della silloge Dieci, (Errant Editions, 2012)

LANDSCAPE SUNDAY

the kitchen next door
is always crammed with two grandparents
of cooked sun’s good mornings and sentences
they have no viols
but soles
that make centimetres
and ever unchanging waitings
for close relatives
(tiny possessions)
increases of gas in bills
and phone call-shaped grasps
they often set about thinking
to the kids:
lovely grandchildren
smiling but far
from their arms
and they think back to when the sound of songs
twisted the accordion’s fingers

OUT OF WAR

the hill does not see
war
it has put the one it never had
back into the cellar
the fall of the world
has not touched
and does not touch
real furs
until when
the sweaty
exhausted
little praised land
will forget the weight
of bearing plumed armours
and free itself from itself
in that moment
everything will be
near
as it was
without being seen
the late knowledge
of problems
will not even
be there or
by a thundering sloping movement
science will have saved us
in a postcard


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