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Post mortem si rivela subito come un film autoriale sino al midollo, nella sua apparente scarnificazione rappresentativa e dialogica, grazie all'attore feticcio di Larrain, Alfredo Castro, già visto nel notevole Tony Manero, che qui dimostra ancora una volta di essere figura attoriale emblematica e in questo caso fantasmatica nel suo aggirarsi per le strade di una capitale agli albori di una rivoluzione che ne cambierà le sorti e anche quelle della sua esistenza sinora piatta e anonima, come il suo lavoro di spettatore obituariale.Post mortem è un film che nella sua icasticità riesce a trasmettere un senso di angosciante attesa e oppressione, stante un'aspettativa costante e una progressiva realizzazione di eventi che ne costituiscono il corollario e il fulcro attorno cui si realizza il percorso umano del suo protagonista, figura apparentemente estranea alla vita, come il suo stesso lavoro dimostra, che gravita silensiosamente e inattivamente attorno ad una figura femminile agognata, appartenente ad un mondo di finzione, ben lontano da quello reale in cui si ritrova immerso, ma senza averne piena cognizione.Coscienza e agnizione che un evento preciso gli permetterà di acquisire traformandolo in un individuo apparentemente più consapevole, sino ad una scelta terminale che non lascerà indifferente lo spettatore, come il resto di questo film esso stesso fantasma cinematografico della distribuzione nelle sale.