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" Se avrò un bambino gli insegnerò ad amare. Se avrò una bambina le dirò che il mondo è suo"Queste le parole di Valerie, una delle sopravvissute alla strage dell'Ecole Polytechinique di Montreal avvenuta il 6 dicembre 1989 quando un pazzo entrò armato di fucile all'interno dell'affollatissima Facoltà di ingegneria e sparò moltissime volte uccidendo 14 studentesse. Tutte donne in nome di un tentativo preventivo di difendersi dal femminismo imperante.Queste più o meno le parole del giovane folle che prima di suicidarsi con un colpo in fronte ha sparato e ucciso solo individui di sesso femminile.Il film è in uno squillante bianco e nero ed esamina tutta la vicenda da diversi punti di vista,seguendo da vicino sia il percorso del futuro assassino , sia quello di alcuni personaggi.E di Valerie seguirà anche il dopo, così come tratteggerà la figura di Jean Francois (i nomi dei veri ragazzi sono stati comunque cambiati) l'unico che, in una facoltà universitaria svuotata in un sol attimo dagli spari, cerca di aiutare una ragazza ferita mentre non riesce ad aiutare la sua amica Valerie.La messa in scena è minimalista improntata al massimo realismo, la violenza irrompe improvvisa, squarcia lo schermo, lacera l'apparente tranquillità di una giornata ordinaria tra la sala delle fotocopie e un aula di lezione sull'entropia. Le studentesse vengono abbattute freddamente, quasi giustiziate, i corpi cadono senza un lamento.Il sangue, nero seppia, sgorga e invade i pavimenti.Il film si apre introducendo la figura del killer e si viene subito a contatto con i suoi discorsi deliranti. In filigrana soprattutto all'inizio si avverte che effettivamente la facoltà di Ingegneria è ritenuta un posto più per uomini che per donne e anche alla fine si nota che la ragazza sopravvissuta ora ingegnere aeronautico si ritrova a essere l'unica donna in una professione da uomini.Ma da qui a imbracciare il fucile e sterminare le studentesse della facoltà ce ne passa.Più volte in nome del racconto da varie prospettive vengono riproposti i momenti shock,l e esecuzioni sommarie senza un motivo, i brevi inseguimenti per poi prendere a fucilate la "preda".La macchina da presa è ferma quasi facendosi sfuggire quello che accade. Il tutto senza enfasi.E anche la storia di Jean Francois, trattata con estrema misura mi fa recedere da questo pensiero.
Il film che viene subito in mente guardando Polytechinique è senza dubbio Elephant di Gus Van Sant. Come in quello qui c'è una strage inspiegabile, gratuita vista da varie prospettive.Ma mentre in Van Sant c'era una critica neanche tanto velata alla violenza che impera nella società americana, alla libera circolazione delle armi, ai nuovi teenagers cresciuti a torta di mele e videogames sparatutto, qui siamo in un contesto diverso.
Siamo in una facolta universitaria e non in un liceo e soprattutto siamo in Canada e non negli USA.Questo è importante sottolinearlo perchè mentre negli USA stragi scolastiche come quella di Elephant purtroppo sono avvenute diverse volte (e qui la memoria va subito al documentario di Michael Moore Bowling a Columbine) in Canada una strage come quella di Montreal del 6 dicembre 1989 è stato come un fulmine a ciel sereno. Del resto pur confinando le statistiche sui morti da arma da fuoco sono decisamente diverse tra USA e Canada anche considerando il diverso numero di abitanti:il numero medio annuale di morti per arma da fuoco in Canada è sotto i 200, negli USA supera gli 11 mila individui (citando il Michael Moore di Bowling a Columbine).Villeneuve non ci mostra le radici a cui ancorare il male che divora da dentro il futuro giovane assassino. Ci mostra il suo punto di vista così come quello di Valerie e quello di Jean Francois.Semplicemente.Il resto è come la riproduzione del quadro Guernica che viene guardata a lungo da uno dei personaggi: una strage ingiustificata, un grido di dolore che si strozza in gola.Avviene tutto nel silenzio più assoluto:neanche un urlo.Appena una parola spezzata da una pallottola.
( VOTO : 8,5 / 10 )
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