Oggi compio mezzo secolo. So bene che è notizia troppo personale per un blog collettivo come questo, ma mezzo secolo non è uno scherzo e non può passare sotto silenzio. Va celebrato. Da bambina ho sempre festeggiato andando a scuola perché il primo ottobre era il primo giorno di scuola per noi “di una certa età”: usavo la scuola per riunire tutti i miei compagni e il pomeriggio far festa. Oggi invece per i miei cinquant’anni voglio andare al museo, assieme a chi mi vuole seguire.
Manco da qualche tempo anche da Palazzo Barberini a Roma, forse perché non conservo un bel ricordo della mia ultima visita un paio di anni fa. Avevo raggiunto il palazzo con molta fatica perché reduce da un brutto incidente con lo scooter che mi causa tuttora seri problemi alla schiena. Allora avevo ricominciato a muovermi da poco dopo mesi d’immobilismo, sapevo che una visita al museo sarebbe stata per me un azzardo, però volevo a tutti i costi vedere la nuova grande Galleria di arte antica rinata dopo anni di precariato, quando aveva dovuto dividere il palazzo con il Circolo ufficiali delle Forze Armate. E infatti la nuova Galleria era proprio bella, veramente rinata con le nuove sale appena restaurate: peccato che costringesse alla precarietà i suoi visitatori. Vi assicuro non c’era una sedia, nulla di nulla. E io avevo maledettamente bisogno di una sedia, una panca, qualsiasi cosa per riposarmi un poco e non collassare. Ero però ancora tranquilla perché sapevo però di poter contare nei divanoni del salone Pietro da Cortona, quelli dove una volta, ai tempi bui del “precariato”, ti distendevi (e ti riposavi) per ammirare al meglio quel fantasmagorico soffitto. L’ho raggiunto stremata ma fiduciosa: li avevano tolti! Il salone era vuoto che più non si può. Sono quasi impazzita per la delusione, oltre che per la stanchezza e i dolori. Era quella l’innovazione della nuovissima Galleria? Togliere gli unici divani comodi che c’erano? Perché è vero che non tutti sono come me incapaci di sollevare il capo al punto da ammirare con agio un soffitto dipinto, ma è altrettanto vero che sollevare il capo in quel modo è faticoso per chiunque. E se io (allora più di adesso, ma anche adesso) percepisco particolarmente la fatica di stare ferma in piedi in museo e di prestare per lungo tempo attenzione a qualcosa, in realtà fa male a tutti i mortali anche se non se ne accorgono. Visitare un museo come abbiamo sempre fatto è un grave attentato alla salute. Possiamo, anzi dobbiamo farlo in modo diverso. Possiamo e dobbiamo inventare modi diversi di concepire il museo. Se è stato inventato in un certo modo, non deve per forza rimanere in eterno tale e quale. Se tutti i musei fossero luoghi belli, accoglienti e comodi, tutti li frequenterebbero più volentieri e sarebbe un bel vantaggio per tutti. Ascoltate una buona volta la voce dell’esperienza. Ascoltate chi ha già mezzo secolo di musei sulle spalle. E le pesa.
Effe