Poetica follia…

Da Ultimafila22

di Giacomo Pagone

Bel discorso. Bravo. Ma uno specchio non può apprezzarne a pieno l’intensità e la passione. Prende il piccolo registratore su cui sta incidendo le prove della sua dichiarazione e riascolta il discorso. Troppo precipitoso. Cerca di essere più calmo, e intanto rilegge quell’interminabile frase che lo fissa dalla pagina di un vecchio quaderno di scuola. Tentativo numero 27. Stavolta sii più naturale, non andare veloce e non mangiarti il finale delle parole.

Fuori dalla finestra il mondo gira come ogni giorno, la vita procede, nascono bambini, muoiono persone, le coppie si sposano si amano e si lasciano. Questo, però, è un altro mondo. Nel suo mondo il tempo scorre veloce, troppo veloce, e il discorso non è ancora pronto. Lo specchio riflette l’immagine di un folle vestito in giacca e cravatta che da un’ora continua a farsi e rifarsi la stessa dichiarazione. L’anello riposa sornione nella piccola custodia di velluto blu, e viene cullato avanti e indietro da quelle mani sudate e nervose, al ritmo di quella assurda nenia.

Sposami. Vuoi Sposarmi? Vorresti diventare mia moglie? Affrontiamo insieme questo lungo cammino chiamato vita. Wow, mille modi per dire la stessa cosa e lui non sa proprio quale scegliere!

Il primo sole pomeridiano di giugno riscalda quel piccolo quartiere di Roma, le strade sono quasi vuote, sono in pochi i temerari che osano sfidare quella canicola. Lui tutto questo caldo non lo sente. La cravatta è ben annodata, la giacca, di una taglia più grande, gli copre parte delle mani e le scarpe nere e lucide sembrano stivali di piombo. La lingua inciampa tra i denti, le parole si mischiano e le frasi suonano come il delirio di un povero pazzo.

Il tentativo numero 28 viene accompagnato da quello numero 29, poi 30 e così via.

 Pensa a lei. Solo così puoi tranquillizzarti. Pensa a quei suoi capelli castani e a quei meravigliosi ricci che si intrecciano tra loro come fossero reti da pesca in cui vorresti cadere prigioniero. Gli occhi da cerbiatto, grandi, color nocciola, profondi. La carnagione chiara, lattea, e quei suoi nei che sembrano formare delle costellazioni su quel magnifico cielo che è il suo corpo.

Tentativo 35. Non c’è più bisogno di leggere, le parole sono impresse nella sua mente. Chiude gli occhi, fa un respiro profondo e dichiara per l’ennesima volta il suo amore alla stanza vuota. Questa volta la dichiarazione si gonfia come una vela al vento. Ci siamo. Un ultimo sguardo al completo, impeccabile. Una spruzzata di profumo e poi via verso il futuro, verso la vita, verso l’amore.

Uscito di casa si ferma al fioraio e compra una dozzina di rose rosse. Si tasta la tasca cercando di trarre forza dal contatto con la custodia dell’anello.

“E’ oggi il gran giorno?” gli chiede la fioraia, con un sorriso dolce e divertito.

“Già”

Risponde a monosillabi perché mentalmente ripassa quelle poche righe che conosce a memoria, e che sono diventate, ormai, il suo mantra.

Mentre si allontana dal fioraio studia mentalmente il piano d’azione. Tutto è calcolato nei minimi particolari: entra nel supermercato- lei è una commessa- le si inginocchia davanti, le prende la mano- quella dolce e sottile manina- e le dichiara il suo amore. Poi lei sorriderà, dirà di sì, lo abbraccerà e lo bacerà, e allora andranno via insieme. Nei film funziona così!

Sei davanti alle porte scorrevoli del supermercato. Coraggio, è solo una dichiarazione. Tentenna. Che ti prende? L’hai provata talmente tante volte a casa che se lo specchio avesse potuto parlare ti avrebbe sposato solo per non sentir più quella litania. Respira. La vedi attraverso i vetri con affissi i cartelloni delle offerte promozionali. E’ lei, la donna della tua vita. Sarà la tua amante, la tua sposa e la tua migliore amica. Bastano solo quelle semplici parole. Centodue parole. Le conosci, le hai scritte tu. E’ tutto così semplice, non fare il complicato. Quando avrai finito scapperete via insieme e suggellerete con un bacio la vostra promessa di eterno amore.

Piccole e infide gocce di sudore iniziano a imperlargli il viso, effettivamente fa molto caldo e la tensione del momento di certo non aiuta. La gola è secca e sembra che abbia appena ingoiato della sabbia rovente. Mancano solo pochi metri, ma le gambe iniziano a pesargli, i polmoni reclamano più ossigeno, le parole della dichiarazione si mischiano tra loro.

Chiude gli occhi.

Percorri quei maledettissimi metri che ti separano dalla tua amata. Lei non ti ha visto ancora, continua a parlare e sorridere ai clienti. Sicuramente non si aspetta questa sorpresa.

Le mani si fanno scivolose. Serra la presa sul mazzo di rose, di cui, ormai, non sente più l’odore. Potrebbe essere tutto così semplice. Il mondo intorno a lui solo ora sembra essersi bloccato. Il vento caldo smette di arroventare i muri dei palazzi, gli uccellini tacciono e l’unico rumore che sente è quello del suo cuore che sembra voglia scappar via.

Riapre gli occhi e ha quello sguardo.

Ah no, io lo conosco quello sguardo. No, no, no, no. Non puoi tirarti indietro proprio ora. Hai scalato una montagna e ti fermi un metro prima della vetta? Finisci ciò che hai iniziato, per una volta.

Inutile. Sorride. Conosco anche quel sorriso. Significa “pericolo scampato”, o meglio “ehi, io ci ho provato”. Gira su se stesso e risale lungo la strada. Si ferma al cimitero e sceglie con cura le tombe tra cui dividere quel mazzo di rose.

Come ogni giorno sceglie sempre quelle con meno fiori. Come ogni giorno, già, perché questo teatrino va in scena ogni giorno alle due del pomeriggio, puntuale come un orologio svizzero. Ripete per un’ora la dichiarazione, esce di casa, compra i fiori e si piazza davanti al supermercato. Dopo dieci minuti di eterna indecisione gira sui tacchi e torna indietro. Passa dal cimitero e adorna con i suoi fiori le tombe più spoglie, poi, soddisfatto, ritorna a casa. Ciò che per tutti sarebbe frustrante, per lui è una routine. La fioraia gli chiede ogni giorno se quello sia il giorno giusto. Lo conoscono tutti, ormai. Tutti tranne lei. Già, perché il nostro pavido eroe non ha mai avuto il coraggio di presentarsi, preferisce bruciare di un amore distante. Non sa nemmeno il suo nome. Se lo sapesse, probabilmente questa quotidiana follia perderebbe quella linea sottile che divide la pazzia dal romanticismo.

Tornato a casa si spoglia e sistema il vestito buono sulla sedia, pronto per il giorno successivo.

Sarebbe tutto così semplice se solo provasse ad entrare in quel supermercato. Tuttavia quella istantanea passione, causata dall’adrenalina del momento, svanirebbe, e i gesti perderebbero il loro significato.

Va bene, riposati adesso. Sii fiero di te stesso, eterno attore di un teatro permanente. In fondo hai ragione tu, cosa è la vita se non un lunghissimo racconto in cui ognuno scrive la propria trama?


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