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Post-apocalisse: The Divide (di Xavier Gens, 2011)

Creato il 23 maggio 2012 da Frank_romantico @Combinazione_C
Post-apocalisse: The Divide (di Xavier Gens, 2011)
Per questo post volevo partire da un presupposto: non bisogna amare il cinema per guardarlo. Nel senso che non bisogna essere necessariamente patiti di quest'arte (o non arte, ma in fondo chi se ne frega) per potersi godere un film. E non parlo solo di cinema di intrattenimento ma anche del così detto autoriale (o impegnato o politico). Io ormai quando guardo un film non lo faccio più tranquillamente. Quando succede mi sento agitato, penso a questo, penso a quello, mi sento deluso, felice, annoiato e tutte quelle emozioni che rendono la visione mai calma e rilassata, mai veramente mirata allo spettacolo. 
Ecco, detto questo vi parlo dell'ultimo film che ho visto: The Divide. Ovviamente da noi non è ancora uscito pur essendo dell'anno scorso, nonostante il regista sia Xavier Gens, quello del conosciuto - ma penoso - Hitman (2007) e del simpatico torture-porn Frontiers (2007). The Divide è un post apocalittico di cui ha già parlato gente più brava di me (un esempio qui) ma che io vorrei raccontare non sotto la forma di recensione ma sotto quella di esperienza cinematografica.
New York City subisce un attacco (nucleare?). I condomini di un palazzo trovano rifugio nelle cantine dello stesso e vi si barricano dentro in attesa di soccorsi. Solo che come in ogni convivenza forzata che si rispetti le cose prendono una piega poco gradevole.
C'è una cosa che mi ha colpito tantissimo di questo film già a inizio visione, ed è questa immagine qui:
Post-apocalisse: The Divide (di Xavier Gens, 2011)
La catastrofe ci viene raccontata attraverso il riflesso degli occhi di una delle protagoniste, Eva (interpretata da una Lauren German angelo in mezzo alle macerie), e attraverso una lacrima che le scivola sul viso. Già questo fa capire che a noi della fine del mondo non ce ne deve fregare nulla e che l'unica cosa che conta sono le reazioni dei personaggi. Infatti bastano pochi minuti per farci finire in quello che sarà l'ambientazione - per gran parte - della storia: una cantina/bunker. Chi ha visto qualcuno di quei film chiamati "claustrofobici" sa che giocarsela in questa maniera è un mezzo suicidio, perchè c'è il rischio di immergere lo spettatore tanto nella noia quanto nel deja vu. A questo ho pensato anch'io quando ho cominciato a guardare The Divide. Come al solito ho abbandonato il piacere della visione e ho cominciato a pormi un milione di dubbi e di domande. Solo che, questa volta, c'era un'altra sensazione ad accompagnarmi: questo film non sarebbe stata una vaccata. Di solito il mio istinto si fa i cazzi propri quando si tratta di cinema, ma per una volta devo ammettere che ci ha azzeccato, perchè nonostante i buchi di sceneggiatura, nonostante uno stile di regia che a volte si fa videoclipparo e nonostante alcuni trucchetti, questo film è un gioiellino.
Post-apocalisse: The Divide (di Xavier Gens, 2011)
Gens sembra prendere una certa strada e questa strada sembra essere senza via d'uscita. Fa succedere alcune cose che effettivamente ti spiazzano, con un certo gusto del ridicolo e con un paio di scelte forzate che per ovvi motivi non vi sto a raccontare. Fatto sta che inizia narrando una storia che non si capisce cosa voglia essere e che direzione voglia prendere e se non fosse stato per la su citata sensazione avrei sicuramente interrotto la visione. C'è da dire che al di là dell'inverosimiglianza e delle forzature, questo inizio ha sicuramente il suo fascino e la sua estetica, a metà strada tra Ai Confini della Realtà e certa fantascienza anni sessanta. Poi però succede qualcosa e tutta l'indeterminatezza viene meno. La strada indefinita cambia radicalmente e il film diventa un pugno nello stomaco che lascia storditi, basato sui personaggi e non sulle situazioni, basato sul selvaggio primitivismo a cui porta il venir meno di regole e convenzioni. 
Post-apocalisse: The Divide (di Xavier Gens, 2011)
Passiamo quindi ad una visione crudele del sociale, The Divide si rifà alla tradizione del genere ma prende una via estetica alternativa, sconvolgendo lo spettatore. La psicologia dei characters, grazie alle incredibili prove attoriali (Milo Ventimiglia su tutti) colmano un vuoto scenografico e la mancanza di dinamiche, permettendo al regista di costruire un climax teso e difficile da sostenere. In pratica ci si ritrova (mi sono ritrovato) a non sapere più cosa aspettarsi, ad atti crudi ma raccontati con una sorta di pudore che non sfocia (quasi) mai nel voyeurismo, ad avere mal di stomaco, perchè questo film torce le interiora. Il bello è che non c'è cinismo ma un decadentismo quasi letterario. Alcune scene spezzano il cuore senza mai arrivare al ricatto emotivo, perchè parlano di un dolore e una desolazione troppo umana. Sono quelle scene in cui le parole non servono a niente, in cui basta un'inquadratura per dire tutto, i volti e i corpi che degradano e diventano altro da quello che erano all'inizio, accompagnando una trasformazione interiore. 
Post-apocalisse: The Divide (di Xavier Gens, 2011)
Tutto questo rende The Divide un film speciale, qualcosa da non taggare (sì, fatemi usare questo termine gggiovane) superficialmente. Qualcosa che può portare chi ama il cinema a mettere in dubbio il proprio sguardo e chi lo guarda con il solo scopo di guardare ad apprezzare la poesia dell'intrattenimento.Basterebbe solo la colonna sonora a perdersi, perchè è impossibile non rimanerne ipnotizzati. Basterebbe la prova di una Rosanna Arquette dannata e martire - e troppo sexy per essere vera -, di un Michael Biehn che ancora combatte contro l'apocalisse o di un folle Michael Eklund trasformista. Questo film non risparmia nessuno, ne i personaggi ne gli spettatori, nessuno resta immaccolato, nessuno rimane quello che era all'inizio. E' il finale a dirlo, un finale bello come un quadro, lui sì cinico e senza speranza.
Post-apocalisse: The Divide (di Xavier Gens, 2011)

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