#dateciinomi. Non importa chi abbia dato per primo la notizia: l’Unione Sarda che sguaina a spada tratta nei social network l’hastag #dateciinomi, oppure la testata online Sardiniapost, citata anche da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. E’ un dettaglio che rischia solo di ingigantire l’inguaribile vanità di cui siamo capaci noi giornalisti. In ogni caso lo scandaloso vitalizio a 41 anni di Claudia Lombardo, percepito perché, probabilmente grazie al buon bacino elettorale di cui godeva la famiglia, l’esponente berlusconiana del Sulcis è riuscita ad entrare a soli 21 anni in Consiglio regionale e rimanere accardancata alla poltrona per ben quattro legislature, ha scatenato una inevitabile gogna mediatica che ha nuovamente portato sottozero il gradimento dei cittadini sardi verso la politica dopo lo scandalo dei fondi dei gruppi in Consiglio regionale.
#dateciinomi e #datevoceaisardi
Non sono mai stato particolarmente simpatico alla Lombardo. Eppure devo dire che, nella scorsa legislatura, impressionava la sua grande conoscenza del Regolamento, sciorinato quasi a memoria quando presiedeva, con fermezza maggiore rispetto a molti colleghi maschi, le sedute del Consiglio regionale. A quanto pare, stando alle sue ultime dichiarazioni, le doveva però essere sfuggita una piccola norma in merito al funzionamento del sistema pensionistico dei consiglieri! Quando facevo domande alle conferenze stampa sembrava sempre un po’ scontrosa. Forse perché lavoravo in una testata che non era schierata con la sua maggioranza politica. Storceva il naso. Boh, forse è timida, pensavo. Certo, le domande potevano essere un po’ scomode. Ma non era cattiveria, davvero. Lo giuro. A me era anche simpatica, con quel suo accento iglesiente (non molto inglese).
In ogni caso, la Lombardo sembrava più disponibile a conversare amabilmente con i colleghi del gruppo editoriale Unione Sarda. Quella stessa Unione Sarda che adesso rivendica con forza la paternità della battaglia giornalistica per la trasparenza, combattuta su Facebook e Twitter con il fortunato hastag #dateciinomi. E che, probabilmente senza neppure averci prima conversato amabilmente, ieri ha titolato in prima: “Lombardo, baby pensione a cinquemila euro al mese”, ricordando i 41 anni dell’ex presidente e la promessa solenne da lei fatta di ricevere la pensione solo a 50 anni.
La vita è cosi, cara ex presidente Lombardo. Corsi e ricorsi.
Eppure la Lombardo è stata la prima a rispondere, è doveroso ricordarlo, alla campagna mediatica del #dateciinomi e a questa improvvisa (benvenuta anche se tardiva) operazione trasparenza avviata dalla stampa isolana.
Ovviamente, come ha detto Gian Antonio Stella intervistato da Tiscali, nessuno crede veramente che la pensione della Lombardo, per quanto l’ennesimo segnale sconfortante mandato dalla politica ai cittadini, sia la causa dei mali della Sardegna. Come la panacea non saranno certamente gli scoop, o presunti tali, sui superTfr e sugli assegni di fine mandato da cinquantamila euro percepiti da tanti ex consiglieri regionali.
E’ vero, ora c’è la crisi economica, la gente è incazzata nera. Ma è il caso di ricordare che dei costi della politica sarda, ivi compresi i vitalizi e le indennità di reinserimento dei politici nella vita quotidiana, quasi fossero dei tossicodipendenti drogati dal troppo benessere e dai troppi privilegi, se ne parla da tanti anni.Vogliamo ricordare la proposta di legge popolare per cui, nel lontano 2005, il comitato algherese Lu Puntulgiu chiedeva il dimezzamento degli stipendi dei consiglieri regionali e l’abolizione dei privilegi come il vitalizio e il reinserimento a fine mandato (17mila firme)?
O più recentemente la raccolta di firme, 20 mila, con cui Italia dei Valori Sardegna chiedeva la riduzione degli stipendi, l’abolizione dei fondi ai gruppi e l’abolizione dei privilegi come i vitalizi (che nella scorsa legislatura sono stati eliminati, ma chissà perché soltanto per le legislature a venire)? Non è un periodo tanto lontano, parliamo solo di un paio d’anni fa.
Nel mio lavoro di addetto stampa dell’IdV devo dire di aver faticato molto per far passare sui giornali e sulle tv la notizia, spesso relegata a una “brevina”, della raccolta di firme per il taglio dei costi della politica. Certo, quella raccolta non era stata avviata dai partiti più potenti, Pd o Pdl, che andavano per la maggiore a Roma come a Cagliari e mai avrebbero potuto prendere una iniziativa di questo genere. Ma quella iniziativa, anche se la stampa isolana non se ne è praticamente accorta, aveva un grande valore perché era portatrice della volontà di migliaia e migliaia di sardi.
Morale: sia la proposta de Lu Puntulgiu che quella di Idv sono state dimenticate per anni nei cassetti del Consiglio regionale. E la voce di tutti quei sardi che le avevano firmate è stata soffocata.
Si sa, la gente vuole il sangue. E i giornali questo lo sanno bene. Ma gli scandali ad orologeria, i nomi buttati nella fossa dei leoni, non servono a molto, soprattutto quando si tratta di situazioni denunciate da anni. Non è lo scandalo di un giornale, per quanto sponsorizzato in maniera virale sui social network con l’hastag #dateciinomi, a cambiare situazioni così incancrenite.
Allora, senza alcuna polemica, il passaggio successivo dopo la gogna mediatica del #dateciinomi, che sicuramente farà vendere tante copie e otterrà tanti mi piace su facebook ma rischia di rimanere l’ennesimo scandalo fine a se stesso che amplifica una tensione già alle stelle, dovrebbe essere una campagna mediatica martellante sulle proposte concrete in campo per tagliare drasticamente e definitivamente i costi della politica, finora lasciate ad ammuffire negli armadi di via Roma.
In modo che il parzialmente rinnovato Consiglio regionale non possa più mettere la testa sotto la sabbia come hanno fatto quelli precedenti e sia costretto, perché continuamente pungolato dai mezzi d’informazione, a tagliare veramente i propri privilegi. I propri, non soltanto quelli di chi scalderà quelle poltrone nelle legislature successive. Rinunciando anche ai privilegi acquisiti. Perché, contrariamente a quanto sostiene il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau, i privilegi ingiustificati, soprattutto in questo momento di crisi, non sono diritti acquisiti da tutelare ma sono ulteriori ceffoni ai sardi.
L’hastag a quel punto passerebbe da #dateciinomi a #datevoceaisardi. Sempre che i sardi, con la testardaggine che spesso li contraddistingue, abbiano davvero intenzione di alzare la voce e non decidano imperterriti di continuare a dare ancora fiducia a chi per tanti anni li ha presi per il sedere facendo solo il proprio tornaconto. Un epilogo, purtroppo, molto probabile.