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Porto Potenza Picena: la ballerina voleva sempre più soldi. Dopo l’omicidio, colazione al bar

Creato il 31 gennaio 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale

Porto Potenza Picena: la ballerina voleva sempre più soldi. Dopo l’omicidio, colazione al bar
Inizia a raccontare del passato Sandro Carelli, mandante dell'omicidio, ed ex compagno di Andreea Christina Marin, la ballerina romena di 22 anni massacrata a bastonate lungo la spiaggia di Porto Potenza Picena.
 «Ho conosciuto Andreea Christina due anni fa, a un distributore sulla statale a Porto Potenza Picena, lei si prostituiva per strada. Il rapporto è divenuto affettivo, ma nell'ultimo periodo nonostante le mie attenzioni e riguardi lei era diventata molto silenziosa. Ogni volta che ci vedevamo mi chiedeva delle somme di circa 700-mille euro, con la promessa di avere più rapporti sessuali. Il nostro rapporto si era lacerato e mi sentivo preso in giro dalle continue richieste di denaro», ha detto il pensionato nelle prime dichiarazioni rese ai carabinieri, andati ad arrestarlo insieme agli tre poche ore dopo un delitto disseminato di tracce e ingenuità. 
Per vendicarsi di quell'amore malato ha chiesto a due amici del figlio ventiduenne Valentino, Sebastian Capparucci e Silvio Carlo Giarmanà, di 26 anni, di dare «una lezione» alla ragazza, di ucciderla.
«Ad Andreea Christina i soldi servivano per la famiglia rimasta in Romania, o per le vacanze: 300 euro per andare a Viareggio, altri 200 per comprare i regali ai nipoti«, 100 euro per tornare dalla Romania e così via, di versamento in versamento». 
I soldi, in questa triste storia, sono l'unico vero filo rosso: 100 euro che doveva dare alla ragazza tutte le volte che stava con lei e 1.500 euro a testa (poi diventati 700 nell'interrogatorio davanti al pm) promessi da Sandro Carelli a Capparucci e Giarmanà per «l'azione punitiva», per fare «seriamente del male» alla ragazza. Un'altalena di rancori e forse pentimenti per Sandro Carelli che oggi, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Gip di Macerata scelta condivisa con i coindagati. Quattro persone «confuse» secondo i difensori, che solo ora cominciano a capire quello che hanno fatto. 
«Quella sera, quando sono partiti – ha detto Sandro Carelli - ho avuto un ripensamento, ma non mi sono mosso, perchè non facevo più in tempo a raggiungerli». Ora saranno l'autopsia e gli esami tecnici, sulla ciocca di capelli trovata in mano alla vittima, sui tabulati telefonici, a chiarire le singole responsabilità. «Appena sono rientrati, si sono messi a piangere, dicendo che avevano ucciso Andreea Christina». Ma poi, Valentino Carelli, Sebastian Capparucci e Silvio Giarmanà sono andati a fare colazione «al bar dell'Agip», non prima di aver portato Sandro Carelli, mandante dell'assassinio della ballerina romena, a vedere il cadavere della donna sepolto sulla spiaggia. Sono alcune delle dichiarazioni rese da Sandro Carelli agli investigatori, subito dopo il fermo. 
Carelli avrebbe accompagnato in auto Silvio Giarmanà a disfarsi in un laghetto di un sacchetto della spazzatura con la borsetta della ballerina e i guanti di lattice utilizzati nell'aggressione, mentre, stando alle ammissioni dello stesso ragazzo, un altro sacco azzurro con un orecchino, un rossetto e un giornale era stato gettato in un tombino vicino alla spiaggia. In mare sarebbero finite anche le spranghe di ferro o cemento con cui la ragazza è stata massacrata, mentre un bastone di legno, che si era spezzato durante il massacro, è stato recuperato lungo la spiaggia di Lido Bello. Ruoli tutti ancora da chiarire per i quattro indagati: «Nonostante la brutalità della vicenda - osserva l'avv. 
Federico Valori, che da oggi difende Sebastian Capparucci, insieme all'avv. Rossano Romagnoli - vanno indagati i singoli atteggiamenti interiori delle persone coinvolte, per comprendere che cosa ciascuno abbia voluto e come». 
Valori è perplesso per l'aggravante della crudeltà contestata agli arrestati: «uccidere una persona è sempre un atto brutale, massimamente con un bastone», ma la crudeltà «è quella commessa da chi prima di uccidere una persona per vendetta la sevizia, mentre avrebbe potuto ucciderla subito». 
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