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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
Umberto Saba
Il celebre e sempre citato psicoanalista Sigmund Freud (1856-1939) sostiene che la nostra libido si sviluppi nella prima infanzia e che gli eventi di questa fase della nostra vita siano costitutivi e influenti per le scelte e gli atteggiamenti che useremo nel rapportarci all’altro sesso e nell’ accettare con serenità o meno la nostra sessualità. In questo periodo, infatti, iniziamo a prendere coscienza del nostro corpo e dei nostri desideri attraverso un complesso meccanismo di attrazione e repulsione nei confronti dei due sessi che vengono inizialmente rappresentati dai nostri genitori. Se questa delicata fase esistenziale viene turbata da avvenimenti per noi “ traumatici” anche la nostra sfera sessuale ne risentirà e sorgeranno disturbi tra i quali il complesso di Edipo o di Elettra.
Questa è la premessa doverosa per poter comprendere al meglio la poesia di uno dei poeti più “umani” e così “semplicemente”,” infantilmente” complessi tra quelli che figurano nel poliedrico scenario della letteratura del Novecento : Umberto Saba (1883-1957). La poesia di Saba potremmo metaforicamente definirla come una parte del suo corpo, un qualcosa che non può essere assolutamente scisso dalla sua esistenza e da quegli avvenimenti che hanno fatto del piccolo Umberto un uomo in preda alla nevrosi e un poeta, anche per questo, straordinariamente profondo. Una profondità così semplice e alla “mano” proprio perché sgorga viva e diretta, senza artifici né retorica, da un animo che alterna la quiete alla tempesta.
Nel mondo odierno dove il corpo, nella maggior parte dei casi, è carne da offrire, merce da scambiare, un oggetto da mostrare, sembra così lontano e arcaico il modo in cui Saba affronta la tematica della sessualità ,polimorfa e misteriosa, dove nel componimento “Eros” , contenuto nella sezione “Cuor morituro” del “Canzoniere” a spogliarsi è soprattutto l’anima; l’ anima di un “giovanetto”, come lo chiama il poeta, in cui non fatichiamo a riconoscere il Saba stesso, in quel rapporto complesso e sfaccettato con le donne, con l’amore, con il sesso , con la vita in generale e con se stesso. Leggiamo:
Sul breve palcoscenico una donna
fa, dopo il Cine, il suo numero.
Applausi,
a scherno credo, ripetuti.
In piedi,
dal loggione in un canto, un giovanetto,
mezzo spinto all’infuori, coi severi
occhi la guarda, che ogni tratto abbassa.
È fascino? È disgusto? È l’una e l’altra
cosa? Chi sa? Forse a sua madre pensa,
pensa se questo è l’amore. I lustrini,
sul gran corpo di lei, col gioco vario
delle luci l’abbagliano. E i severi
occhi riaperti, là più non li volge.
Solo ascolta la musica, leggera
musichetta da trivio, anche a me cara
talvolta, che per lui si è fatta, dentro
l’anima sua popolana ed altera,
una marcia guerriera.
Applausi , a scherno credo, ripetuti. In piedi, del loggione in un canto, un giovanetto, mezzo spinto all’infuori, coi severi occhi la guarda, che ogni tratto abbassa. E ‘ fascino? E’ disgusto? E’ l’una e l’altra cosa? Chi sa? Forse a sua madre pensa, pensa se questo è l’amore. I lustrini, sul gran corpo di lei, col gioco vario delle luci l’abbagliano. E i severi occhi riaperti, là più non li volge. Solo ascolta la musica, leggera musichetta da trivio, anche a me cara talvolta, che per lui si è fatta, dentro l’anima sua popolana ed altera, una marcia guerriera.”
Il componimento consta di 16 endecasillabi e un settenario finale e narra ,attraverso un ritmo spezzato fatto di enjambement, che sembrano seguire e sottolineare l’affollarsi dei pensieri e delle sensazioni che si accalcano nell’animo e nella mente del protagonista, della visione di una donna che inizia a muovere il suo corpo in maniera provocante, rievocando in lui il rapporto con la propria madre.
“E’ fascino? E’ disgusto? E’ l’una e l’altra cosa? Chi sa? Forse a sua madre pensa, pensa se questo è l’ amore.” Con poche e significative parole, Saba ci conduce subito al nocciolo della questione, a quel piccolo Umberto che cresciuto senza padre, ha attraversato la sua infanzia e l’adolescenza, periodi formanti, immerso tra sole donne, e da loro, prima fra tutte la madre, non riesce a staccarsi. La mancanza di un punto di riferimento maschile, l’assenza della figura paterna ha causato conseguenze di cui il poeta porterà strascichi anche da adulto. La donna, confusa indissolubilmente con la madre, diviene per lui qualcosa di sacro, inviolabile, per questo non degno di essere guardato con malizia, di essere desiderato con ardore. Umberto dinanzi al genere femminile è come un bambino non cresciuto, che chiede protezione. Come potrebbe desiderare una donna? Significherebbe desiderare sua madre. Da ciò,“ è disgusto? “ .
La stessa Lina, moglie del poeta, come racconterà lui stesso nella poesia “A mia moglie”, non rappresenta quell’amore travolgente e passionale, ma l’ancora di salvezza, la donna-angelo moderna, calata nella quotidianità, che è per lui l’annunciatrice di “un’altra primavera”, che lo salva, lo trascina fuori dalla sua “ vecchiaia”, d’animo si intende. Ma c’è l’ altra faccia della medaglia, l’Umberto pur sempre uomo, che viene nonostante tutto, attratto dalla donna, essendone affascinato. Un fascino che non accetta con serenità, che gli fa fare i conti con la sua natura di uomo, cresciuto ormai, che gli fa chiedere cosa mai significhi essere “uomo”. E allora ecco palesarsi la “ marcia guerriera”, il bivio, la scissione, i due poli genitoriali. Una donna , la madre, con la forza e il coraggio che generalmente e talvolta erroneamente , si attribuiscono agli uomini, ed un uomo, il padre, che si dimostra molto più fragile della fragilità, che talvolta, sempre erroneamente, è attribuita alle donne. Ed ecco confondersi i sessi, superare quei limiti costruiti sui pregiudizi duri a morire, ed emergere un’anima, quella del poeta, che confonde uomo e donna, ammirazione e desiderio, moglie e madre, virilità e paternità.
C’è un’altra chiave di lettura di questo bivio: due educazioni, due insegnamenti, quello rigido e moralistico della madre, “guerriero”, e quello “leggero” della balia o potremmo dire anche del padre, di quel padre che pur non occupandosi della sua educazione, con le scelte di vita che compie, gli dimostra “la leggerezza” del vivere, descritta nel componimento “padre è stato per me l’assassino”, a cui il poeta si ispirerà nella sua arte. Questi due modi differenti di affrontare la vita portano Umberto a chiedersi quale sia il migliore, senza però trovarne risposta. E allora il compromesso: il protagonista di “Eros” che abbassa lo sguardo ed evita di guardare la donna, ma ascolta la musica e lì vi concentra i suoi pensieri. Si conciliano così i due insegnamenti, che si fondono in un compromesso non solo in questi versi, ma nell’intera opera di Saba, che attraverso la sua poesia, fatta di un linguaggio familiare e semplice, contiene invece tematiche attuali e brucianti.
Docere e delectare, il cucchiaio ricolmo di medicina amara e bordato di miele appetitoso, direbbe Lucrezio.
Di Elvira Fornito.