Non lasciatevi ingannare dalla veste di albo illustrato, né dalla destinazione che sicuramente avrà negli scaffali delle librerie: “Polline” di Davide Calì e Monica Barengo, edito da Kite, non è un libro per bambini, perlomeno non certo per quelli piccini o in età prescolare.
Per adolescenti e ragazzini sensibili, probabilmente. Per adulti, più o meno giovani, che amino l’eleganza e la raffinatezza delle splendide illustrazioni, altere eppure vibranti come dipinti, e apprezzino racconti simbolici e carichi di suggestioni, aperti alle diverse emotività e punti di partenza per intime e importanti riflessioni.
Per giungere dritti al cuore di “Polline” e lasciare che il suo messaggio arrivi e germogli è necessario infatti aver fatto già l’esperienza dell’amore.
Non indispensabilmente quello passionale, carnale, che lega il desiderio alla vicinanza di un partner. Va bene anche quello assoluto e possessivo di un’amicizia nell’età di mezzo del tutto-o-niente, o anche quello genitoriale, a volte egoista e carico di attese e pretese tanto quanto il legame tra amanti.
E’ bene però, a mio parere, che si conosca emotivamente la materia, che si sia in grado di riconoscere i simboli, di partecipare alla narrazione, riferirla e metabolizzarla su un vissuto noto e già sperimentato o sofferto.
C’è infatti tra queste pagine un ragionamento profondo sulla natura del sentimento amoroso, sul suo senso e la sua espressione. Ma c’è anche, tra le righe, uno spunto che fa capo ad altri concetti ed espressioni imparentate all’amore, come la libertà, l’egoismo, il dare e l’avere, il dono e la cura.
E soprattutto la considerazione dell’oggetto d’amore.
La forma è quella di una parabola – già cara ad altri testi di Calì – che si fa portatrice di un insegnamento.
Ma data la natura fuggevole e complessa di ciò che qui si vuole insegnare, va da sé che la morale resti di fatto sfumata, aperta alle interpretazioni e alle rielaborazioni personali, pronta ad essere confrontata con le esperienze ed abile a risuonare delle diverse eco che ciascun lettore saprà provocare.
Una giovane fanciulla che mai ha coltivato piante, né ne conosce i metodi di cura, trova un mattino, in giardino, un fiore bianco spuntato per caso. Subito ne resta colpita e, quando i giorni successivi, ad ogni risveglio, si avvede di un nuovo bocciolo nato dalla stessa pianta, decide di occuparsene con costanza.
Dapprincipio il suo lavoro e la sua dedizione paiono ricambiate: ogni giorno giunge un nuovo fiore, bello e fresco a dar valore ai suoi sforzi.
Fin quando una mattina…più nulla. Per quanto impegno la ragazza metta, non spunta più alcunché ed anche i fiori già nati appassiscono fino al decadimento completo.Perché? Sarà stata la troppa cura? O forse troppo poca? Il caso o il destino? Alle tante domande che si affollano nella testa della giovane dà risposta un vecchio corvo: dovresti amare solo per amore, né per dare qualcosa né per essere ricambiata; dovresti godere di ciò che hai, non di ciò che ottieni.
La frase, dapprima non degnata di molta attenzione, trova invece il suo senso poi nei fatti che accadono e, cambiando il punto di vista, c’è spazio anche per una rinnovata serenità, libera però dalle ansie del dare e del ricevere, concentrata solo sul presente del sentire.
Mi piace molto segnalare un racconto sotto forma di immagini che voglia parlare d’amore perché, certo, nel campo della letteratura per i più piccini non ve n’è sovente modo ed invece è importante confrontarsi con un sentimento che spesso si fa motore della vita stessa.
Apprezzo la riflessione sulla natura altruista e libera dell’amore, l’esortazione a non amare per essere ricambiati né per bearsi nel dare, per compiacersi del proprio sé che amando risplende.
Di fatto uno dei nodi risiede nello spostamento dell’oggetto.
Qual è la persona che amando mettiamo al centro? Noi stessi nella brama di un ritorno o di una nostra immagine che dal rapporto esce nobile e generosa? Oppure l’altro ovunque sia, qualunque cosa faccia, semplicemente perché è se stesso ed è il destinatario del nostro sentimento? Può l’amore liberarsi dello sforzo che facciamo per modificarlo ed essere vissuto semplicemente per ciò che è?
Altro punto è la focalizzazione sul tempo. Amiamo come investimento per il futuro o siamo capaci, e apprezziamo, di concentrarci sul qui e ora?
Sono domande difficili, perfino estreme, che purtroppo non hanno una risposta facile, né una soluzione apparentemente felice e risolta come nell’albo.
Sono domande che affondano le radici nella stessa natura umana, nei suoi limiti, nella volontà di superarli, nel confronto continuo con ciò che ci inchioda ad un egoismo di fatto e che, seppure non ci permetterà di andare oltre davvero, perlomeno ci offre la possibilità di crescere, a quindici come a cinquant’anni.
E’ comunque un libro, questo, che si può impiegare nell’ambito di un’educazione sentimentale.
Un lavoro che spinge a riflettere sulla libertà dell’amato, sulla sua natura che è altro da noi, sul fatto che nulla, neppure l’amore, ci dà il diritto di possedere qualcuno, di pretendere di dare e ricevere, di usare una qualsivoglia forma di ricatto o violenza, seppure dettata dal presunto bene e dal desiderio.
Fine e preciso il tratto quanto originali e suggestive le inquadrature; tutto nelle grandi immagini, che si fanno ora beate ora dolenti, racconta di legami che scaldano, crescono, si recidono.
Ricche di simboli e di emozioni, seppure sfumate come in una pellicola d’altri tempi, sono figure da guardare e riguardare e che conservano sempre, anche dopo l’ultimo sguardo, quel che di evanescente e impalpabile proprio dell’amore.
(età consigliata: dai 10 anni)
Se il libro ti piace, compralo qui: Polline. Una storia d’amore