POPULISMO E DEMOCRAZIA #politica #demagogia #consenso

Creato il 16 aprile 2014 da Albertomax @albertomassazza

Il termine populismo è relativamente recente e risale alla fine del XIX secolo, in seguito all’apparizione di movimenti politici che avanzavano le inedite rivendicazioni delle classi più disagiate, quali i Populisti russi e il People’s Party statunitense. Con esso si è voluto denominare un agire politico caratterizzato da un legame diretto tra una fascia di elettorato, autonominatasi unica appartenente al popolo, e il suo leader, più o meno autoritario, ma comunque carismatico. Il consenso si coagula facendo leva sulla pancia e sui nervi scoperti dell’elettorato, col ricorso continuo a toni allarmistici, luoghi comuni, generalizzazioni, qualunquismi, promesse generiche. Il popolo si sente rappresentato dalla rappresentazione del leader, soddisfacendosi nel vedere replicate e amplificate le proprie rivendicazioni, fino ad assumere posizioni di cieco oltranzismo in difesa del leader e dei propri rappresentanti istituzionali. Questa raffigurazione politica si schematizza nei binomi dicotomici popolo-virtù e potere-vizio e raggiunge, in questa visione, un parossismo escatologico che finisce per sfogare l’attesa nella continua ricerca di capri espiatori.

Pur essendo un termine moderno, sviluppatosi parallelamente alle democrazie liberali, il populismo ha un antecedente storico nella demagogia, letteralmente trascinare il popolo, parola già usata da Tucidide in riferimento ai pretendenti alla successione di Pericle, morto di peste nel 429 a.C., i quali allisciavano il pelo al popolo per garantirsi il consenso dell’assemblea. Lo stesso Pericle, tra l’altro, alla luce della moderna storiografia, ha rivelato dei lati del suo agire politico facilmenti riconducibili alla prassi populista. Ad ogni buon conto, aspetti populistici o demagogici, che dir si voglia, non riguardano solo sistemi che prevedono un suffragio, universale o meno, e la rappresentanza popolare nell’amministrazione pubblica. Anche per i sovrani assoluti, persino per quelli di diritto divino, dalle grandi civiltà monumentali agli imperi moderni, il consenso del popolo ha rappresentato un’arma doppia: limitare quanto più possibile le sommosse popolari e utilizzarlo come spauracchio nei confronti di eventuali antagonisti politici.  Discorso ancor più valido per i regimi autoritari dell’ultimo secolo che si sono sempre presentati come interpreti di una non meglio specificata volontà popolare.

Il populismo (e qui mi azzardo in una definizione) è la linea d’ombra che separa e confonde, al contempo, la democrazia e l’autocrazia. Se, da una parte, da visibilità a un disagio che non trova altre vie di fuga, dall’altra, sancendo attraverso il consenso una struttura di potere fortemente leaderistica, lo pone costantemente in bilico sull’autoritarismo. Prova ne sia che, proprio laddove si trova la concomitanza di autoritarismo e suffragio universale (nella Russia di Putin, ad esempio), il populismo è divenuto la forma politica dominante. A tali risultati, con una minore ostentazione muscolare e qualche pudore di meno, ambiva probabilmente Berlusconi in Italia, ma ormai si può dire che la nostra democrazia, per quanto indebolita, abbia retto all’urto, nonostante lo strapotere mediatico dell’ex ex ex.  Il nuovo populismo italiano, il grillismo, appare più difficile da arginare in quanto non da punti di riferimento, non avendo legami di alcun genere con le tradizionali categorie della politica ed essendo alimentato da una cronica crisi di sistema e dall’esplosione della comunicazione di massa.

Ad ogni buon conto, il populismo non è di per sé un nemico della democrazia; anzi, ogni proposta politica, anche la più onesta intellettualmente, non può non tenerne conto. Il populismo rappresenta un inevitabile lato oscuro della democrazia, dando voce a chi, pur privo di competenze e di argomentazioni ponderate, rivendica il proprio diritto alla rappresentanza. Il problema sorge quando, come in Italia, la retorica populista attrae, a causa del discredito della politica, un numero elevato di elettori, fino a far temere che possa arrivare alla maggioranza relativa. Se il populismo può trovare una ragione d’essere e una funzionalità come opposizione in un sistema democratico, nel caso assumesse responsabilità di governo, da esercitarsi secondo la sua superficiale visione politica, la mancanza assoluta di pragmatismo e l’estrema eterogeneità (sotto)culturale, porterebbe rapidamente al collasso le istituzioni democratiche; se ieri il successo della retorica populista era l’anticamera dell’autoritarismo, oggi, almeno per quanto riguarda il grillismo, il rischio risiede nell’anarchismo generalizzato, con la competenza che affogherebbe definitivamente nel mare magnum della vox populi.



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